La firma dei killer, noti alla polizia e ai servizi segreti

Manlio Dinucci

Veri e pro­pri com­man­dos, da come si muo­vono, da come spa­rano. Non a raf­fica per non spre­care car­tucce, ma con uno-due colpi su ogni vit­tima, come il poli­ziotto ferito, fred­dato con un solo colpo dal kil­ler che, con­ti­nuando a cam­mi­nare, rag­giunge la mac­china e, prima di salire, rac­co­glie con calma una scarpa caduta. Ma quando i due, con una pre­pa­ra­zione da forze spe­ciali, cam­biano mac­china, «dimen­ti­cano» (secondo la ver­sione della poli­zia) sulla prima vet­tura una delle loro carte di iden­tità. Fir­mano così uffi­cial­mente l’attentato. Poche ore dopo si cono­scono in tutto il mondo i loro nomi e le loro bio­gra­fie: «due pic­coli delin­quenti radi­ca­liz­zati, noti alla poli­zia e ai ser­vizi di intel­li­gence francesi».

Non può non tor­nare alla mente, in quello che viene defi­nito «l’11 set­tem­bre della Fran­cia», l’11 set­tem­bre degli Stati uniti: quando, poche ore dopo l’attentato alle Torri Gemelle, già cir­co­la­vano i nomi e le bio­gra­fie di quelli che veni­vano indi­cati come gli autori mem­bri di Al Qaeda.

I due pre­sunti autori (se le loro bio­gra­fie sono vere) appar­ten­gono a quel mondo sot­ter­ra­neo creato dai ser­vizi segreti occi­den­tali, com­presi quelli fran­cesi, che hanno finan­ziato, armato e adde­strato in Libia nel 2011 gruppi isla­mici fino a poco prima defi­niti ter­ro­ri­sti, tra cui i primi nuclei del futuro Isis; che li hanno rifor­niti di armi attra­verso una rete orga­niz­zata dalla Cia (docu­men­tata da un’inchiesta del New York Times nel marzo 2013) quando, dopo aver con­tri­buito a rove­sciare Ghed­dafi, sono pas­sati in Siria per rove­sciare Assad e attac­care quindi l’Iraq (nel momento in cui il governo al-Maliki si allon­ta­nava dall’Occidente, avvi­ci­nan­dosi a Pechino e a Mosca).

L’Isis, nato nel 2013, riceve finan­zia­menti e vie di tran­sito da Ara­bia Sau­dita, Qatar, Kuwait, Tur­chia, Gior­da­nia, stretti alleati degli Usa e delle altre potenze occi­den­tali, tra cui la Fran­cia. Ciò non signi­fica che la massa dei mili­tati dei gruppi isla­mici, pro­ve­nienti anche da diversi paesi occi­den­tali, ne sia consapevole.

In attesa di altri ele­menti che pos­sano chia­rire la vera matrice dell’attentato in Fran­cia, è logico chie­dersi: a chi giova? La rispo­sta si trova in quanto ha dichia­rato Nico­las Sar­kozy, che come pre­si­dente della Fran­cia è stato uno dei prin­ci­pali autori del soste­gno ai gruppi isla­mici nella guerra di aggres­sione alla Libia: ha defi­nito l’attentato in Fran­cia «guerra dichia­rata con­tro la civiltà, che ha la respon­sa­bi­lità di difen­dersi».

Si vuole in tal modo con­vin­cere l’opinione pub­blica che l’Occidente è ormai in guerra con­tro chi cerca di distrug­gere la «civiltà», che esso imper­so­ni­fica, e deve dun­que «difen­dersi» poten­ziando le sue forze mili­tari e pro­iet­tan­dole ovun­que nel mondo sca­tu­ri­sca tale «minac­cia». Si cerca in tal modo di tra­sfor­mare il sen­ti­mento di massa per le vit­time della strage in mobi­li­ta­zione per la guerra. Il David, che a Firenze è stato listato a lutto, è chia­mato ora a impu­gnare la spada della nuova santa crociata.

il manifesto,  8.1.2015


 

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