Concorso di idee per la sperimentazione della DCNAN nell’ambito dei progetti di servizio civile nazionale
Il documento seguente è la proposta di idee in merito all’impiego dei servizio-civilisti in zona di conflitto per la prevenzione della violenza e l’educazione alla pace, nell’ambito del Servizio Civile Nazionale e in particolare per la Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta, proposta formulata da Alberto L’Abate e avanzata da IPRI – Rete CCP come contributo di idee e di proposta. L’ambizione del documento è quella di rappresentare un contributo utile e costruttivo in questa direzione, soprattutto alla luce dell’approvazione del noto emendamento Marcon in Legge di Stabilità 2014, e per il collegamento con organizzazioni non governative e organizzazioni internazionali, anche ai fini della qualificazione e dell’approfondimento dell’impegno internazionale dell’Italia per la prevenzione dei conflitti armati e una politica di pace. (Gianmarco Pisa, IPRI – Rete CCP)
Concorso di idee per la sperimentazione della DCNAN nell’ambito dei progetti di servizio civile nazionale
Nome – referente della proposta
Alberto L’Abate
Contatti – referente della proposta
Mail: <[email protected]>, Tel.: 055690838
Nome – organizzazione proponente
IPRI- Rete CCP (Istituto Italiano di Ricerche per la Pace – Rete Corpi Civili di Pace). Si intende che il progetto dovrebbe coinvolgere, oltre a quelle che già fanno parte della rete dei Corpi Civili di Pace, varie altre organizzazioni che si dividono il lavoro e lo portano avanti in simbiosi, coerenti con la comune ispirazione alla pace positiva.
Titolo del progetto– da concordare e definire
I civilisti come informatori di pace ed operatori per la prevenzione dei conflitti armati nell’ambito delle azioni e dei contesti di implementazione previsti dal Servizio Civile secondo quanto previsto dal c.d. “emendamento Marcon” recepito in L. 27/12/2013, n.147 – Disposizioni per la formazione del bilancio dello Stato (L. di Stabilita’ 2014).
Contesti e luoghi di riferimento del progetto
Svariati. Il centro potrebbe essere localizzato a Vicenza la quale, essendo una delle città più militarizzate d’Italia e possibile bersaglio di missili di eventuali “nemici”, è la città più interessata a prevenire l’esplosione di un conflitto armato che coinvolga direttamente il nostro Paese. Nella città di Vicenza, all’indomani del convegno promosso dalla IPRI – Rete CCP alla presenza di J. Galtung e altre personalità della peace-research nel giugno 2011: famiglieepace.it/index.php?mod=read&id=1309620676 nonché di ulteriori sperimentazioni per la gestione nonviolenta dei conflitti e l’educazione alla pace e alla nonviolenza, è operativo e sarà inaugurato nel corso del 2014 il “Centro per la Prevenzione dei Conflitti Armati e la Formazione dei CCP”.
Altri luoghi: Paesi a rischio di esplosione di un conflitto armato nei quali si ritiene possibile lavorare per la sua prevenzione (es. Serbia e Kosovo, sempre in lite per la dichiarata indipendenza di questo ultimo), altri ancora le sedi di organizzazioni inter-nazionali governative o non-governative interessate alla prevenzione dei conflitti armati.
Descrizione della tematica
Secondo alcuni dei massimi esperti internazionali di questo settore (vedi Atti del Convegno di Bolzano-Bologna, M.Cereghini – S.Saltarelli (a cura di), Corpi Civili di Pace: giornate di studio, Praxis 3, Bolzano, 2011) si spende per la prevenzione dei conflitti armati solo 1 € contro almeno 10.000 € per fare le guerre. Se non si riesce a superare tale squilibrio, il futuro dell’umanità sarà pieno di guerre. Per questo sarebbe importante che il servizio civile desse un contributo reale a questo tipo di attività aiutando anche il riequilibrio di tale squilibrio, dislocando i suoi civilisti a fare un lavoro di questo tipo, orientato ad una proposta costruttiva, trasferibile anche in Italia.
