Il fotogiornalismo come azione diretta – Mickey Z

“Ho iniziato a fare fotografia perché sembrava il veicolo perfetto per commentare la pazzia dell’esistenza odierna” Robert Mapplethorpe 

L’arma più efficace nell’arsenale dell’1% sono i mass media controllati dalle aziende. Neanche la forza brutale di Blue Bloc (riferimento a Polizia e forze dell’ordine che contrastano i black block nelle manifestazioni, ndt) si può paragonare all’immenso potere di programmare grazie alla propaganda.
Consideriamo le parole del professore australiano, Alex Carey, quando scrive riguardo a “tre sviluppi di grande importanza politica” durante il ventesimo secolo: “la crescita della democrazia, la crescita del potere delle aziende, e la crescita della propaganda aziendale come mezzo per proteggere il potere aziendale contro la democrazia”.
La premessa di Carey è il motivo principale per cui ho trascorso così tanto tempo e ho fatto così tante foto a eventi di attivismo. Le immagini presentate dai mezzi d’informazione convenzionali (e addirittura alcuni dei mezzi d’informazione alternativi) oscillano in modo prevedibile da accondiscendenti a confuse, da fuorvianti a mitiche. Ma grazie al fotogiornalismo fai da te, decine di milioni conoscono meglio.
Le macchine fotografiche di tutte le taglie e stili sono strumenti essenziali –addirittura armi– che forniscono verifiche in loco del supporto globale in forma di imponenti marce di solidarietà in altre nazioni. Non dobbiamo credere che alcune voci del 99% vengano ignorate se noi forniamo le nostre prove che mostrano il contrario. Questo è il potere della fotografia e sono solo uno delle migliaia che fanno lo stesso – seguendo la guida di fotoreporter ispiratori come Dorothea Lange. Se non conosci Lange o se hai poca conoscenza su come tradurre le intenzioni in fotografie, per favore continua a leggere.

COME VEDERE SENZA MACCHINA FOTOGRAFICA”
Quando si sente parlare della “Greatest (sic) Generation”, è abbastanza divertente come questo dannoso mito riesce a ignorare ogni prova contraddittoria – per esempio, come la persona più rappresentativa della “generazione dei padri” (Franklin Delano Roosevelt) firmò l’ordine esecutivo 9066 di febbraio 1942, internando oltre 100.000 giapponesi-americani senza un giusto processo. Certo, un’intera generazione avrebbe dovuto infatti essere grande –a fare affari, cioè – per convincerci che sono capaci di combattere una “buona guerra” con un esercito segregato e campi di prigionia razzisti.
Tuttavia, sappiamo molto di più oggi riguardo il crimine ipocrita perpetrato contro i giapponesi-americani grazie al potere delle immagini fotografiche di una donna chiamata Dorothea Lange. Attraverso il suo lavoro con famiglie contadine e lavoratori migranti durante la Grande Depressione, Lange aveva dimestichezza con le immagini delle deportazioni. Ma, quando venne assunta dalla War Relocation Authority per documentare la vita nei quartieri giapponesi, nei centri di raccolta, e nei campi di internamento, le problematiche dei diritti razziali e civili aggiunsero una nuova dimensione.
“Quello che era orribile fu fare ciò completamente sulle basi di quale sangue poteva scorrere nelle vene di una persona, nient’altro. Niente a che vedere con le affiliazioni e amicizie o associazioni. Solo il sangue”, ha detto Lange. Come ha scritto la Library of the Congress, “Lange si è presto trovata in difficoltà con il suo datore di lavoro e i persecutori dei suoi soggetti, il governo degli USA”.
“I tentativi di Lange di usare la sua macchina fotografica per esporre l’impatto sociale delle incarcerazioni di massa entrava in conflitto con le autorità”, dice il giornalista Richard Phillips. “era guardata con sospetto dall’esercito, e addirittura fu chiamata davanti alla War Relocation Authority in due occasioni per un presunto uso scorretto delle sue fotografie. Il Wartime Civil Control Agency ha sequestrato la maggior parte delle sue fotografie degli internamenti, rifiutandosi di rilasciarle fino a dopo la guerra”.
Convinta della sua idea che la macchina fotografica potesse insegnare alle persone “come vedere senza macchina fotografica”, Lange creò immagini di dignità umana e coraggio che affrontano una vasta ingiustizia. Ma soltanto 7 anni dopo la sua morte il suo lavoro raggiunse un ampio pubblico. Il Whitney Museum ha incluso 27 delle immagini di Lange sui campi di internamento giapponesi in una mostra chiamata “Executive Order 9066”. Successivamente il critico del New York Times AD Coleman definì le foto di Lange “documenti di un ordine così elevato da trasportare i sentimenti delle vittime oltre ai fatti del crimine”.
Oggi, abbiamo bisogno di 10 milioni di persone come Dorothea Lange, che pratichino fotogiornalismo di azione diretta – scattando nel nome della giustizia per tutta la vita del pianeta Terra.

FAI CHE L’OBIETTIVO DELLA TUA MACCHINA FOTOGRAFICA VEDA DI PIÙ DELL’OCCHIO
Ovviamente, il bisogno di fotogiornalismo va ben oltre gli USA. La maggior parte del 99% del mondo soffre di condizioni oppressive che spesso non vengono documentate e perciò rimangono essenzialmente invisibili. Se uno di tali umani oppressi si addormentasse e si risvegliasse, per dire, a Zuccotti Park, egli potrebbe pensare che è morto e si trova in paradiso.
Questo rende ancora più urgente per noi connetterci con alleati che vivono sotto minacce quotidiane come i droni Predator e le politiche economiche imposte dalla Banca Mondiale.
Senza prove basate su immagini, potremmo pensare che le bombe intelligenti non sbagliano mai o che i soldati americani non commettano atrocità o che le fabbriche che sfruttano sono invenzioni dell’ immaginazione di qualche persona troppo sensibile.
Senza i fotogiornalisti, sapremo anche molto meno di abusi di animali, deforestazione, inquinamento aziendale e molto altro.
Senza le fotografie e i video per completare il mosaico, sarebbe molto più difficile ispirare le persone comuni ad abbracciare tutti i giorni l’attivismo.
Questo, miei amici, è il peso della macchina fotografica. Comincia tutto con quella piccola arma digitale che tieni nelle tue mani – e quando condividi quelle foto, non dimenticare di aggiungere qualche didascalia pensata e/o dettagliata.
Come dice il dr. Seuss “Le parole e le fotografie sono yin e yang. Quando si sposano, esse producono una progenie molto più interessante dei genitori”.
Non lasciare che l’1% nasconda i suoi crimini globali. Non lasciare che il 99% si nasconda dietro alla facciata del “non sapevo”. La trasparenza porta all’azione.

5 dicembre 2013 – World News Trust
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=print&sid=12670
Link: http://worldnewstrust.com/photojournalism-as-direct-action-mickey-z
15.10.2013 Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ILARIA GROPPI
Revisione a cura del Centro Sereno Regis

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