Ucraina: fermare l’escalation e pensare la pace – Jan Oberg

1. Benvenuta la de-escalation

Le dichiarazioni di Vladimir Putin che i separatisti non debbano tenere il referendum l’11 maggio 2014, che accoglie positivamente le elezioni in Ucraina il 25 maggio e che la Russia sta ritirando le truppe dal confine con l’Ucraina devono essere bene accolte.

Se sia stato ”aggressivo” e questa sia una ”inversione” come credono molti in Occidente, tale inversione è ancor più benvenuta.

Se non è stato aggressivo ma puramente difensivo, è pur sempre utile a disinnescare la crisi.

2. Risposta costruttiva dall’Occidente

Il solo approccio costruttivo finora sembra essere la “rodadmap” della presidenza Burkhalter dell’OSCE. Ma bisogna che diventi più concreta e particolareggiata.

Abbiamo ora bisogno di una qualche risposta costruttiva da USA, NATO e UE. Contribuirebbe se annunciassero che non cercheranno d’includere l’Ucraina nella NATO o anche solo nell’UE ma rispettassero l’opinione di tutti gli ucraini.

3. Ammettere una corresponsabilità

Si dovrebbe ammettere la corresponsabilità dell’Occidente per questa crisi. Ma i dirigenti occidentali e i principali media restano su una posizione – convenientemente ma scorrettamente – di negazione dei seguenti fattori causali:

a) Vent’anni di contenimento [della Russia] e l’espansione NATO contro ogni promessa fatta dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica – una politica che dovrebbe necessariamente finire ai confini dell’Ucraina;

b) La richiesta UE che l’Ucraina si approssimi all’UE stessa solo non associandosi in unione doganale con la Russia e, ben documentata qual è:

c) la spinta dell’élite neo-conservatrice USA per un cambio di regime a Kiev mediante una serie di misure che gli USA stessi non accetterebbero mai sul proprio territorio.

4. L’escalation è controproducente

In reazione a quanto è stato definito aspirazioni revisioniste, espansive della Russia, l’Occidente ha quasi solo intensificato la tensione. Henry Kissinger ha scritto recentemente che quanto è stato fatto finora non è altro che una copertura per la mancanza di una politica a lungo termine.

Tensione-escalation? Sì – sanzioni, intimidazioni e retorica bellicosa, accuse, proiezioni psico-politiche, movimenti di truppe e aerei da combattimento, la dichiarazione del segretario generale NATO che la Russia fa parte del problema e non della soluzione, e da parte del suo vice, che la Russia non viene più considerata un socio ma un avversario.

È tutto controproducente se lo scopo è il benessere di tutti gli ucraini, nonché la fiducia reciproca, la stabilità, e la pace.

5. Il ruolo della Svezia

Come riportato in una precedente TFF PressInfo, perfino la Svezia in quanto non-membro formale NATO ha deciso una serie di misure che sono non solo riduttive della sicurezza e controproducenti ma mirano anche ad abusare della crisi ucraina per un altro scopo – diventare un membro NATO a pieno titolo.

6. La necessità di una capacità pacificatrice

Abbiamo già visto in passato qul è il problema che sta alla base delle politiche governative, diciamo, in Somalia, sull’11 settembre [USA] e la guerra ai terroristi (che crea solo più terrorismo), in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria:

Nessuno ha un’idea di de-escalation. Nessun governo ha un piano a lungo termine che miri a una pace sostenibile. Sono particolarmente carenti gli strumenti per una più ampia capacità di comprendere i conflitti e per mantenere la pace.

Dato che il linguaggio imparato dai funzionari governativi è di confronto e di stampo militare e le armi sono disponibili, usano quel che hanno senza badare a che col tempo ciò possa causare proprio l’esplosione che giurano di voler prevenire.

7. Analfabetismo su conflitto e pace

Fatto sta che mitigazione di conflitti civili, mediazione professionale, dialogo, negoziati, promozione della fiducia e riconciliazione – tutte fattori fondanti per procedere verso una pace stabile – sono ancora estraneiallo stesso concetto di relazioni internazionali e alla quotidianità della politica estera.

Non ci sono né gli strumenti o la formazione né le istituzioni. Inoltre:

8. Confrontiamo!

Mentre l’Europa ha innumerevoli accademie, centri e istituti militari, non c’è un governo che abbia un’accademia per la pace.

Mentre abbiamo un’alleanza militare con capacità nucleare da svariati miliardi di dollari come la NATO, non esiste alcuna struttura o rete cooperativa civile ben finanziata che promuova la scientifica per la costruzione della pace.

Mentre le nazioni del mondo spendono 1.700 miliardi di dollari USA per la violenza militare, ne spendono circa 30 per l’ONU e tutte le sue organizzazioni e 0,7 per il disarmo e la non-proliferazione.

