Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza – Recensione di Cristina Falchero
Luis Sepúlveda, Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, Guanda, Parma 2013, pp. 112, illustrato, € 10,00
La lentezza della lumaca
Perché è così lenta la lumaca? È questa la domanda alla quale Sepúlveda ha cercato di rispondere scrivendo questo libro per bambini, che ha molto da dire anche agli adulti.
Devo ammettere che il titolo mi ha subito attratta e incuriosita. Sarà forse per quelle due parole che sembrano stridere un po’ tra di loro: importanza e lentezza. Sarà per un’immediata associazione al mondo in cui viviamo, nel quale la parola d’ordine è piuttosto «velocità».
Fatto sta che ho iniziato questa lettura con grande interesse e mi sento di consigliarla a ogni lettore che abbia voglia di indagare un po’ su se stesso e sulla propria identità, di riflettere sul senso della propria esistenza: così come la lumaca di Sepúlveda parte alla ricerca del suo nome e del motivo di tanta lentezza.
Lo scenario in cui la nostra lumaca si muove (sempre, naturalmente, con andamento tranquillo) è un microcosmo fatto di erba, foglie, tronchi. I personaggi che incontra sono altre lumache, una tartaruga, un gufo, formiche, scarabei, una talpa… Nessun incontro sarà privo di significato, anzi, si rivelerà un’occasione per compiere un passo, o meglio una strisciata, in più verso la presa di coscienza di sé e delle proprie qualità.
La domanda «Perché sono così lenta?», credo sia traducibile in quest’altra: «Perché sono proprio una lumaca?». A questo punto alzi la mano chi non si è mai chiesto il perché del proprio esistere, del suo essere qui e ora.
Nel cercare un senso alla propria lentezza la protagonista troverà la risposta molto vicino. Il viaggio che intraprende, infatti, altro non è che un viaggio dentro se stessa: decisivo il momento in cui sceglie di tornare indietro per aiutare le compagne, invece di proseguire in un’egoistica ricerca di risposte. Il suo tornare indietro diventa esso stesso la risposta. Rallentare diventa un accelerare verso la conoscenza di sé e della propria determinazione, che fino a quel momento ignorava.
Nel nostro mondo all’insegna della velocità bisogna ammettere che spesso è difficile non sentirci travolti da un fiume in piena, trascinati dagli eventi nell’unica direzione in cui l’acqua scorre. La volontà di fermarsi, o semplicemente rallentare, è pressoché annullata dalla forza della piena e seguirla è indubbiamente più semplice che opporvisi.
Nel racconto la sfida, quasi impossibile per delle lumache, consiste nello sfuggire alla costruzione di una strada asfaltata che rapidamente cancellerà il prato nel quale da sempre vivono. Ma la lumaca che decide di salvare le compagne, intraprendendo una vera e propria missione a dispetto della sua lentezza, diventa emblema di una ribellione contro i luoghi comuni, emblema della presa di coscienza delle proprie forze e scoperta della propria determinazione interiore. Non a caso il nome che assumerà la protagonista, grazie all’incontro illuminante con una tartaruga, sarà proprio Ribelle: «quando un umano faceva domande scomode, del tipo: “è necessario andare così in fretta?”, oppure: “abbiamo davvero bisogno di tutte queste cose per essere felici?”, lo chiamavano Ribelle». Ecco racchiuso in poche righe tutto il senso della storia.
Con queste parole le formiche, avvertite dell’imminente pericolo, si rivolgono alla nostra protagonista: «ringraziamo la tua lentezza, lumaca, perché se fossi stata veloce come il coniglio o avessi strisciato svelta come la serpe non ci avresti visto e avvisato».La risposta alle sue domande non era dunque lontana, si trovava infatti già lì, semplicemente nel suo «essere lumaca».
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