Breve descrizione dei conflitti su cui si intende intervenire e loro caratteristiche
I conflitti recenti sono generalmente a carattere interno, tra due o più gruppi etnici che prima convivevano, più a meno bene, in uno stesso stato, ma ora non sopportano più la convivenza e sono, spesso, sull’orlo di scatenare un conflitto. Tra questi, molte volte, si è anche creato un muro psicologico e una totale carenza di comunicazione e di comprensione reciproca che rischia di fare esplodere il conflitto da un momento all’altro. Spesso, tuttavia, all’interno dei due o più gruppi in lotta reciproca ci sono minoranze che sono favorevoli alla pace ed alla convivenza e che cercano di fare un lavoro di ponte (vedi i lavori di A.Langer) tra di loro. I luoghi da scegliere per il progetto sarebbero appunto quelli nei quali tali gruppi della società civile delle due parti sono attivi ma inascoltati sia all’interno del proprio paese, sia anche da parte di quelli esterni (questo, ad es., era vero anche per la Serbia e per il Kossovo dove, prima della guerra, esistevano queste minoranze molto attive in ambedue le parti, ma inizialmente, prima dell’inizio del lavoro dell’Ambasciata di Pace, senza alcun rapporto tra di loro, e non conosciuti – o non voluti conoscere – né appoggiati all’estero). Il compito dei civilisti sarebbe appunto quello di ascoltare le ragioni delle due parti, di far conoscere all’esterno le attività dei questi gruppi per la pace e le loro proposte per la risoluzione del conflitto, e far comprendere all’esterno cosa gli altri paesi, e gli altri movimenti di base, interessati alla pace, potrebbero fare per aiutare – come terze forze – la risoluzione nonviolenta del conflitto stesso, o almeno la mitigazione dello stesso (il passaggio da una lotta armata ad un confronto nonviolento e disarmato).
Destinatari e beneficiari degli interventi
La società intera nel suo complesso che, se il lavoro è fatto bene e dà risultati positivi, vedrebbe diminuire il ricorso ai conflitti armati e ridurre il numero di morti, sia militari sia civili, vittime delle guerre, ed anche i beni distrutti da questi conflitti, e tutte le altre note conseguenze di questi conflitti armati (alto numero di orfani, di vedove e di disabili tra i militari ed i civili, alta frequenza di disadattamento e di malattie mentali tra i reduci e tra le persone che hanno sofferto del conflitto, e così via).
Obiettivi dell’intervento
L’obiettivo di fondo è quello di dimostrare che la prevenzione dei conflitti armati può dare risultati positivi ed importanti, e che questa è la strada principale da seguire, e nello stesso tempo cominciare a riequilibrare, almeno in parte, con il servizio civile, l’attuale differenze di spese tra la prevenzione dei conflitti violenti e quelle per portare avanti guerre e conflitti armati, rinforzando il lavoro in questo settore che varie organizzazioni internazionali governative (ONU, UE, OSCE) o non governative (Rete Europea per la Prevenzione dei Conflitti Armati, ed altre) stanno cominciando a fare, e stimolando anche le ambasciate del nostro paese nelle zone a rischio (spesso interessate solo al nostro commercio ma non a queste tematiche) ed anche l’opinione pubblica in generale, a comprendere meglio i rischi di un eventuale conflitto armato e quello che si potrebbe fare, anche da parte della popolazione comune e del nostro governo, per contribuire effettivamente alla pace e alla risoluzione o mitigazione del conflitto armato, nonché alla formazione civica e dei giovani alla pace e nonviolenza.
Abstract sintetico delle attività
Le attività specifiche da portare avanti, dai civilisti previsti in ciascuno dei luoghi prescelti per la prevenzione dei conflitti armati, sono quelle già citate: 1) informare (tramite relazioni almeno quindicinali) e dare elementi per appoggiare le iniziative locali per la risoluzione nonviolenta o almeno la sua mitigazione; 2) i civilisti invece collocati presso uffici o servizi di prevenzione dei conflitti armati, dovrebbero comunicare agli uffici presso cui sono collocati quanto emerge dal lavoro nelle zone a rischio e, viceversa, comunicare a queste ciò che questi servizi avrebbero bisogno di sapere per poter fare intervenire positivamente la medesima organizzazione (anche questi dovrebbero elaborare relazioni, almeno quindicinali, sulle loro attività). Inoltre, I civilisti dislocati presso il Centro o collocati presso la Casa per la Pace del Comune di Vicenza, avrebbero invece il compito di 1) essere continuamente in contatto con tutti gli altri civilisti impegnati nel progetto, 2) leggere attentamente le loro relazioni e predisporre anche loro relazioni quindicinali che sintetizzino gli elementi principali, a loro giudizio, delle relazioni dei singoli uffici decentrati, da mandare a questi stessi, al Comitato DCNAN, all’Ufficio Nazionale del Servizio Civile, alla stampa, ed agli Enti, statali e non statali, interessati a collaborare alla prevenzione dei conflitti armati.
