L’ultimo viaggio

Massimiliano Fortuna

C’è un meraviglioso quadro di William Turner che s’intitola The Fighting Temeraire, rappresenta un grosso vascello che, nell’incendio di un cielo crepuscolare, si avvia alla demolizione, trainato da un rimorchiatore lungo le acque del Tamigi per l’ultimo viaggio.

Il Temeraire aveva giocato un ruolo da protagonista nella vittoria inglese di Trafalgar, contro la flotta napoleonica. Passati trent’anni la gigantesca imbarcazione, ormai inutilizzabile, fa rotta verso la sua ultima dimora.

Quest’immagine non può non ricordare un po’ la Concordia di questi giorni, impegnata nel suo conclusivo, lento viaggio dall’Isola del Giglio a Genova. La prima, grande tristezza quando si pensa alla sorte di questa nave è ovviamente quella che riguarda le tante vittime di quel naufragio, dovuto a leggerezza e negligenza umane. Una tristezza che si fa rabbia, che domanda una giusta rivalsa.

Poi però si affaccia un’altra tristezza, più vaga, più insinuante: è la malinconia che suscita tutto ciò che declina, che il tempo consuma. Anche nelle cose è un’«anima», nelle macchine e negli oggetti a cui diamo vita. Il cammino del Temeraire e della Concordia sembra quello di un condannato scortato da carcerieri nel braccio della morte. Del resto il loro ultimo viaggio incombe su tutti noi.

L’ultimo viaggio


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