La Corte Suprema [d’Israele] deve decidere se ai Palestinesi venga negato il diritto di costruire

Amira Hass

I Palestinesi e le associazioni per i diritti civili affermano che l’Amministrazione Civile [israeliana] attua una politica di discriminazione nei confronti dei residenti delle comunità locali  mentre autorizza l’espansione delle colonie.

L’ufficio del Procuratore Generale dello Stato  lunedì sosterrà presso la Corte suprema che i Palestinesi della zona C della Cisgiordania non sono discriminati riguardo alla pianificazione e ai diritti di costruzione e che l’Amministrazione Civile [militare, n.d.t.] promuove diversi piani per loro.

Il giudizio dovrà rispondere a una richiesta all’Alta Corte di restituire il potere di pianificazione territoriale e di costruzione alle comunità palestinesi che si trovano sotto il controllo civile e militare israeliano nella zona C, pari al 60% della Cisgiordania. Lo Stato dirà anche alla Corte che qualunque modifica della legislazione militare ( che ha sottratto ai Palestinesi il potere di pianificazione) modifica lo status quo della situazione fin dalla firma nel 1995 degli accordi provvisori.Tali cambiamenti, secondo Tadmor Etzion, il procuratore che ha scritto il parere, sono questioni diplomatiche e quindi dovrebbero essere decisi in colloqui tra Israele e l’Autorità Palestinese.

Lo Stato chiederà inoltre che la Corte respinga il ricorso, presentato nel luglio del 2011, contro la legge militare del 1971 che scioglieva i comitati locali e distrettuali [palestinesi] di pianificazione [territoriale] e  di costruzione che erano previsti dalla legge giordana. Al posto di questi comitati, la legge militare ha messo nelle mani di quella che poi è diventata l’Amministrazione Civile  il potere di pianificazione e di costruzione. Contemporaneamente su ordinanza militare, specifici comitati di pianificazione e costruzione sono stati istituiti solamente per le colonie. Attualmente ne esistono 16.

Secondo gli estensori del ricorso, questi comitati hanno ricevuto i poteri e i diritti che sono stati tolti alle comunità palestinesi. Sostengono ancora che la legge militare danneggia la condizione abitativa e il diritto di espandersi creando condizioni intollerabili nelle comunità esistenti  e una carenza di terra nella zona A,  quella sotto il pieno controllo palestinese, e nella zona B, sotto il controllo amministrativo palestinese e militare israeliano. Infine i promotori dell’esposto sottolineano che la legislazione viola la normativa della Convenzione dell’Aja, che richiede alla potenza occupante di venire incontro alle necessità della popolazione locale.

I firmatari appartengono al villaggio di Dirat-Rafa’aya delle colline a sud di Hebron e a altri otto villaggi che si sono aggiunti dopo. Hanno aderito due associazioni palestinesi di diritti civili (il Centro di Gerusalemme  per i Diritti Civili e per il Supporto Legale e il Centro Cattolico per  Diritti Civili della Società di S.Yves per i diritti civili) e due associazioni israeliane (Rabbini per i Diritti Civili e il Comitato Israeliano Contro le Demolizioni di Case [ICAHD]).

L’avvocato rappresentante degli estensori del ricorso, Netta Amar-Schiff, ha esposto quanto segue:

1. Secondo l’associazione Bimkom – progettisti per i diritti di pianificazione territoriale, attualmente solo il 10% delle 180 comunità palestinesi situate interamente nella zona C hanno un piano [regolatore]  generale approvato.

2.  Negli ultimi anni, sotto la pressione dell’esposto e delle proteste europee, l’Amministrazione Civile ha messo a punto altri 11 piani [regolatori]  generali per le comunità palestinesi nell’area C e ne sta approvando, molto lentamente,  alcuni di quelli che ha predisposto con la collaborazione dell’Autorità Palestinese. Lo Stato sbandiera questo fatto per dimostrare che le accuse di discriminazione riguardo alla pianificazione sono senza fondamento. Comunque, sempre secondo Bimkom, il territorio assegnato per i piani di sviluppo palestinese non supereranno l’1% della zona C. Al contrario la percentuale del territorio con piano [regolatore]  generale per le colonie ebraiche si aggira sul 26% della zona C.

3.  Il territorio che lo Stato ha lasciato alle comunità palestinesi è molto più piccolo di quello assegnato alle colonie, senza tenere conto del numero dei residenti. Per esempio, un piano ha assegnato recentemente all’avamposto di Bruchin 708 dunam (circa 175 acri)[ 708.000 mq, 7,08 ettari] e alla colonia di Itamar 1.476 dunam ( 365 acri) [1.477.000 mq, 14,7 ettari]. Tuttavia, il piano più grande approvato per i Palestinesi è stato di 364 dunam (90 acri) [364.000 mq, 3,64 ettari] di cui solamente 177 dunam (44 acri) [177.000 mq, 1,7ettari] sono stati aggiunti a un piano preesistente. Un progetto di 191 dunam (circa 47 acri) [191.000mq, 1,91 ettari] è stato approvato per il villaggio palestinese di Amanzil.

4. Una lettera del responsabile dell’Amministrazione Civile ai Rabbini per i Diritti Civili del settembre 2012 afferma che tra il 2000 e il 2012, i Palestinesi hanno fatto 3.565 richieste per il rilascio della licenza edilizia, di cui ne sono state concesse solamente 210.

5. Con riferimento alle elaborazioni del ricercatore indipendente Dror Etkes, basate sui dati dell’Amministrazione Civile, il 2009 ha visto un picco nel numero delle strutture palestinesi definite “illegali”. Nell’aprile del 2013 quel dato era di 12.570 unità, paragonate alle 6.309 strutture illegali delle colonie.

6. Secondo l’architetto Alon Cohen-Lipshitz di Bimkom, un’analisi dei dati dell’Amministrazione Civile rivela che tra il 1988 e il 2013, è stato eseguito il 20% degli ordini di demolizioni contro le strutture “illegali” palestinesi contro l’8% degli ordini negli avamposti illegali e nelle colonie.

7.   L’OCHA, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari, sostiene che Israele ha demolito in totale 2.224 strutture palestinesi, danneggiando 23.477 persone.

Così Amar-Shiff dirà lunedì alla Suprema Corte che Israele ha creato due sistemi separati e ineguali di pianificazione nel quale i Palestinesi sono discriminati sia in termini burocratici che politici, violando il diritto della popolazione civile nei territori occupati ad essere protetta.

La Suprema Corte deve così decidere l’accusa di principio in merito ad una intrinseca discriminazione contro i Palestinesi nella zona C.

In risposta il Procuratore Generale dello Stato Etzion ha detto che trasferire il potere della pianificazione ai militari costituisce un equilibrio tra le esigenze di tipo civile e quelle militari e che il comando militare “funge da sostituto per il governo del territorio e che la sua funzione è, tra le altre cose, di mantenere l’ordine pubblico…” E mentre il comando militare deve ovviamente pensare al bene della popolazione, deve mantenere il potere decisionale in questo territorio “in qualità di facente funzioni di governo in quell’area” scrive Etzion.

27 aprile 2014, Haaretz, traduzione di Carlo Tagliacozzo


 

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