Raimon Panikkar. Profeta del dopodomani – Recensione di Cinzia Picchioni

cop Raffaele Luise, Raimon Panikkar. Profeta del dopodomaniRaffaele Luise, Raimon Panikkar. Profeta del dopodomani, Periodici San Paolo, Cinisello Balsamo 2014, pp. 352, 7,90

Si legge come un romanzo

Nonostante le oltre 300 pagine è così. E in effetti era nell’intenzione dell’autore, «scrivere un romanzo su uno dei filosofi più atipici e bizzarri del nostro tempo». Così narra Achille Rossi nella Postfazione (pp. 339 ss.), scrivendo anche che si voleva «far percepire “il profumo della persona”». Direi proprio che Raffaele Luise ci è riuscito in pieno. Per chi – come me – ha perfino cercato di andare a trovare Raimon Panikkar – quando ancora riceveva persone da ogni parte del mondo; a chi – come me – lo ha conosciuto nei suoi scritti, nei video (a Torino Spiritualità, per esempio), nelle parole di altri, e lo adorava, è stato come andare davvero là, in Spagna, dove si era ritirato negli ultimi anni. Ma è stato anche come andare a Camaldoli, ad Assisi, a New York (visitando Ground Zero), in India e a Serajevo.

Il libro è scritto infatti come un viaggio che l’autore (giovane discepolo) e Panikkar (il maestro) hanno fatto insieme, parlando, mangiando (sì! C’è anche la cronaca di una cena con lo squisito champagne catalano!), meditando, passeggiando nei boschi, commovendosi e pregando. Tra le pagine troviamo inni vedici, parole di San Giovanni della Croce, sutra buddhisti e le riflessioni impagabili del filosofo, sacerdote, sposo, premio Nobel (rifiutato), amico di Paolo vi, di Ivan Illich e di Massimo Cacciari, compagno di studi di Benedetto xvi e di Hans Küng… L’allievo domanda e il maestro risponde, e sembra davvero di essere lì, di essere tu – lettore – l’allievo che ascolta la risposta.

Se non conoscete Raimon Panikkar questo libro è un bel modo: c’è un po’ di biografia, ci sono molte domande con risposte che spaziano nel «Panikkar-pensiero» in modo facile e leggero. Ma soprattutto, se vi siete allontanati dalla Chiesa e non andate più a nessuna messa riappacificatevi leggendo quella che Panikkar ha celebrato ad Assisi (la trovate da pagina 321), dove sono passati Balducci, Turoldo, Zanotelli, don Luigi Ciotti e don Tonino Bello…

9 sutra

Non solo prete comunque, ma anche “politico”, Panikkar propone il suo progetto metapolitico in 9 sutra: elencati da p. 208. Vi troviamo, fra gli altri, «Ricondurre la scienza entro i propri limiti» o «Fare pace con la Terra» o «Sostituire la tecnocrazia con l’arte».

Cristiania?

Quando sciavo sapevo che questa parola definiva un certo modo per «frenare», ma invece in questo libro ho scoperto qualcosa di meglio nelle parole di Panikkar: «la cristiania […] è una realtà esperienziale […] che incontro dappertutto, indipendentemente dalle etichette di cattolico o di cristiano. E dappertutto vedo la ricerca di un’esperienza del genere» (p. 261).

Solo il primo capitolo

Raffaele Luise scriveva il libro, con questa forma un po’ particolare: situazioni inventate, luoghi geografici visitati solo con la fantasia; ma invece le parole sono «autentiche», ore e «ore di interviste registrate e settimane di colloqui. […] Un taglio che andasse oltre il libro-intervista piaceva a Raimon […] Abbiamo fatto in tempo a fargli conoscere solo il primo capitolo […] Raimon ha pianto due volte e ha corretto una sola parola». L’autore, per continuare a scrivere il libro, ha letto un po’ tutta l’opera di Raimon Panikkar, elencandola in fondo al libro, così chi vuole può approfondire.

Non sono d’accordo…

con l’inno che il discepolo canta, scendendo da Tavertet (il vero luogo in cui viveva Panikkar) dopo la morte del maestro. Canta «Grazie Raimon, perché sei stato il profeta del “dopodomani” che ha aperto cammini d’infinito […] Ma il nostro tempo non possiede ancora le parole e gli strumenti per comprendere tutta la portata del tuo insegnamento e per gustare lo straordinario “profumo” della tua vita […]».

Io invece penso che questo libro è uno di quegli strumenti e che il «profumo» si sente ad ogni pagina. Avevo avuto modo di apprezzare Raffaele Luise alla radio e sono molto contenta di aver ritrovato sulla carta «quel» modo di raccontare. Ve l’ho detto: si legge come un romanzo, e le pagine «volano» davvero, portando con sé anche i profumi. Credetemi.

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