ONU: Due imperi in crollo – E poi che cosa? – Johan Galtung

Da Washington, DC

C’è la Storia nel voto ONU del 29 novembre 2012: 138 SÌ all’attribuzione di status di “stato osservatore non-membro ONU”, solo 9 NO, e 41 astensioni. Oltre la politica del Medio Oriente, il voto rispecchia i limiti dell’impero globale USA e di quello regionale d’Israele: 138 paesi ne sfidano la morsa e favoriscono il cambiamento, 41+9=50 no, per varie ragioni. Un voto cruciale su un tema cruciale è un test cruciale. Chi vuole che cosa?

Primo, l’OIC-Organizzazione di Cooperazione Islamica, musulmana, araba: nessuno che ceda a USA-Israele nonostante gli sforzi contro il risveglio arabo. Israele è solo nella regione: da Grecia-Turchia-Cipro sono stati tutti SÌ. Prossimamente: Saharawi, Sahara occidentale; si può approfittare del SÌ di Spagna e Marocco, e il Kashmir su India-Pakistan.

Secondo: più di metà di quelli non a favore erano dell’Europa orientale (16) e del Pacifico (10: 9 mini-stati e l’Australia). Aggiungiamone 7 dell’America Latina, 5 dell’Africa, 3 dell’Asia (non il Giappone) e arriviamo a 41.

Terzo: Europa Occidentale-NATO divise. I paesi Nordici-EFTA (Associazione Europea di Libero Scambio) a favore, e così pure l’Austria, la Francia e i GIPSI (Grecia-Italia-Portogallo-Spagna-Irlanda), la periferia UE indebitata. Non a favore: UK, Germania, Paesi Bassi; 3 mini-stati; e gli irriducibili USA-Israele(=Usraele)-Canada per giungere ai 50: solo un quarto dei paesi membri ONU.

L’Assemblea Generale è ciò che abbiamo di più vicino a una democrazia mondiale; nessun potere di veto da grande potenza del Consiglio di Sicurezza. Israele non ha sostegno regionale e gli USA solo poco, malfermo, insignificante sostegno mondiale. Sbiadiscono i ricordi dell’Impero Sovietico—morto da 20 anni – e appunto quelli sono i mini-stati. La presa USA non raggiunge neppure Afghanistan-Iraq-Libia recentemente bombardati-invasi-occupati. Resta il Regno Unito, come un barboncino verso il padrone.

Si legga il voto in termini di un processo di regionalizzazione mondiale: luce verde per l’OIC; un po’ di luce politica necessaria nelle regioni America Latina-Caribe, Africa e Asia. La luce morale Nordica-EFTA è intatta, e il nuovo Terzo Mondo, i paesi GIPSI, sta allineandosi al vecchio. Attenta, Germania.

Gli USA sono fuori dalla realtà. La smettano con i droni e le uccisioni; facciano uno splendido Nord America con il Messico e il Canada (R. B. Zoelick sul WashingtonPost del 30-11-2012).

Ma gli imperi crollano anche da dentro per demoralizzazione.

Per demoralizzazione politica: fattore basilare è la mancanza di presa mondiale. Ma guardiamo anche la dinamica della “rupe fiscale” in quanto ai dubbi sulla dinamica politica USA: due partiti, ai ferri corti. Nessuna remissione dei debiti ipotecari, nessun sollevamento creativo del 16% al fondo della società – con molti che non sanno neppure da dove tirar fuori il prossimo pasto – a livello economico, che stimoli la domanda interna.

Per demoralizzazione economica: fattore base è un Occidente non-concorrenziale. Si aggiunga il “Perché tarda la ripresa” [Why the recovery lags] di Robert Samuelson: “la crisi finanziaria e la Grande Recessione hanno fatto passare la voglia d’intraprendere a gran parte degli americani – cauti, avversi ai rischi e difensivi – che spendono quindi meno e risparmiano di più” (WP 26-11-12). Greg Smith – Why I left Goldman Sachs: A Wall Street Story [Perché me ne sono andato da GS: una storia di Wall Street] – definisce buon affare “commissioni piatte su scambi borsistici trasparenti”; non commissioni esorbitanti, accordi segreti, derivati e bonus oscuri e prestigio legati ai crediti lordi apportati dal trader . Neppure un singolo incarcerato; eppure le lobby sono contro una nuova legislazione.