Attività specifiche riconducibili alla sperimentazione
Per portate avanti positivamente un progetto di questa portata sarebbe necessario costituire anche un Comitato Direttivo, formato da docenti universitari o ricercatori ed operatori che abbiano una notevole competenza ed esperienza di questo tipo di attività. Questo avrebbe il compito di scegliere le zone a rischio in cui inviare i civilisti, e gli Enti in cui collocare gli altri, di selezionare, tra le molte domande, i civilisti ritenuti più idonei a portare avanti una attività di questo tipo, organizzare la loro formazione ed aiutare il gruppo centrale a fare meglio la sua attività, e valutare, dopo qualche mese dall’inizio e prima della conclusione del progetto, l’effettiva validità del lavoro svolto dando anche indicazioni, a metà percorso, per migliorarlo, e verso la fine, nel caso ciò risulti positivo, per la sua continuazione negli anni successivi.
L’IPRI – Rete CCP, con l’accordo anche di altre organizzazioni interessate a queste tematiche, sarebbe disponibile a coinvolgerle tutte nel processo democratico decisionale, e parteciperebbe, insieme con altre, al Comitato Direttivo previsto. Gli Enti presso i quali sarebbe importante collocare i civilisti previsti per ciascuno di loro, in uffici appositamente organizzati, o in via di organizzazione, per questo tipo di attività, sono in primo luogo l’ONU, a New York e Ginevra, la UE, a Bruxelles, l’OSCE, a Vienna, il Centro Europeo per la Prevenzione dei Conflitti, a Utrecht (Paesi Bassi), e potrebbe ugualmente essere importante organizzarne uno anche presso l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (UNSC) a Roma o almeno presso il Ministero da cui questo dipende.
Descrizione della dimensione formativa proposta ai giovani del Servizio Civile Nazionale
Risulta chiaro il salto qualitativo, formativo ed operativo, che un impiego di civilisti nel modo previsto da questo progetto richiederebbe. Ciò coinvolge sia la preparazione precedente dei civilisti, sia quella durante il servizio stesso. Per quanto riguarda quella precedente, sarebbe importante che i civilisti selezionati per il progetto fossero scelti anche sulla base degli studi fatti e delle esperienze pregresse. Tra i criteri preferenziali: la laurea in “Scienze per la Pace” (Pisa) o in “Operatori per la Pace” (Firenze) o simili, oppure l’aver preso un Master per Operatori Internazionali di Pace (Bolzano-Bologna, Gorizia) o l’avere partecipato ed ottenuto qualifica presso i corsi di formazione professionale per Operatori Internazionali di Pace di tipo regionale o locale. La partecipazione, almeno per qualche mese, anche come tirocinio, ad esperienze sul campo in questo settore (Operazione Colomba, Berretti Bianchi, Campagna Kossovo, Time for Peace, e simili) potrebbe essere criterio aggiuntivo, e, in alcuni casi, anche sostitutivo della laurea. Tutto ciò rappresenta una condizione necessaria, ma non sufficiente. Almeno un mese del periodo del servizio annuale andrebbe utilizzato, preferibilmente presso l’Università di Pisa o Firenze, per un approfondimento, teorico-pratico, delle tematiche che un progetto di questo genere implica, con temi, affrontati concretamente, anche dal punto di vista storico, quali: 1) la risoluzione e la trasformazione dei conflitti, 2) la loro mediazione, 3) le forme e gli usi dell’azione diretta nonviolenta, 4) l’interposizione non-armata e nonviolenta, 5) la difesa popolare nonviolenta, e simili. In tale periodo dovrebbero essere svolti anche giochi di ruolo e giochi di simulazione quali quello sul conflitto Israele-Palestina (Dogliotti-Tropea) oppure quello sul conflitto Serbo-Albanese sul Kossovo (L’Abate, Baldi), e alcuni di quelli del libro “Costruire una pace” curato da Marianella Sclavi. Una volta scelte le destinazioni dei civilisti, parte importante di tale periodo va legata all’approfondimento, da parte loro, degli elementi principali della storia e dei problemi specifici dell’area in cui andranno a lavorare, o dell’organizzazione in cui saranno collocati. Da questo punto di vista si potrebbe cercare di costruire, con gli allievi, altri giochi di ruolo e simulazioni su alcuni dei conflitti in cui è previsto il loro collocamento, tenendo conto del progetto che si sta costruendo e delle varie voci e organizzazioni coinvolte.
