Norvegia 2050: un’immagine
A Oslo, 200 anni dopo la Costituzione d’Indipendenza del 17 maggio 1814
E perché accadde? Il Trattato di Kiel del 14 gennaio 1814 fra Regno Unito-Svezia della Sesta Coalizione anti-francese e Danimarca-Norvegia alleate a Napoleone fece cedere a Copenhagen la Norvegia alla Svezia.
E perché accadde? Perché la Russia con indicibili sofferenze aveva vinto la guerra del 1812 contro Napoleone – vincitore di battaglie e perdente di guerre; Waterloo del 18 giugno 1815 era ancora lontana. Il tutto descritto in uno dei migliori libri mai scritti, Guerra e pace di Lev Tolstoy (1869); scritto, si è detto, come se la Vita ne fosse l’autore.
I norvegesi usarono bene il periodo dopo il Trattato per l’indipendenza con una Costituzione, prima che la Svezia l’invadesse e la Norvegia capitolasse: la Convenzione di Moss del 14 agosto 1814. Niente Svezia-Norvegia sotto Stoccolma, solo un re e una politica estera in comune, ambedue svedesi; dissolto nel 1905.
E come si fu espressa la gratitudine alla Russia e ai russi?
Nulla. Solo la stessa paura paranoide del grosso vicino, non perdonando mai alla Russia di essere stata attaccata dai Vikinghi, ormai più di mille anni fa, presumibilmente ancor sempre tramando una rivalsa.
E’ successe di nuovo: nel 1944 l’Armata Rossa stava perseguendo alacremente i nazisti attraverso Russia, Finlandia fino in Norvegia, finché fu fermata, non dai tedeschi ma dal governo norvegese in esilio a Londra. Che cercò di persuadere il Regno Unito e gli USA a farlo – che però erano già troppo occupati nell’Europa continentale – dando così tempo ai tedeschi di bruciare tutta la Norvegia del Nord.
Gratitudine? Ancora paranoia nel configurare la politica estera norvegese sulla paura dell’arrivo dei russi, “når russera kommer” nei termini del partito laburista, servile verso
USA -NATO, e sul rancore USA per i concorrenti. Che vergogna!
Grazie alla Russia, con la sua aspra sofferenza e valida lotta contro mostri europei occidentali come Napoleone e Hitler. Grazie, e grazie ancora.
L’Overture del 1812 di Ciajkovsky dovrebbe accompagnare l’inno norvegese.
Nella cultura profonda norvegese sembra esserci un certo mappamondo: l’Est è male, cominciando dalla Svezia e peggiorando ancora nel Pericolo Giallo; il Sud è misto, peggiorando in Africa; l’Ovest è buono, cominciando con l’Inghilterra, migliorando ancora col Grande Alleato; il Nord è il meglio, noi, Norvegia, padroni delle Spitsbergen, della calotta artica, del Polo Nord, tutto quanto sta sotto, minacciato da un maligno settore russo sovresteso.
Si aggiunga un’altra ipotesi: abbarbicarsi ai valori piuttosto che ai fatti: stare dalla parte del bene contro il male senza badare ai fatti. Così, mai criticare gli USA per timore che non vengano: “når russera kommer“.
La distribuzione dei premi Nobel per la pace rispecchia perfettamente tale mappa.
E così continuerà – il consenso della cultura profonda cambia sì, ma lentamente. Ma prima o poi emergerà un buon rapporto con la Russia e la sua cultura incredibilmente ricca; facendo parlare i fatti anziché il moralismo.
Ma è in questo modo che il consenso dell’élite norvegese “al di sopra delle parti” (altro nome per la cultura profonda) determina insicurezza, esponendo il paese alla vendetta afghana e libica per il nostro parteggiare per il “bene”, bypassando un trattato di difesa con la Russia e agganciandosi all’Eurasia nascente; essendo un ponte di sicurezza, una nazione di pace nei fatti, non per propaganda.
Alquanto importante per via di due rilevanti fattori che minacciano la sicurezza interna, la Norvegia assiste passiva, sta a guardare il paese mentre si dissolve davanti ai nostri occhi. Due importanti contraddizioni: fra l’essere al primo posto per gli indicatori di qualità della vita, eppure con una gran solitudine in aumento e non solo degli anziani; e inoltre fra avere un paese ma lasciare sempre più che altri facciano il lavoro. Come mai?
Perché le reti d’interazione si dissolvono. Le famiglie estese sono sparite molto tempo fa; nella famiglia nucleare forse il 50% divorzia, forse più genitori-figli e fra fratelli; piccoli quartieri vengono assorbiti come i piccoli comuni in entità territoriali più grandi – secondo il piano da 423 a 100. E tutto il paese viene assorbito nello Spazio Economico Europeo, che vuol dire nell’UE senza esserne membro. Le ONG perseguono troppo valori singoli, non ampiamente umani.
Si aggiunga a questo gli svedesi che fanno benissimo molto del lavoro qualificato e i musulmani quello più umile; i norvegesi che vengono sempre più dichiarati non idonei al lavoro, soffrendo di questo o quello – dal 2% nel 1962 al 10% nel 2012 (Aftenposten, 13 marzo 2014). Non solo questo colpisce sempre più giovani sotto i 30 anni, ma la tendenza è ereditata: un genitore dichiarato inabile, così pure un figlio. Ci sono quelli che dicono che mentre la disoccupazione ufficiale è bassa, 3%, quella reale – aggiungendo i disabili e altri che non lavorano – è al 20%. Si aggiungano anche le droghe, e siamo al film OSLO.
La Norvegia è ricca di petrolio e può versare denaro sul disagio sociale, in ricoveri per anziani e servizi e ospedali (la Spagna non può, ma ha famiglie ben funzionanti e comunità locali su cui ripiegare, celando il 50% di disoccupazione giovanile e povertà diffusa con i tassi di crescita).
Può esserci un fattore comune dietro le tre insicurezze: una bassa capacità di risolvere i conflitti. Per far questo, occorre conoscere i fatti reali, per esempio sapere cosa vogliono le parti – non solo identificando il bene contro il male – e creatività per proporre e costruire una nuova realtà, con fatti nuovi: collaborare con entrambe le due vecchie superpotenze; imparare all’asilo e a scuola come sviluppare rapporti positivi con tutti; aumentare il numero di municipalità a 4.000, 1.250 in media, abbastanza piccole perché le persone possano curarsi le une delle altre; imparare a risolvere i conflitti (non facile quando si è programmati a parteggiare per l’uno contro l’altro guidati da uno stupido mappamondo inscritto nella mente collettiva).
Allora, qual è la prognosi per la Norvegia del 2050? Alcune tendenze continueranno: l’Occidente che va giù e il Resto che va su, l’islam in su e cristianesimo-secolarismo in giù (chiese vuote) perché l’islam offre spirito di solidarietà e condivisione alle persone isolate; gli stati vanno giù – eccetto i maggiori – e le macroregioni su, assorbendo i minori con mezzi di comunicazione-trasporto. Ma la Mappa e il Moralismo non cedono facilmente.
Perché queste predizioni possano essere smentite, la Norvegia ha bisogno di una Rivoluzione Culturale per entrare nella realtà. Possano unirsi tutte le forze.
19 maggio 2014
Titolo originale: Norway 2050: An Image
Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
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