Algeria e Mali… “film” già visti – Robert Fisk

Strano, non è vero, come il nostro “danno collaterale” è diverso dal loro “danno collaterale. Parlando ieri con un vecchio amico algerino che si occupa di aviazione, gli ho chiesto che cosa pensasse dell’assalto  del suo paese all’impianto di gas di In Amenas. “Brillante operazione, Robert,” ha urlato al telefono. “Abbiamo distrutto i terroristi!” Ma gli ostaggi innocenti? E la loro morte? ho chiesto “Poveretti”, mi ha risposto. “Ci hanno ammazzato migliaia di donne e di bambini nella nostra guerra [negli anni 1990] – una tragedia terribile – ma stiamo combattendo il terrorismo.”

E questo è quanto. I nostri uomini morti per lui non erano affatto importanti. E aveva ragione, non è vero? Infatti oggi siamo indignati, non per il massacro degli innocenti, ma perché gli ostaggi uccisi dall’esercito algerino – insieme ad alcuni dei loro carcerieri – erano in gran parte uomini bianchi, con gli occhi azzurri, invece che uomini dalla pelle più scura e con gli occhi marroni. Se tutti gli ostaggi “occidentali” – includo anche i giapponesi in questa definizione ridicola e polivalente – fossero stati salvati e i morti innocenti fossero stati tutti algerini, ieri non si sarebbe parlato affatto di un “assalto raffazzonato”.

Se tutte quelle persone massacrate nel bombardamento effettuato con gli elicotteri algerini, fossero stati algerini, avremmo citato le “tragiche conseguenze” dell’attacco, ma i nostri titoli si sarebbero soffermati sul coraggio e l’efficienza dei soccorritori militari algerini, e ci sarebbero state anche interviste a famiglie occidentali piene di gratitudine.

Osceno

Razzismo non è la parola adatta. Quando George W. Bush e Lord Blair di Kut-al Amara (luogo di una battaglia tra inglesi e turchi nel 1915-1916, n.d.t.) hanno dato il via ai loro crimini di guerra con un’invasione su vasta scala dell’Iraq, non ce ne importava un accidente degli Iracheni.  Diecimila morti in un anno? Ventimila? Oppure, come ha detto George Bush, “Trentamila, più o meno.” Più o meno che? Ma nessun problema per i nostri preziosi morti. Sappiamo, per esempio, che da quando è iniziata l’avventura irachena di Bush e Blair, esattamente 4.486 membri del personale militare americano sono morti in guerra.

Sapete quindi di chi ci preoccupiamo, e di chi non ci preoccupiamo. State attenti perciò nelle prossime settimane, alla crescente “Lista d’Onore” delle truppe francesi in Mali, alle interviste sulla stampa francese ai loro parenti, alle statistiche dei feriti.  E non perdete tempo a cercare i dettagli sui soldati nigeriani morti – o sicuramente sui soldati Maliani morti – perché non ci saranno i particolari del loro sacrificio.

Dal Medio Oriente, tutta la situazione sembra un osceno remake televisivo dei nostri interventi insensati in altre parti del mondo. Le truppe francesi staranno in Mali soltanto “alcune settimane”, ci dicono Hollande e i suoi  amichetti. Non è quello che abbiamo detto quando le truppe britanniche sono apparse per la prima volta nelle strade dell’Irlanda del Nord, e poi hanno passato decenni a combattere in quel paese? Non è quello che hanno detto gli israeliani quando sono arrivati in Libano nel 1982 e ci sono stati per altri 18 anni?  Non è quello che abbaiamo pensato quando abbiamo invaso l’Afghanistan? Che i nostri ragazzi non potevano neanche sentire un colpo sparato per rabbia?

Era incredibile osservare quel vecchio furfante di Bernard Kouchner, questa settimana, che chiedeva maliziosamente che le truppe francesi sul terreno in mali assistano la Francia nella lotta contro il “terrore” islamista. I suoi occhi erano accesi sia di cinismo che di patriottismo – una caratteristica particolarmente francese – mentre citava al solito l’ Entente Cordiale del 1904: “saremo a Timbuctu per Natale.” Ma perché, noi, l’Occidente, siamo in Mali? Quanti lettori – alzate la mano virtuose, oneste persone – sapevano davvero dire il nome della capitale del Mali due settimane fa?

Ieri ho chiamato un altro amico, un ex legionario francese. Gli ho chiesto perché la Francia era in Mali. “Ebbene, dicono che gli islamisti  avrebbero raggiunto Bamako e che ci sarebbe stata una situazione tipo i talebani a Kabul, uno stato che era caduto nelle mani degli estremisti. Io stesso non capisco. Il Mali è uno stato artificiale i cui abitanti che vivono nel nord del paese, specialmente i Tuareg hanno sempre rifiutato di essere dominati da un governo di gente di colore del sud. E’ un fatto tribale, con sopra un velo di ‘islamismo’ – e ora come ci tiriamo fuori da questo casino?”

Disprezzo

  I sorvoli effettuati dalla Francia sono stati aspramente criticati sulla stampa algerina -un fatto largamente ignorato a Londra dove le “guerre al terrore” hanno la precedenza sull’opinione algerina locale – come simbolo dell’umiliazione algerina per mano degli ex colonizzatori del paese.

Perché, però, dovremmo preoccuparci degli algerini quando trattano i nostri morti con il disprezzo che noi abbiamo sempre dimostrato per i morti dell’Iraq, dell’Afghanistan o, se è per questo, anche della Palestina? La Siria, notate, è temporaneamente in una categoria diversa, dal momento che il nostro desiderio di distruggere Bashar al-Assad ci permette di trasformare tutte le sue vittime in occidentali onorari. Strano. Infatti tra quei ribelli che affrontano lo spietato Assad ci sono persone molto simili al signor Belmokhtar e ai suoi allegri islamisti, proprio gli uomini che hanno provocato la rabbia del crociato Kouchner.

Forse dovremmo interpellare Mokhtar Belmokhtar, il presunto “cervello” – notate il linguaggio da fumetti che dobbiamo usare per questi vagabondi – dell’assalto algerino, “Mr Malboro”, il cui interesse per il contrabbando e per le cinture  esplosive al plastico sembra avere più importanza dei suoi doveri verso l’Islam. I giornalisti nordafricani sanno un sacco di cose su Belmokhtar e il suo  commercio di sigarette, armi, veicoli 4×4, droga, diamanti e emigranti illegali, e sono anche  sconvolti  che l’Algeria, luogo di nascita di Belmokhtar, debba essere coinvolta nella crociata occidentale in Mali.

Sento un po’ di odore di  follia coloniale fuori moda in questo?  Andare avanti in Niger? Le truppe francesi combattono i ribelli. I “terroristi” in ritirata. Titoli quotidiani dal 1954 al 1962. In un paese chiamato Algeria. E vi garantisco, i francesi non hanno vinto quella guerra.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/algeria-mali-and-why-this-week-has-looked-like-an-obscene-remake-of-earlier-western-interventions-by-robert-fisk

Originale: The indipendent Traduzione di Maria Chiara Starace

20 gennaio 2013 http://znetitaly.altervista.org/art/9459

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