Cinema – Cowboys in India – Recensione di Paola Camisani

Cowboys in India, regia di Simon Chambers, Inglese, 2009, UK, 77 minuti 

TEMA: Miniere in Orissa, responsabilità sociale d’impresa

LUOGO: Kalahandi district, Orissa, India 

cowboys_in_india-02Simon, filmaker inglese, si reca in una remota area dell’Orissa per svolgere un’indagine sulle attività della Vedanta Resources: un’impresa multinazionale specializzata in estrazioni minerarie. Si trova così catapultato in una versione contemporanea e più esotica del vecchio Far West dove la ‘corsa all’oro’ si trasforma in ‘corsa all’alluminio’ e dove gli indiani (quelli veri questa volta) per difendere il loro territorio sfidano con archi e frecce un nuovo tipo di cowboys.

Un progetto, che ha preso i primi passi alla fine degli anni ’90, prevede la costruzione di una raffineria e di una miniera nella regione di Lanjigarh sulle colline di Niyamgiri (kalahandi district, Orissa), considerate sacre dagli abitanti nativi, ricche di biodiversità e di acqua, ma soprattutto di bauxite, il principale minerale dal quale viene estratto l’alluminio. Vedanta Resources, col consenso dei governanti indiani, sostiene che il progetto porterà grandi benefici alle comunità dell’area e si erge come paladina della responsabilità sociale d’impresa.

Il regista, assieme a due abitanti del posto, Satya e Daya, tenta di analizzare l’impatto che tale progetto sta avendo sul territorio e i suoi abitanti e più in generale quanto il frenetico sviluppo indiano possa essere di effettivo aiuto per superare le difficoltà che molti Indiani devono affrontare.

Ben presto Simon si accorge che ‘in quel luogo’ le cose non sempre sono come sembrano e che ‘la verità’ può assumere di volta in volta sfaccettature diverse. Il film infatti mette in luce la presenza di pareri contrastanti rispetto al tema dello sviluppo e dei suoi benefici sulla realtà locale, affrontando tematiche serie e assai attuali quali l’esproprio delle terre, l’inquinamento delle acque, le difficili condizioni di vita di contadini e minatori, restituendo così un’immagine dell’India contemporanea che non sempre riflette quella degli stereotipi comuni.

Accompagnato dalle sue guide locali il regista inglese entra in contatto con una molteplicità di individui che restituiscono al pubblico la complessità della realtà locale: un’India rurale, lontana dal mondo delle metropoli, che tuttavia a causa dell’industrializzazione sta via via perdendo i suoi connotati originari, in un processo di trasformazione che talvolta genera ammirazione e talvolta conflitto.

Un film sullo sviluppo industriale di una remota area dell’India, che affronta temi attuali, purtroppo spesso drammatici, con una narrazione che in alcuni tratti assume delle sfumature spiritose. Un gioco narrativo, dove alla questione dello sviluppo si affianca quella dell’incontro tra “Noi” e gli “Altri” mostrando le difficoltà di comprensione reciproca. Ed è qui che un film su tematiche così serie riesce a strappare un sorriso allo spettatore, mostrando tutti i luoghi comuni e i fraintendimenti che il regista e le sue guide locali sviluppano gli uni degli altri e delle rispettive culture. La difficile relazione tra “Noi” e gli “Altri” da potenziale elemento di conflitto si trasforma in elemento di comicità per lo spettatore che ha un punto di vista esterno. Il film si trasforma quindi in un film sulla relazione tra il regista e le guide locali e su come le distanze individuali e culturali possano essere colmate se le nostre categorie di lettura della realtà diventano più duttili e aperte alla comprensione del diverso.

Anche se si tratta di un documentario, Cowboys in India è un film che trasporta in un viaggio emozionante, dove gli spettatori vengono trascinati in una realtà distante all’interno della quale possono ugualmente identificarsi coi personaggi. Un documentario in grado di condensare la leggerezza della commedia, l’intensità dell’action movie e la profondità di un film drammatico. In questo modo Simon Chambers raggiunge l’obbiettivo che ha dichiarato in un’intervista: “rendere il film stimolante anche per coloro che normalmente non sono interessati a sapere né quanto il mondo sia terribile e né a come dovrebbe essere”.

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