I saggi – Pietro Polito

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – di fronte a un Parlamento diviso in tre minoranze rissose al loro interno e tra di loro, prive inoltre di una visione generale, un Parlamento incapace di esprimere una classe politica che assolva al suo principale compito di “tradurre le esigenze e gli istinti in armonie storiche e giuridiche” (Piero Gobetti) – si è rivolto a dieci “saggi” ai quali ha affidato un’opera di mediazione tra le parti in conflitto.

La scelta del Presidente, giudicata dai commentatori istituzionalmente “irrituale”, in realtà s’inserisce nella tradizione e nei costumi delle piccole e grandi comunità che si riconoscono in un insieme di regole e di valori e che in momenti di crisi, nello stato d’eccezione, ricorrono a figure – di alto e riconosciuto valore morale e civile – che quei valori e quelle regole custodiscono e illustrano con il loro esempio.

I saggi non sono i sapienti, coloro che sanno; il contrario del sapiente è l’ignorante, il contrario del saggio è lo stolto. E si può essere sapienti, sapere tante cose, senza essere saggi.

Rubando l’espressione a un vecchio contadino meridionale di cui ascoltavo i discorsi seduti davanti all’uscio della sua casa, la principale caratteristica del saggio, più che la conoscenza, è la basezza. Che cos’è la basezza? È la capacità di valutare le cose e di darne un giudizio su solide basi razionali. Il punto di vista del saggio contadino viene a coincidere con quello del saggio filosofo secondo il quale “non c’è vita razionale senza intelligenza” (Spinoza).

Chi sono i “saggi del Colle”?

Il gruppo di lavoro istituzionale si compone di: Valerio Onida, giurista, Presidente emerito della Consulta, Presidente della Scuola di Magistratura; Mario Mauro, prima esponente del Popolo della libertà, ora capogruppo al Senato di Scelta civica per l’Italia; Gaetano Quagliariello, storico, Senatore del Popolo della libertà; Luciano Violante, esponente del Partito democratico, nel 1996 Presidente della Camera dopo due anni passati al vertice della Commissione antimafia.

Il gruppo di lavoro economico, sociale, europeo si compone di: Enrico Giovannini, Presidente dell’ISTAT; Giovanni Pitruzzella, Presidente dell’Antitrust; Salvatore Rossi, membro del direttorio e vice direttore generale della Banca d’Italia; Giancarlo Giorgetti, capogruppo della Lega Nord alla Camera; Filippo Bubbico, Senatore del Partito democratico; Enzo Moavero Milanesi, Ministro per gli Affari europei.

Come ognun vede, pare che in Italia non esistano sagge.

Certo il talento e l’intelligenza, come la mediocrità e l’ignoranza, non hanno sesso, ma, con il dovuto rispetto per le ragioni del Presidente, suscita sconcerto che nei due gruppi non siano presenti donne. Un limite e un errore in cui non s’incorse quando fu eletta la Costituente nel lontano 1946: un piccolo gruppo di Madri costituenti – 21 su 556 eletti – partecipò allora ai lavori dell’Assemblea.

Come ha detto Emma Bonino, che tra i “saggi del Colle” avrebbe ben figurato, “questi saggi non rispecchiano la società italiana che è molto più complessa di così. E le donne sono una parte fondamentale di questa società. È come se in Sud Africa decidessero di formare una commissione composta da soli bianchi o da soli neri”. Quelle commissioni al maschile sono un brutto segnale: “il messaggio più chiaro, più esplicito e senza possibilità di fraintendimenti è che le donne come soggetti capaci e competenti non esistono, non nelle prime file almeno” (Chiara Saraceno).

Con le donne mancano gli uomini di cultura, quasi come se l’unico sapere che possa essere di ausilio alla politica fosse quello tecnico. So di essere ingeneroso con il Presidente, ma è difficile sottrarsi all’impressione del Manuale Cencelli (il manuale utilizzato dai democristiani per distribuire le poltrone in base al numero delle correnti di cui era composto il partito). D’altra parte la composizione delle due commissioni non rispecchia nemmeno politicamente la società italiana attuale in quanto ne fanno parte rappresentanti di due sole minoranze (berlusconiani e democratici) mentre ne sono esclusi gli aedi della minoranza in ascesa e quindi non ancora insediatasi nei luoghi del potere (grillini).

I “saggi del Colle” sono stati scelti in base al criterio della basezza? Lo stesso Quirinale precisa che non è così quando chiarisce che le illustri personalità che compongono le due commissioni sono state scelte “con criteri oggettivi in funzione del lavoro svolto”.

Torniamo un momento sulla figura del saggio. Secondo la tradizione tramandataci dal sapere filosofico, i tratti del saggio sono la vita ritirata, l’autosufficienza nel senso di bastare a se stessi, la rinuncia cioè il primato delle cose spirituali su quelle materiali, la coscienza, vale a dire la consapevolezza che bisogna guardare in se stessi prima di giudicare. (Chi voglia saperne di più può leggere: Lucio Anneo Seneca, La tranquillità dell’animo, Vanni Scheiwiller, Milano 1992 e Id., La fortezza dell’animo, Sellerio, Palermo 1992).

Ebbene, se si guarda alle personalità scelte dal Presidente, balza subito agli occhi che essi sono uomini politici che hanno avuto o hanno un potere politico di antica o recente formazione oppure sono tecnici saldamente al vertice di enti e istituzioni, cioè non sono estranei alla contesa politica ed economica.

Ma può un’opera di mediazione essere svolta da chi non è fuori o al di sopra della mischia, anzi vi è immerso fino al collo?

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