Noi Britannici ci sforziamo per evitare l’uso della parola ‘musulmano’ – Robert Fisk

I britannici hanno un problema con i “Musulmani”?

Non le persone, ma la parola. Forse perché vivo nella parte musulmana di Beirut in un paese a maggioranza musulmana nel Medio Oriente musulmano – dove nessuno sano di mente si preoccuperebbe dell’uso della parola come aggettivo per distinguerli dai Cristiani, dai Drusi, dagli Ebrei o da persone come me che, suppongo dobbiamo classificare come un “occidentale”. Però

quando ho acceso la televisione per vedere un programma di informazione durante una mia breve visita in Europa il mese scorso, sono stato sconcertato dal modo in cui i miei colleghi, i giornalisti,  facessero qualsiasi cosa allo scopo di evitare di usare la parola “musulmano”.

Il problema, naturalmente, era quella notizia ripugnante dei sei giovani condannati per molestie sessuali e stupro nei confronti di ragazze minorenni a Oxford. Dobbiamo tutti essere d’accordo che i colpevoli meritano la pena totale di 95 anni di prigione, ma chi erano, esattamente? Un giornalista ha detto che venivano da “una certa comunità”, che è il termine più elusivo che si possa trovare. Chiunque legga le identità dei sei accusati, avrà notato subito che la maggior parte di loro, se non tutti, devono essere musulmani. Assad Hassain, per esempio, non è esattamente un nome protestante anglo-sassone.

Ora, posso capire l’auto-censura che adoperiamo in tali occasioni. Se classifichiamo gli accusati in tribunale in base alla loro religione, diciamo, di fatto, che questa deve avere una certa pertinenza con il loro reato o con la loro propensione a commettere un reato. Non identifichiamo regolarmente uomini o donne accusati di crimini come “cristiani”, “buddhisti”, ebrei, o atei, perché anche questo dovrebbe suggerire che la nostra fede – o non-fede – in Gesù, Buddha o Yahweh  abbia una connessione con il nostro intento criminale. Possiamo essere descritti come “britannici” in una comparizione in tribunale – per distinguerci dai cittadini francesi o spagnoli con i quali siamo accusati di  compiere atti criminali,  ma mai come cattolici britannici.

Questa però, non è stata la categoria adottata nel caso di Oxford, dove i giornalisti, con una voglia disperata di usare la parola “musulmano”, ma chiaramente incapaci di farlo per paura che coloro che salvaguardano i nostri valori morali (o che salvaguardano quei valori che trovano utili) ci salteranno addosso per il nostro presunto razzismo, fascismo, islamofobia, e tendenze neo-naziste –  hanno preferito  una parola presumibilmente più sicura. I criminali erano membri di una “banda asiatica”.

Non c’è bisogno di dire che io accetto che l’Asia sia un’ enorme  area e che si estende dalla regione che consideriamo, alla nostra maniera coloniale, come l’Estremo Oriente fino alle terre che chiamiamo, in modo ugualmente coloniale, il Medio Oriente, e, a sud del Mediterraneo, fino al Marocco. E, tecnicamente, l’Asia si estende fino al Bosforo. Questo significa che il Libano e, Israele, se è per questo – sono in Asia, anche se in realtà non è quello che pensiamo riguardo a questi paesi. Nella nostra mente i libanesi, la cui seconda lingua è il francese, sono più “europei” di alcuni cittadini della Russia meridionale, mentre Israele partecipa perfino (insieme alla Giordania) all’Eurovision Song Contest *. Nella nostra mente – se viviamo sul posto, naturalmente, pensiamo al mondo Arabo  come al Medio Oriente, e, insieme alle nazioni confinanti più a est, come “al mondo musulmano”. Il resto è Asia.

I criminali di origine pachistana o del Bangladesh, sebbene siano probabilmente musulmani, tecnicamente sono di “ambiente asiatico”. Il tranello è che l’aggettivo “asiatico” – per me quando andavo a scuola e  certamente per mio padre che era dell’epoca della prima guerra mondiale – significava Cinese. O Giapponese. Non è un’idea  antiquata  o razzista. Se andiamo in un ristorante asiatico a Londra, non ci aspettiamo di mangiare cibo arabo. Se dei conoscenti ci dicono che porteranno a cena un amico asiatico, mi aspetterò di vedere un cinese, o un giapponese, o un birmano o un tailandese o un malese. O un indiano (anche se possono essere musulmani). I cinesi, dopo tutto, costituiscono più di un quarto dei 4,3 miliardi della popolazione dell’Asia. Se però portano a cena un amico musulmano, direbbero solo così, o iraniano o pachistano o forse – se fosse dell’estremità “occidentale” del mondo musulmano – arabo.

