Sapo-nette fai da te, anzi da noi

“Nette” come pulite, ovviamente (trattandosi di sapone!). A parte il gioco di parole, vi racconto come alcune sapo-nette possono diventare ancora più “nette”. Ma occorre una premessa.
Un’affezionata lettrice di queste “Pillole”, dopo aver saputo che raccolgo i fiammiferi usati per accendere il camino (quando vivevo in città) o la stufa (ora che vivo in collina) ha cominciato a tenerli da parte anche lei. E poi, di solito durante il consueto Convegno annuale che organizziamo al Centro Studi Sereno Regis, me li porta, racchiusi in un apposito sacchetto. Altro che raccolta differenziata eh? La ringrazio molto, pubblicamente, perché la cosa è più di quel che sembra: è consapevolezza di quanti fiammiferi si usano – e si butterebbero – e di quanto legno c’è ancora in un fiammifero che ha acceso solo il fornello…; questa lettrice pensa a me e alla semplicità volontaria per tutto l’anno, almeno ogni volta che accende la fiammella del boiler o il gas sotto la pentola; io – almeno una volta – accendo il fuoco anche grazie a quei fiammiferi, e non è poco. Ricordiamoci sempre che “Piccolo è bello” e anche che “se tutti facessero così…” è una riflessione da farsi, quando una certa cosa ci sembra troppo piccola per valere qualcosa.
A questo proposito è successa un’altra cosa bellissima: un’amica mi ha portato un sacchetto – trasparente – di saponette usate, ormai troppo piccole per essere usate efficacemente. Dice: “Che cosa ci faccio?”, le rispondo: “Prendi un guantino di spugna, ce le metti dentro, cuci il guantino sull’unica apertura rimasta e hai una spugna sempre già insaponata”. Dice: “No, fallo tu” e mi lascia il bel sacchetto, con dentro le saponettine di ogni colore, belle a vedersi, oltreché a odorarsi; perciò ho fatto di meglio che chiuderle in un guanto di spugna. Le ho messe in una pentola e le ho fatte sciogliere a bagnomaria, aggiungendo un po’ d’acqua se si attaccavano sul fondo. I colori si sono mescolati creando una sorta di fantasia “marmorizzata”. A quel punto dovevo versare il composto in una o più formine per ri-creare saponette più grandicelle e comode; è allora che mi sono ricordata di mio padre – che non è più sul pianeta dal 1995, o forse sì… chissà – che ogni tanto faceva la stessa cosa riutilizzando delle vaschette di alluminio (così poteva tagliarle per estrarre le saponette asciutte). Una delle ultime che ha fatto l’ho consumata non molto tempo fa: era bellissima, di molti colori, con l’effetto “marmo” di cui ho parlato e profumatissima!
Tornando all’operazione sapo-nette, io non uso e non avevo vaschette di alluminio, ma a un certo punto mi è venuto in mente di avere delle formine per biscotti, di alluminio, piccole ma non tanto, perfette! E così ho versato la poltiglia nelle formine e ho aspettato. Quando è stato il momento di togliere le saponettine ho avuto un momento di “panico”, perché sono rigide e non potevo staccare il sapone. Ma poi è bastato infilare una piccola punta del coltello e la saponetta è venuta fuori tutta insieme. Bellissima! Con venature rosa e/o celesti, rotonda, con le scanalature della formina. Ero molto soddisfatta. Ma non contenta, ho versato un po’ della poltiglia in una vaschetta per il ghiaccio, così la saponetta che ne è risultata era molto sottile e quando l’ho staccata l’ho arrotolata (e avevo aggiunto anche degli aghi di pino). Così ora ho una specie di “rotolo della legge”, con aghi incorporati, da regalare in un’occasione speciale.
Ma non avevo ancora finito. Ho messo il rimanente sapone sciolto in un contenitore di plastica e l’ho mescolato con una paletta di legno, aggiungendo dell’acqua. Volevo fare il sapone liquido, da mettere in una bottiglietta con il dispenser, come quelle del bagnoschiuma (appunto), quindi doveva essere liquido ma non troppo, ma soprattutto uniforme, cremoso, senza grumi. Ora sono trascorsi 4 giorni e il sapone liquido si sta ancora “facendo”; l’ho dimenticato lì, aggiungendo solo ogni tanto un po’ d’acqua calda e mescolando. Più passa il tempo e più si fa fluido e uniforme, troppo divertente, e tutto molto semplice. Da un piccolo sacchetto di saponettine recuperate (che di solito venivano buttate via) ho ricavato: 4 saponette un po’ più grandicelle e usabili; 2 flaconcini di sapone liquido e ce n’è ancora un po’ nel contenitore perché voglio sperimentare quanto riesce a diventare cremoso lasciandolo lì.
Inutile aggiungere che tutto questo è stato possibile anche perché ho usato la stufa, che rende tutto più facile, oltreché non dispendioso (altrimenti forse il gioco non varrebbe la candela, dal punto di vista monetario). Non è un caso che il poutagé in italiano si chiami “cucina economica” (lei è economica, e anche la cucina che ci si fa sopra lo è: intanto che si cuoce il minestrone si scalda la casa, si scalda l’acqua, si prepara il tè, si fanno le saponette, si seccano le mele, si asciugano i panni, si tosta il pane, si secca la legna piccola, si scaldano le calze prima di metterle, si fa l’ammollo dei legumi, si intiepidisce il cibo, si rende fragrante la fetta di panettone avanzato a Natale, si…

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