Una lettera aperta a J Street: parliamone

Jeff Halper

E’ ora di ingoiare il rospo. Noi del campo critico (non/ anti/ post-sionista) per la pace capiamo perché un’organizzazione sionista liberal come J Street non potrà mai prendere in considerazione, per non dire accettare, la fine della soluzione dei due Stati. lo avete detto voi stessi: la fine della soluzione dei due Stati è la fine di Israele come Stato ebraico; segna la fine del sionismo: una lettera aperta a J Street

Abbiamo capito perché non potete arrivare fino a questo punto – ma il privilegio di scegliere la soluzione che preferite senza tener conto della sua attualità e praticabilità non è più un’ opzione. Alla luce del fallimento dell’iniziativa di Kerry (e alla fine è fallita, non importa se Abbas si può essere convinto a non andare all’ONU), non potete continuare a negare il fallimento della soluzione dei due Stati sulla quale si era basata.

Non è stato un errore di Kerry o dei “negoziati” o di “entrambe le parti” e neppure dei falliti negoziatori di Oslo come Martin Indyk che voi e il governo americano continuate a esaltare che hanno portato a questo risultato; è stata una cosciente, deliberata ed esplicita politica di tutti i successivi governi israeliani fin dal 1967 che hanno reso impraticabile la soluzione dei due Stati.

Potreste avere ragione [a dire] che molti ebrei israeliani e arabi palestinesi vogliono la soluzione dei due Stati. Avete ragione [a dire] che sarebbe l’unico modo per salvaguardare uno Stato “ebraico”. Ma voi andate a sbattere contro tre insormontabili dati di fatto:

(1) nessun governo israeliano – e sicuramente non l’attuale – ha mai considerato seriamente una reale soluzione dei due Stati, e nei fatti tutti hanno lavorato assiduamente (e con successo) per creare “situazioni di fatto sul terreno” per prevenire la formazione di uno Stato palestinese realmente sovrano e vitale;

(2) l’opinione pubblica israeliana non ha la minima idea cosa significhi la “soluzione dei due Stati” e semplicemente non gliene importa niente; quella che chiamiamo “occupazione” è diventata un non-problema in Israele e gli ebrei israeliani non faranno niente per eliminarla; e

(3) fino a quando Israele ha in mano il Congresso – cosa che fa nonostante tutti i vostri sforzi – potrà sbeffeggiare il Governo, gli Europei, l’ONU, le leggi internazionali, i valori progressisti degli ebrei e pure J Street; o almeno così crede.

La fine del tentativo di Kerry è una gran cosa. Rappresenta quel decisivo momento critico di cui noi della sinistra critica abbiamo parlato per anni: nel giro dei prossimi mesi, forse giorni, Israele avrà definitivamente abbandonato ogni possibilità di fare una giusta pace con i palestinesi in favore di un sistema di apartheid o, peggio, di una segregazione dei palestinesi in ghetti permanenti. Israele annetterà unilateralmente i “blocchi di colonie”, fino a un 30-40% della Cisgiordania, affermando che “non ci sono partner per la pace”, dobbiamo garantire la nostra sicurezza e, d’altronde, il 95% dei palestinesi vive sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese nelle aree A e B (38% della Cisgiordania divisa in 70 enclave) e a Gaza.

Sia che l’ANP rimanga come regime collaborazionista o scompaia non fa differenza. L’occupazione è finita. J Street ammetterà che siamo arrivati all’apartheid, o cercherà di considerare un bantustan palestinese come una soluzione dei due Stati “abbastanza buona”?

Alla luce della lotta per una pace veramente giusta tra israeliani e palestinesi, per la quale la soluzione dei due Stati era semplicemente una diversione, vorrei suggerire che noi vediamo la fine dell’iniziativa di Kerry come una cosa positiva. Finalmente la nebbia della soluzione dei due Stati si è dissolta. Finalmente vediamo la realtà: messi a nudo, la rude occupazione e l’apartheid senza pretese di due”parti” uguali o negoziati onesti. E adesso, dove andremo a finire?

Se J Street può prendere insegnamento da quando esiste, è che non si può semplicemente sostenere una posizione politica. Non puoi promuovere “soluzioni” come quella dei due Stati semplicemente perché non puoi prendere in considerazione nient’altro. Se non c’è più un rapporto tra le tue posizioni politiche e la realtà politica sul terreno, le tue posizioni devono cambiare che tu voglia o no “arrivarci”. Alla fine, se J Street vuole davvero salvare qualcosa che valga la pena dalle macerie della soluzione dei due Stati, deve rendersi conto ciò che era evidente per tutti il 1 aprile 2014: Israele stesso e nessun altro ha reso Israele/Palestina uno Stato indivisibile.

Perché scrivo questa lettera aperta a voi di J Street, un’organizzazione che non accetterebbe mai gente come me tra le sue fila? Perché dopo la soluzione dei due Stati, J Street può aiutare a creare un ponte [che superi] le differenze tra i sostenitori di una soluzione giusta e permanente [che fanno parte ]della sinistra critica e dei progressisti. Unendosi a noi, dissidenti israeliani, palestinesi ed altri, in una riflessione comune su una questione che rimane [aperta] per tutti noi: ora che la soluzione dei due Stati è svanita, dove siamo diretti? Questa è una questione resa urgente dal fallimento dell’iniziativa di Kerry. Ciò è importante non solo per i palestinesi post-ANP che ora devono dotarci di una guida, ma per chiunque sia interessato a garantire un posto per gli ebrei israeliani in quello che sarà un paese comune.

Il nuovo capitolo aperto davanti a noi sarà infinitamente più difficile e impegnativo di quanto sarebbe stato ottenere una soluzione dei due Stati, ma è andata così. Israele ha fatto la sua scelta. Questo è un momento storico. Siamo tutti noi all’altezza della situazione?

Mondoweiss, 3 aprile 2014

(Traduzione di Amedeo Rossi)


 

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