I semi della speranza

Cosa Sperimentare nuovi semi che “non sono solo quelli materiali, ma le radici da cui germogliano le libertà fondamentali, le capacità umane e una comune speranza concreta”. Vandana Shiva

Per noi cittadini e abitanti del Sulcis Iglesiente, impegnati da anni nel territorio per promuovere un altro modello di sviluppo, sta succedendo qualcosa di sconcertante.

La crisi del nostro sistema industriale, del tessuto economico e sociale, il degrado ambientale, invece di sollecitare un ripensamento radicale del modello di sviluppo induce  a riproporre le stesse modalità  che l’hanno determinata.

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Del famoso Piano Sulcis, nato per il riscatto di questo territorio, non emergono quelle che dovrebbero essere  le priorità: le urgentissime bonifiche di una delle  zone più inquinate d’Italia dove già esiste un gravissimo rischio per la salute dei cittadini, la valorizzazione dell’agroindustria, lo sviluppo delle piccole e medie imprese integrate in filiere produttive,  della rete culturale-turistica, delle infrastrutture, delle attività artigiane di bioedilizia.

I nuovi progetti di sviluppo promuovono solo imprese nel campo energetico (anche perché le più incentivate attualmente): l’impianto di produzione di bioetanolo a Portovesme, ottenuto dalle canne, con un impatto fortissimo, considerati gli elevati numeri, in campo agricolo e nella gestione delle risorse idriche; l’impianto a biomasse nella zona industriale di Iglesias  a ridosso  di case e di terreni agricoli di pregio; la mega centrale da  250 MW dotata dei dispositivi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica di cui alla legge  n.9 del  21.02.2014.

Eppure la Sardegna produce già energia sufficiente per sé e per l’esportazione (pari al 43% di energia – dati Terna 2013).

Eppure il Sulcis Iglesiente non può sopportare un peggioramento delle condizioni ambientali e sanitarie, già così precarie.

[…]  “colpisce che la classe dirigente sarda si scandalizzi per l’inquinamento manu militari, ma non batta ciglio sull’aggravio delle condizioni ambientali e sanitarie nelle aree industriali, non si opponga a un sistema produttivo energivoro e non sostenibile né chieda l’immediata bonifica dei siti contaminati dai veleni di fabbrica”. Nonostante un protocollo d’intesa tra Stato e Regione per la bonifica del Sito di interesse nazionale (s.i.n) del Sulcis-Iglesiente-Guspinese giaccia lettera morta da ormai dieci anni. (Vincenzo Migaleddu – Presidente Isde Medici per l’ambiente Sardegna).

“La cosa molto triste è che oggi la Sardegna, dopo aver dato le sue parti migliori, i suoi boschi, le miniere, in parte le coste, dopo aver basato la sua economia sulla monocoltura ovina e su quella petrolchimica, rendendosi schiava del mercato estero, si ritrova con la sua ultima materia prima: il territorio stesso, buono per le servitù militari, per l’industria pesante e inquinante, per la speculazione energetica, per le varie discariche di rifiuti di diversa natura.

[…] si prospetta, con il fenomeno del “land grabbing”, tipico dei paesi poveri del terzo mondo, l’acquisto di terreni per trasformare l’isola nell’ennesima monocoltura di cardi e canne, buona per le speculazioni della piattaforma energetica, di modo da risucchiare l’energia elettrica dall’isola senza nessun vantaggio per gli isolani” (Fiorenzo Caterini – gennaio 2015 – L’ultima cartuccia di una Sardegna occidentale – sardegnablogger ).

Le prospettive di sviluppo per il nostro territorio,  nascono così, da qual poco che si fa sapere,  con fortissime criticità e problematicità tali da condizionare qualunque altro percorso virtuoso (le filiere agro alimentari e le filiere del turismo per esempio) e i porti previsti rischiano di diventare non porti per il turismo, ma per trasportare canne, carbone, biomasse.

Sconcertati e fortemente preoccupati

chiediamo alle Amministrazioni Comunali, ai Sindaci del territorio, ai Sindacati un percorso democratico

che esiga chiarezza, trasparenza e qualità e  che tenga conto non solo delle ricadute occupazionali nell’immediato, ma

di tutti gli aspetti e delle conseguenze economiche, ambientali e sociali a medio e a lungo termine.

Non vogliamo essere considerati, come sta avvenendo,  un’area di sottosviluppo dipendente dal modello dominante, un’area di sfruttamento per l’attuazione di progetti esterni e una pattumiera di rifiuti tossici (200.000 tonellate annue). In Sardegna sta  crescendo un movimento  dal basso orientato verso modelli di imprenditoria agroecologica, sostenibile, di “lavoro utile”, di politica virtuosa che sa costruire prospettive di emancipazione e qualità, favorendo  la  riappropriazione da parte delle comunità locali della gestione del proprio territorio e contribuendo a creare una economia sana, collaborativa e di rete.

Quella economia capace di assicurare un futuro durevole che possa promuovere lavoro e benessere in armonia con la salvaguardia dei beni primari come aria, terra, acqua, cibo, boschi.

Che vede come strategica la creazione di una sovranità alimentare funzionale alla vita delle comunità locali, alla loro indipendenza e alla loro definizione identitaria e che persegue un decentramento energetico con l’utilizzo di risorse da fonti primarie di tipo realmente rinnovabile con un sistema diffuso e sostenibile.

Questo documento conferma il nostro impegno di approfondimento e ricerca-azione avviato con il convegno scientifico sulle conseguenze delle centrali a biomasse dello scorso autunno.

Comitato Bio-Salute   Sulcis – Iglesiente

Per approfondire:

Finis Terrae 2014 – Sant’Antioco – Vincenzo Migaleddu  – youtube
Stato di attuazione Piano Sulcis  al 26 gennaio 2015 – Regione Autonoma della Sardegna


Giovannella Dall’Ara

Associazione Culturale Scirarindi
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