9. I maestri della guerra non sono maestri della pace

In tali circostanze, autentici operatori di pace come Kofi Annan (e presto Lakhdar Brahimi?) devono rinunciare, l’ONU passa su una corsia laterale, e le organizzazioni della società civile con abilità professionale nella gestione dei conflitti e nel mantenere la pace vengono ignorate.

I governi si considerano erroneamente maestri sia della guerra sia della pace – con qualche dirigente che crede addirittura che la prima sia la strada per la seconda.

È tempo di ammettere la competenza della società civile nel processo di mantenimento della pace in modo completamente nuovo. I governi non sono attrezzati per fare la pace.

10. Proposte di pace per l’Ucraina

Che cosa si sarebbe dovuto fare nella crisi ucraina e che cosa si può ancor fare?

10.1 Empatia e valutazione del conflitto

Giudicate bene la verosimile percezione e reazione dell’altro versante alle mosse che voi fate. Avrebbe dovuto essere ovvio che i tentativi di fare entrare l’Ucraina nell’ambito occidentale fossero un progetto molto arrischiato. Ma per quello c’era troppo eccezionalismo e hybris USA/NATO/UE.

10.2 20.000 osservatori e facilitatori

Quando il conflitto cominciò a sobbollire avrebbe dovuto esserci una discussione sull’intervento di 20.000-30.000 osservatori civili OSCE e/o ONU per capire le problematiche, riferirle, monitorare, dialogare e diffondere le loro proposte sul terreno.

Inoltre, i governi avrebbero dovuto mobilitare la comunità di professionisti della gestione dei conflitti delle organizzazioni della società civile.

10.3 Consultazioni e colloqui inclusivi

Colloqui che coinvolgano tutte le parti, quindi anche i separatisti, neo-fascisti, ecc, come pure organizzazioni di pace della società civile – non solo qualche scombinata riunione fra alcuni ministri degli esteri. Cioè, una definizione inclusiva di chi sono i contendenti – e colloqui prima dei negoziati.

Le parti non invitate e non ascoltate invariabilmente si fanno sentire in altri modi, violenti. Vedi Slavyansk…

10.4 Imparare da casi precedenti – la Jugoslavia

Quel che sta succedendo in Ucraina adesso è quello che avvenne in Jugoslavia nel 1991: un po’ più d’ escalation, di polarizzazione, e di propaganda di guerra, alcune occupazioni di edifici locali, qualche persona uccisa, vendetta – e la violenza crescerà sfuggendo al controllo.

Studiare il villaggio di Pakrac in Croazia dove si sparò il primo colpo e imparare le lezioni!

10.5 La pace riguarda la soluzione dei problemi, non la punizione di persone

Evitare mosse che di fatto intensificano la tensione e danno un pretesto all’altra parte per rendere pan per focaccia.

Soprattutto guardare i conflitti come problemi da risolvere, non esseri umani da punire.

Nessun conflitto è mai stato risolto da alcuna parte con la punizione, solo con la comprensione di quel che sta fra le parti, cioè l’oggetto del contendere.

10.6 Un nuovo tipo di commissione di esperti

Infine, raccomanderei che s’istituisca un gruppo di 5-10 esperti di pace e conflitti multiculturali, imparziali, d’alta integrità – persone note per la propria saggezza e per promuovere il bene alla società – provenienti dalla politica, dalla vita culturale e dagli affari.

Le aziendesono una dimensione importantissima per la pace e non meno nel caso dell’Ucraina. E gli uomini d’affari sono di solito più creativi dei politici.

La Commissione dovrà fare tre cose:

– Viaggiare e ascoltare tutte le parti coinvolte nel conflitto ucraino, compresa la Cina.

– Escogitare varie proposte sul futuro dell’Ucraina – modi in cui può restare sovrana ma essere utile sia alla Russia sia all’Occidente senza essere sfruttata da nessuno dei due. Con una discussione aperta fra tutti, compresi gli ucraini.

– Presentare strategie su come massimizzare i benefici per tutte le parti – la gente in Ucraina prima di tutti – e minimizzare l’eventuale perdita di qualcuna di esse: la nobile arte di perdere la faccia può una volta o l’altra salvare la razza umana, come ha dichiarato il filosofo danese Piet Hein.

La guerra è una distopia, la pace è realismo

Se la violenza locale s’intensifica ulteriormente e forze esterne continuano le proprie politiche di confronto, il futuro sarà fosco per tutti noi: decenni di una nuova guerra fredda forse con guerre calde come quella della Yugoslavia, o peggio.

Tuttavia, come detto prima, se smettiamo di fare passi verso la guerra e cominciamo a pensare la pace, la pace è ancora possibile in e attorno all’Ucraina.

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Il direttore di TFF, prof. Jan Oberg, è membro della Rete TRANSCEND per la Pace, lo Sviluppo e l’Ambiente.

(Fondazione Transnazionale per la Ricerca su Pace & Futuro) – 12 maggio 2014

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

Titolo originale: Ukraine: Stop Escalation and Think Peace

http://www.transcend.org/tms/2014/05/ukraine-stop-escalation-and-think-peace/

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