Pillola subliminale
La rivista si trova – gratis – in alcuni locali «trendy» di Torino (e non solo). Si chiama «Urban» e a volte contiene articoli veramente interessanti. Per esempio Vittorio Montieri (che ringrazio veramente) ha scritto a proposito delle strategie commerciali per farci comperare cose che non ci servono. Vi propongo qualche stralcio dell’articolo, per riflettere sulla frase – ritenuta un po’ «estrema» – «Nei supermercati non bisogna andarci» che a volte pronuncio parlando della semplicità volontaria e dei comportamenti consoni a tale filosofia di vita.
«[…] Paco Underhill, fondatore della Envirosell, […] per scrivere la sua Science of Shopping ha visionato […] 20.000 ore di filmati ripresi all’interno dei centri commerciali.[…]».
Guardando i filmati ha scoperto che le persone si comportano in modi stereotipati di fronte a certi stimoli; che alcune musiche diffuse dagli altoparlanti inducono a certi acquisti, o che «[…] quando una consumatrice è piegata per scegliere un prodotto e si sente sfiorare inavvertitamente da dietro desiste dall’acquisto e prosegue oltre. Dunque bisogna evitare di proporre merci che necessitano di essere esaminate attentamente in spazi troppo angusti».
E se crediamo di essere esenti da questi condizionamenti, ricordiamo che il libro di Underhill è intitolato «Scienza dello shopping», questo vuol dire che ci sono studi, casistiche, ragionamenti e decisioni scientifici dietro alla disposizione degli scaffali, all’organizzazione degli spazi, alla diffusione di musiche e odori…):
«L’area di compressione è […] la zona d’ingresso di un supermercato, quella dei primi passi necessari per ambientarsi visivamnte e psicologicamente all’interno. Qui non va messo niente, perché tanto non sarebbe preso in considerazione. Perché ciò avvenga bisogna prima che il battito delle nostre ciglia rallenti da una media di 32 battiti al minuto fino a circa la metà».
Leggendo l’articolo mi sono ricordata di mio padre che odiava gli autogrill e che cercava di non fermarsi mai se non per fare benzina (e/o la pipì). Ora capisco che aveva già notato ciò che succede – ed è studiato apposta per farlo accadere – quando per uscire da un autogrill siamo obbligati a fare lo slalom fra gli scaffali e va a finire che compriamo qualcosa che assolutamente non ci serviva. Ricordate al proposito l’esilarante film (anche un po’ amaro) di e con Carlo Verdone, «Bianco, rosso e verdone»? Spero di sì, perché in uno degli episodi si narra proprio questo:
[…] i punti caldi o prodotti di routine come il pane o lo zucchero sono generalmente posti agli antipodi. Nel mezzo, si fa di tutto perché ci scappi l’acquisto che non era nella lista. Si è notato ad esempio che quando giriamo il carrello, come alla fine di un corridoio, puntualmente dirigiamo lo sguardo nella direzione opposta. Ed è lì che troveremo le merci più redditizie per il super, le promozioni […] o quando sei in coda alla cassa, circondato da tutte le tentazioni “last minute”: cioccolatini, caramelle, lamette […]».
E se crediamo di essere esenti, se crediamo di sapere tutto perché ricordiamo che i prodotti in scadenza vengono messi davanti e allora allunghiamo la mano fino in fondo allo scaffale per accaparrarci la mozzarella più fresca, non illudiamoci:
«Fior di scienziati […] scrutano i nostri movimenti tra gli scaffali, ricostruiscono il nostro tragitto dagli scontrini, e si arrovellano per capire come mai le zuppe e i dentifrici disposti in ordine alfabetico vendano il 5 per cento in meno rispetto a quelli messi alla rinfusa. […].
Scrivendo mi è venuto in mente un episodio che vorrei raccontarvi, anche per dare consigli «volontariamente semplici» atti a ridurre l’impronta della nostra spesa. Sapete che nei supermercati ormai ci sono sacchetti e guanti per comperare la verdura. Invece di preoccuparsi del fatto che le verdure sono inquinate dai pesticidi (e da quelli dovremmo difenderci, non usandoli) i venditori si occupano di evitare che tocchiamo la merce, rendendo obbligatorio l’uso dei guanti mono-uso (centinaia di guanti di plastica, usati per dieci secondi, vengono buttati via alla fine della giornata, giacciono dimenticati in fondo ai carrelli, ricoprono il pavimento… e poi, forse, saranno buttati nel contenitore della plastica, o finiranno nell’indifferenziata, per essere bruciati, sviluppando diossina che ricadrà sulle verdure che mangiamo!!!). Personalmente mi rifiuto di usare il guanto e prendo direttamente il sacchetto «indossandolo come un guanto, prendo il broccolo, rivolto il sacchetto e mi ritrovo la verdura nel sacchetto. Non contenta, a volte metto nello stesso sacchetto verdure diverse che hanno lo stesso prezzo e quindi le peso insieme e così produco anche una sola etichetta (anche qui: carta vergine, molto spazio bianco attorno ai dati che servono, colla sul retro dell’etichetta, migliaia di etichette ogni giorno vengono appccicate sui sacchetti, per la durata di pochi minuti, per poi essere buttate vie, insieme alla plastica … ci pensiamo mai?). Comunque, una volta sono arrivata alla cassa e la cassiera si è accorta che nel sacchetto c’erano due tpi diversi di verdura e mi dice: «La prossima volta faccia due sacchetti con due scontrini» e io: «Ma il prezzo al chilo era lo stesso, ecco perché ho fatto così, almeno risparmiamo un sacchetto e un’etichetta…» e lei, un po’ spazientita: «E già, ma così non sappiamo che cosa ha comprato. E invece per noi è importante sapere esattamente che cosa preferisce e non un generico “480 gr dal reparto ortofrutta». Capito? Ecco, anche, perché vado raramentissimamente nei supermercati. Così come non voglio essere sempre trovata (e perciò non ho e non voglio un cellulare), non voglio che le multinazionali sappiano che cosa mi piace per poi indirizzare i miei acquisti. E guardate che non è fantascienza, non è complottismo. L’abbiamo appena letto; ecco lo «strillo» dell’articolo che ho riportato a stralci: «Andate in tre a fare la spesa: tu e i tuoi due occhi. Ma sei sicuro di comprare quello che vuoi tu? Perché gli occhi vanno dove vogliono? E la “sindrome del sedere”? Urban vi racconta qualche trucco». E anche la «newsletter» del Centro Studi Sereno Regis:
* non andate nei supermercati
* soprattutto non andateci se avete fame
* se ci andate, stilate una lista della spesa (e rispettatela)
* non prendete il carrello
* come carrello usate una borsa che vi siete portati da casa e smettete di comprare quando l’avete riempita
* andate a fare la spesa a piedi o in bicicletta (più di tanta roba non potrete portarla)
* andate con i soldi contanti (e magari contati) e non con la carta di credito
* andate da soli
* pensate la frase koan della semplicità volontaria: «Mi serve davvero?»
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