Per demoralizzazione militare: fattore base è che USA-NATO perdono. Ma osserviamo lo stile di vita e gli affari mondani dei vertici dell’esercito USA in Afghanistan, e della CIA ovunque, macchine per uccidere: il generale Petraeus. Immaginiamone l’effetto sui soldati che rischiano la vita per una guerra invincibile e dubbia mentre i vertici folleggiano. Vedere l’opera del 1874 di Richard Strauss, Die Fledermaus [Il pipistrello], per la fine dell’Impero austro-ungarico.

Per demoralizzazione culturale: fattore base è la fede calante nell’eccezionalismo USA, primo della fila al mondo. Gli USA sono primi nell’affermarsi primi, nei media mainstream, con cifre pubbliche che ignorano ciò che succede nel mondo reale. La verità si farà strada in loro.

Per demoralizzazione sociale: “Il tasso di natalità USA piomba al livello più basso dal 1920? (WP 30-11-2012) ”soprattutto fra le donne immigrate colpite malamente dalla recessione”. Ciò può implicare un declino nella popolazione USA e nel gettito da imposte sui redditi, come in ampi settori dell’Occidente. E l’enorme violenza delle armi.

Si sommi il tutto: la caduta dell’Impero USA è in pista.

E per Israele? Sta avanzando verso una rupe eretta da se stesso: il suicidio.

Il voto ONU era nel 65° anniversario della Risoluzione ONU #181- Piano di Partizione per la Palestina. Una risoluzione per un assetto a due stati nella scia di Folke Bernadotte, poi assassinato da Israele. Nakba. Il problema non è il sionismo in sé ma quello duro, revisionista, dell’Espansione-0ccupazione-Assedio (E-O-A). Un sionismo che conduce dritto alla scogliera. Il voto ONU che legittima la Palestina e delegittima quel tipo di Israele. Molto ne seguirà nella diplomazia multi- e bilaterale e a livello ONG; nonostante le minacce israeliane.

I negoziati diretti non portano da alcuna parte: il processo di Oslo lasciò “a tempi successivi” la sicurezza, Gerusalemme, i profughi, gli insediamenti israeliani, i confini.

Ma Israele dovrebbe pur reagire ai razzi! Sì, smettendo la politica E-O-A per una 2-6-20 e più: Due stati in una comunità a Sei stati con i vicini arabi in una Organizzazione statale di 20 e più membri per la Sicurezza e la Cooperazione entro una zona denuclearizzata. Ciononostante, Israele si è delegittimato scegliendo la violenza, i razzi di Hamas-Hezbollah, le bombe dissimulate, le Cupole di Ferro, la Fionda di David, gli enormi rifugi sotterranei da 11 settembre. Israele sepolto in un sui-socio-cidio.

Israele reagisce anche alla nonviolenza – il boicottaggio, la non-cooperazione, la disobbedienza civile – con la violenza, come ha fatto contro le navi della Flottiglia Gaza Libera che tentavano di rompere l’assedio. Così si delegittima ancora di più.

Insieme agli USA mainstream, Israele – Usraele- cerca di controllare il discorso dominante marchiando tutti i critici come anti-semiti, ebrei autolesionisti, ecc. Neppure un appiglio iniziale nelle democrazie.  Jimmy Carter, Desmond Tutu, Noam Chomsky, Norman Finkelstein, Richard Falk, per citarne solo alcuni così stigmatizzati di recente, sono né anti-ebraici, né anti-Israele; utilizzano la trasparenza e il dialogo – marchi di fabbrica della democrazia – in modo costruttivo. Reprimendoli, non si ha che due élite che ascoltano solo se stesse.

Percorrendo le strade della delegittimazione, della reazione violenta alla violenza e alla nonviolenza, il controllo del discorso dominante, si otterrà, già molto prossimo al ciglio della rupe, uno scenario sudafricano. Un certo giorno gli USA decideranno che Israele è più una passività che un attivo.

Israele è fuori dalla realtà Ci vuole un cambiamento di regime dall’interno.

 

3 dicembre 2012

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis

Titolo originale: UN: Two Empires Crumbling – And Then What?

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