Vivere slow. Apologia della lentezza – Recensione di Marco Patruno
María Novo, Vivere slow. Apologia della lentezza, Edizioni Dedalo, Bari 2011, pp. 144 – f.to 14 x 21 cm, € 14.00
C’è un momento della mia giornata in cui sento di vivere la mia vita. Verso la sera, quando la gente di solito pranza e ascolta le notizie dei telegiornali, io, invece, mi immergo nella lettura di un libro. Uno di questi libri – Vivere Slow-apologia della lentezza,della scrittrice Marìa Novo, pubblicato dalle Edizioni Dedalo – ha risposto a una delle domande che mi sono posto spesso senza trovare una risposta.
Perché mi sento felice quando leggo? La risposta è perché mi riapproprio del mio tempo. Secondo la tesi sostenuta dall’autrice la ricerca della nostra felicità è strettamente collegata alla gestione del nostro tempo. Imporre un rallentamento alle nostre esistenze contribuisce al nostro benessere psico-fisico, ma anche all’umanizzazione dei nostri rapporti con gli altri individui, con ripercussioni ed effetti di carattere sistemico (http://www.edizionidedalo.it/site/index.ph).
La tesi di Marìa Novo può sembrare eretica. Oggi la società moderna è minata da una malattia estremamente pericolosa (e aggiungerei anche contagiosa): la fretta, ma nel libro dell’autrice troviamo esempi pratici e interessanti di individui, comunità, organizzazioni e addirittura intere città che hanno aderito alla filosofia di vivere slow.
Il libro Vivereslow-apologiadellalentezza è stata una vera e propria rivelazione, è nata in me la consapevolezza che alcuni mali dell’economia e della società odierna sarebbero risolvibili con la lentezza. Mi riferisco, per esempio, a drammi come il precariato che impone agli individui una capacità di cambiamento che va oltre i propri ritmi biologici.
Sono convinto che la filosofia slow possa dare una regolata alla chimera che ha fatto molta strada nell’economia trovando molti sostenitori. Flessibile è bello, stabile è brutto. Forse dovremmo affermare che cambiare è bello, ma con una certa gradualità. La lentezza può effettivamente aprirci le porte verso una maggiore sostenibilità umana e ambientale del nostro sistema economico che oggi rifiuta di guardare in faccia gli esseri umani e gli alberi che distrugge.
Rallentando le nostre vite aumenta il nostro grado di interazione con gli altri individui, stabilendo un reale confronto fatto di gesti, di sguardi, di messaggi non verbali che ci permettono di cogliere sfumature nel nostro interlocutore di cui correndo non ci saremmo mai accorti. Stabilire delle relazioni sociali nel vero senso della parola può darci una ricchezza umana del tutto inaspettata.
La lentezza ci permette di non rimanere solo legati al presente, ma di proiettarci verso
il futuro perché, come scrive l’autrice, rallentare “[…] i nostri ritmi vuol dire adeguarsi al tempo della natura di cui facciamo parte. Dunque una persona lenta presta attenzione alle modalità di produzione e di consumo dei prodotti. Fare le cose con calma significa attribuire valore sia al processo che al prodotto finale”. Ma non solo, vi inviterei a fare un piccolo esperimento. Provate a scrivere su un piccolo foglio cinque fatti o episodi che vi sono successi il mese scorso. Sono sicuro che vi ricorderete con maggior facilità i momenti della vostra vita che avete in qualche modo de-accelerato. La fretta, in altre parole, ci toglie anche i nostri ricordi e il nostro passato.
Oggi corriamo, corriamo con l’illusione di avere una vita più piena e ricca. Ma siamo dei corridori che spesso non si accorgono di distruggere più che di costruire. Il rischio concreto è che alla fine di questa corsa ci rendiamo conto che tutto ciò che abbiamo fatto non è stato altro che spalare sabbia per riempire con un deserto la nostra esistenza e quella delle generazioni future. E come scrive Marìa Novo: “Il tempo […] è un dono molto più prezioso del denaro, perché impossibile da accumulare”.
In questi giorni ho deciso di rivolgere un paio di domande ad alcuni professionisti sul tema della lentezza. Antonella Appiano, giornalista esperta di Medio Oriente (e presidente di Moan-Opportunities and News-Associazione Culturale di Ricerca e Studi sul Medio Oriente e il Nord Africa), ha gentilmente risposto alle mie domande (http://www.conbagaglioleggero.com/).
Attraverso la preziosa testimonianza di Antonella Appiano possiamo avere un confronto interessante tra occidente e Medio Oriente su questo tema. Mondi distanti dove la ricerca del benessere e della felicità si è mossa in direzione opposte.
C’è un momento durante le tue giornate in cui credi che la fretta ti faccia perdere qualcosa di prezioso?
Antonella Appiano: A volte capita. Soprattutto quando sono all’estero per lavoro, in qualche Paese arabo, e devo scrivere reportage e interviste e mandarli al giornale. I tempi sono stretti: si corre. E invece mi capita di pensare che mi piacerebbe fermarmi al bazar e bere un caffè turco. Oppure girovagare nella città. La sensazione è appunto di perdere momenti particolari che non torneranno più. Una luce, una emozione, un attimo fuggevole che avrei potuto catturare. Vivere. Il contrasto poi è forte in Paesi dove in concetto del tempo è così diverso dal nostro. Un proverbio afgano per esempio recita: “Voi occidentali avete l’orologio, noi il tempo”. La morale
produttivistica della nostra società, prende in considerazione solo il “prezzo” delle cose, non il “valore”. Ecco certi momenti possono non rendere dal punto di vista economico ma possiedono un valore immenso.
Metti in atto delle “strategie di rallentamento” per difenderti dalla frenesia quotidiana e professionale di tutti i giorni?
Antonella Appiano: Premetto che amo molto il mio lavoro. È una passione, quindi mi piace anche il suo lato frenetico. Quel senso di urgenza. Il dover partire all’improvviso. Ma a volte può diventare logorante e allora certo ricorro alle mie “strategie di rallentamento”: per riprendere fiato e perché ogni tanto è indispensabile il distacco. Sono piccoli trucchi. Cerco sempre per esempio di ritagliarmi, in settimana, una giornata per me, o anche solo una manciata di ore, scollegata da internet, dai social, dal telefono e dai cellulari. E la passo a casa, leggendo un libro, guardando un film o anche solo raccogliendo i pensieri. Incenso e musica in sottofondo. Una “operazione” importante perché il vortice di incontri, parole, scambi, può bloccare il flusso del nostro “vero sentire”, bombardato soprattutto oggi da una quantità enorme di stimoli.
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