La Chiesa e la Terra – Recensione di Cinzia Picchioni

Fra’ Vincent McNabb, La Chiesa e la Terra, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2013, pp. 272, € 18,00

Poi nel sottotitolo c’è scritto: «XXI secolo» perché mai? Perché il libro fu scritto nel 1925 (quindi nel XX secolo) e la casa editrice ha ritenuto opportuno farci sapere che è attuale ancora oggi.
L’editore infatti, nella sua Presentazione, ci illustra che il testo risale a poco prima della crisi del 1929, quando, forse come oggi, «[…] il tipo di crisi economica che avvolge il mondo rappresenta con sempre maggiore chiarezza il fallimento del modello industriale e la rivincita della natura come maestra», p. 5.
Quindi c’è un’era in cui la natura torna maestra, e un’era industriale sostanzialmente fallita. Ma Giannozzo Pucci, dopo questa constatazione, ci sottopone un «programma», di 12 punti, stilato da fra’ (che sta per «frate») McNabb, per una nuova politica personale e sociale.
Alle pagine 10 e 11 troviamo un «credo» economico scritto proprio come il Credo che si recita in chiesa, solo che qui McNabb dichiara di credere che «[…]coltivare una sola merce, come la frutta o i fiori, impoverisca definitivamente la campagna, rendendola serva della città», quando dovrebbe essere il contrario! McNabb crede anche che il valore dei soldi sia un falso valore e il peso delle monete sia un falso peso… e che «[…] il desiderio di denaro è la radice di ogni male», e via così «estremizzando». L’editore è talmente convinto dell’attualità di questo libro (che compie 89 anni) da aver deciso di non aggiornare nemmeno i dati, riportando le parole dell’autore: «Alcune statistiche qui presentate non sono più attuali e precise. Tuttavia non sono state modificate, perché se da un lato gli anni trascorsi hanno reso le cifre parzialmente inesatte, dall’altro hanno dimostrato la fondatezza del loro messaggio e della loro previsione» (firmato Vincent McNabb, a p. 19).
Tutto il libro e le riflessioni che induce si basano a mio avviso su poche righe, a p. 32: «Sarà bene elencare i bisogni primari, anche solo per renderci conto quanto l’attuale sistema industriale sia lontano dal soddisfarli […]: (1) il cibo […]; (2) il vestito […]; (3) l’alloggio, vale a dire, una casa con un numero sufficiente di stanze, un pezzo di terra, aria buona ecc.; (4) l’energia, cioè legna, carbone ecc. Tutte le altre cose appartengono ai bisogni secondari dell’uomo», p. 32. Cosa? Nell’elenco non ci sono le vacanze, non c’è l’auto, non c’è il cellulare, né il computer, né la wii… in compenso c’è una cosa, elencata fra i bisogni primari, che ora non ci si sogna nemmeno di avere o cercare fra i nostri bisogni primari: la terra. Vorrei intenderla qui nei due modi: Terra come pianeta e terra come humus, entrambe fanno crescere il cibo, e sono le uniche due «cose» a farlo crescere, sono i due unici «beni» (aggettivo e sostantivo) che ci permettono di sopravvivere. Fermiamoci un momento su questa frase per favore. Non ci pensiamo mai (o almeno mai abbastanza). Altrimenti non faremmo scelte scellerate come costruire l’ennesimo grattacielo su un terreno che potrebbe ospitare un orto. Nel libro c’è anche la condanna al consumo di territorio e alla cementificazione (vi immaginate? Quasi novant’anni fa qualcuno già se ne preoccupava…).
Il libro si legge facilmente, anche grazie agli accattivanti capitoli: L’urbanistica secondo Tommaso d’Aquino; Facciamolo noi; Lettera aperta al prossimo ministro; Le misure di Nazareth; La terra resa vedova; La gioia della povertà; Limiti di una macchina; Lettera aperta a un giovane che desidera una vita di avventure.
Mi viene da consigliare la lettura di questo titolo a chi voglia – o stia pensando di – «ritornare alla terra», a chi sia stanco del lavoro che fa per i soldi, a chi – giovane o vecchio – abbia capito che c’è qualcosa di insensato nel «vivere per lavorare», a chi creda – come me – che il lavoro più importante sia quello del contadino e che quindi chi coltiva la terra – per noi, affinché noi possiamo vivere, ricordiamocelo – non dovrebbe temere per la sua vita, non dovrebbe preoccuparsi di trovare i soldi per comprare i semi dalle multinazionali; chi coltiva la terra per noi dovrebbe essere garantito nella sua vita da chi fa altro per vivere (e quindi non ha tempo/voglia/capacità di coltivarsi il proprio cibo).
Infine ecco l’autore: Vincent McNabb (1868-1943), teologo domenicano, predicatore, ha applicato alla realtà moderna (nel 1925) i frutti della conoscenza di san Tommaso e dei suoi princìpi sociali. La sua opera offre a un’economia senza uscita la visione cattolica dell’uomo nella società.
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