Risorse umane da coinvolgere
Il progetto prevede l’impiego di tutti i civilisti previsti dal bando per questa misura.
Risorse tecniche e strumentali da adottare
Per la sede centrale presso la Casa della Pace di Vicenza ovvero presso il Centro per la Prevenzione dei Conflitti Armati e la Formazione dei Corpi Civili di Pace ancora a Vicenza, in una struttura comunale, gestita con la collaborazione di numerose organizzazioni nonviolente, sarà necessario ampliare la sede e munirla di computer ed altre attrezzature adeguate. Per quanto riguarda invece le sedi esterne, presso le aree di conflitto a rischio, sarà importante prendere in affitto dei locali separati dalle nostre ambasciate per non confondere il lavoro di prevenzione con la politica del governo, anche se è importante che il gruppo dei civilisti tenga stretti contatti con le ambasciate per sensibilizzarle a tali problemi. I civilisti presso OIG o OING si spera possano lavorare all’interno degli uffici o servizi appositi dell’Ente e necessitino solo di una abitazione esterna dove vivere, sulla base di quanto previsto dai progetti di SC.
Risorse economiche aggiuntive
Per poter essere realizzato il progetto prevede che le spese per i civilisti, cioè le diarie e i rimborsi mensili, siano esterne alla quota-base stanziata per il progetto. Si stima che 60.000 € sarebbero necessari per l’implementazione delle attività progettuali sia per le spese necessarie alla formazione, sia per le spese del comitato direttivo (che non sarebbe pagato ma avrebbe le spese rimborsate), sia per i viaggi dei civilisti, per l’acquisto delle attrezzature necessarie e per l’affitto dei locali necessari. Una cifra del fondo sarebbe necessaria anche per una segreteria stabile, a tempo pieno, di tutto il progetto, necessaria a che questo proceda nel modo migliore e sappia attivare i collegamenti necessari anche per l’azione di informazione, documentazione ed azione tempestiva. Un bilancio più dettagliato verrebbe fatto appena condiviso il progetto con tutti gli attori e tutte le organizzazioni interessate di area pacifista e nonviolenta.
Rete di organizzazioni che potrebbero essere coinvolte
Tutte le organizzazioni interessate alla prevenzione dei conflitti armati potrebbero dar vita, come è esistita per vari anni anche in Italia collegata a quella internazionale (il cui centro europeo è ad Utrecht, in Olanda), ad una rete apposita che potrebbe riunirsi periodicamente, come ha fatto anche in Italia per vari anni presso la sede di Mani Tese a Roma per prendere decisioni su possibili strategie per implementare la politica preventiva del nostro paese, potrebbe nominare il Comitato Direttivo di progetto, e contribuire, per le loro specifiche competenze, alle attività formative dei civilisti, e partecipare a un incontro collettivo verso la fine del progetto, per contribuire ad una sua valutazione e alla decisione se proporlo per la sua ulteriore continuazione.
Tempi necessari alla realizzazione del progetto
Dopo l’approvazione del progetto è necessario circa un mese per ascoltare le organizzazioni interessate a partecipare alla rete, e fissare un primo incontro di questa nel quale designare il Comitato Direttivo del progetto. Circa un altro mese per una prima riunione del Comitato Direttivo per scegliere le zone a rischio in cui intervenire e prendere accordi con le OIG e le ONG presso cui collocare gli altri civilisti. In tale riunione, se le domande dei civilisti fossero già pervenute, verrebbe fatta una prima selezione da perfezionare sulla base di incontri di questi con una commissione specifica nominata dal Comitato. In questo incontro verrebbe anche messo a punto il programma di formazione da portare avanti, e perfezionati gli accordi ai fini del collocamento dei civilisti nelle sedi previste. I mesi successivi, vedrebbero il collocamento dei civilisti nelle loro sedi, e l’inizio del loro lavoro specifico. Ancora successivamente all’inizio delle attività dei civilisti nelle loro sedi,il Comitato Direttivo, che riceve normalmente, man mano che arrivano, tutte le relazioni delle singole sedi e del Centro di Vicenza, avrebbe un secondo incontro nel quale valutare l’andamento dei lavori e dare eventuali suggerimenti per il suo miglioramento o il suo approfondimento. Successivamente, un secondo incontro del Comitato Direttivo per una valutazione complessiva del lavoro svolto, e per la preparazione della relazione conclusiva che, prima di essere mandata al DCNAN, verrebbe discussa e validata in un secondo incontro della Rete Italiana per la Prevenzione dei Conflitti Armati.
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