Le sorgenti del male – Recensione di Nanni Salio
Zygmunt Bauman, Le sorgenti del male, Erickson, Trento 2013, pp. 112, € 10,00
In dodici brevi capitoletti, Bauman torna a riflettere su un tema affrontato anni fa in Modernità e olocausto (originale 1989, tr. it. Il Mulino, Bologna 2010). Il male inteso nel senso della violenza esercitata dagli umani, che aggiunge altra sofferenza a quella propria della condizione umana (malattia, morte, dolore).
Le riflessioni di Bauman – che fanno riferimento ad autori classici, da Friedrich Nietzsche ad Hannah Arendt, da Günther Anders a Philip Zimbardo – sono pervase da una vena di pessimismo che la semplice razionalità dei ragionamenti non riesce a superare.
Accanto alla «banalità del male» (cap. 5), occorrerebbe anche descrivere la «banalità del bene» (Enrico Deaglio su Giorgio Perlasca): non solo i perpetratori violenti, ma anche i «giusti» hanno costellato la storia umana. Non solo il nichilismo di Nietzsche, ma anche la compresenza di Capitini e la compassionevolezza buddhista.
Forse, il pensiero occidentale dovrebbe attingere alla millenaria saggezza cinese che ha cercato di mostrare come «senza la sofferenza, la malattia, la guerra, la morte, non sapremmo cos’è il bene, la salute, la pace, nemmeno la vita stessa». È il suggerimento che viene dato da François Jullien in L’Ombra del Male. Il negativo e la ricerca di senso nella filosofia europea e nel pensiero cinese (Angelo Colla Editore, Vicenza 2005).
Sono d'accordo , Nanni, è proprio così e questa è – tra l'altro – una visione dialogica (unità di due logiche logica uniduale ) di cui parla sempre il sempre più dimenticato Morin.
Giuseppe Fumarco
Grande Bauman, ma in effetti manca di fare esempi di positività che ci sono stati e continuano ad esserci anche se non fanno notizia…