E ora arriviamo al punto. Chiamare una banda di strada “asiatica” è deliberatamente fuorviante. Nei recenti casi di pedofilia nel Regno Unito non erano coinvolti  dei cinesi. O dei giapponesi. Con delle eccezioni – Stuart Hall e Jeremy Forrest, per esempio – la maggior parte dei casi recenti hanno in effetti coinvolto dei musulmani. Perché altrimenti 500 imam musulmani in tutto il Regno Unito – immediatamente dopo le udienze al tribunale di Oxford – fanno prediche sul male degli abusi e le violenze sui minori? I sacerdoti protestanti e cattolici, la maggior parte dei quali parla a delle chiese vuote, è vero – non hanno sentito il bisogno di occuparsi di quei reati. Si è pensato che non fosse necessario, per quanto ne sappia, parlare di questa piaga nelle sinagoghe britanniche.

Posso vedere i pericoli qui, naturalmente. Mi ricordo di  come quell’odioso vecchio papa tedesco anti-musulmano – ora fortunatamente messosi  in pensione a Castel Gandolfo – si accaniva contro gli imam musulmani nella sua nativa Germania circa la necessità di condannare i crimini contro l’umanità. Svariati dotti sacerdoti  musulmani chinavano il capo apparentemente vergognosi – come se avessero avuto qualche cosa  a che fare personalmente con gli omicidi di massa – ma non mi ricordo che il Santo Padre o neanche un solo vescovo o sacerdote o parroco abbia mai espresso rimorso per gli atti dei cristiani serbi o dei cristiani libanesi che hanno massacrato migliaia di musulmani nella ex-Jugoslavia o in Libano.

Temo che il vero argomento da affrontare qui sia se il mondo misogino, patriarcale nel quale in realtà vivono così tanti musulmani – posso assicurarvi che il trattamento e la parità delle donne all’interno dell’Islam è un argomento vivo in Medio Oriente – è in qualche modo  penetrato gradualmente nel crimine; se -parliamo francamente – c’è davvero una connessione tra l’identità musulmana degli uomini di Oxford e il loro reato; no, non la loro religione, ma il loro contesto, chiamatelo “sociale”, “culturale”, politico o qualche altra cosa. I 500 imam hanno ovviamente pensato che questa connessione ci fosse. Questo è il motivo per cui hanno tutti fatto la stessa predica nello stesso momento.

Anche noi – in quanto nazione dove c’è più di una “fede” – ci perdiamo il lato positivo dell’identità religiosa. Ricordo il mio dolore quando la coraggiosa e compassionevole reazione di un uomo all’uccisione di suo figlio nei tumulti del 2011 nel Regno Unito, è stata riferita senza citare il fatto che il padre era un musulmano. Certamente questo era, in crudi termini giornalistici, parte della “storia”: un musulmano di una comunità denigrata da secoli in Occidente per la sua violenza – molto tempo prima dell’11 settembre – replicava precisamente nel modo che vorremmo che si comportasse ogni non-musulmano. La sua religione “diversa” ha dimostrato soltanto che era esattamente come “noi”e che si conformava precisamente a quelli che a “noi” può piacere chiamare i “nostri valori” (ance se questa è una parola sequestrata dal repellente Tony Blair).

La discussione è di gran lunga più ampia di questa. Gli attacchi dell’11 settembre hanno abbattuto molte forme di sensibilità nei confronti dei “musulmani”. Gli assassini erano musulmani arabi, e lo abbiamo detto. Quello che però non ci è stato permesso di dire è che quasi tutti venivano dall’Arabia Saudita – un paese stretto alleato dell’America che non dobbiamo offendere anche se i re, i principi e i cittadini aderiscono a una forma particolarmente intollerante di Islam – e che l’identità di questi uomini potrebbe far pensare che ci fossero problemi in Medio Oriente che non devono essere oggetto di conversazione dal momento che potrebbero coinvolgere i rapporti dell’America con Israele.

Devo però ancora sentire che ci si riferisce ai dirottatori dell’11settembre come a una “banda asiatica”. In effetti lo erano, non è vero?

*http://it.wikipedia.org/wiki/Italia_all’Eurovision_Song_Contest

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org

8 luglio 2013 http://znetitaly.altervista.org/art/11558

Fonte: http://www.zcommunications.org/we-british-go-out-of-our-way-to-avoid-using-the-word-muslim-by-robert-fisk

Originale: The Indipendent Traduzione di Maria Chiara Starace

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