USA: perchè i veterani si uccidono – Luke Hiken e Marti Hiken
Dati recenti indicano che per ogni soldato ucciso in Afghanistan e in Iraq, 25 veterani si suicidano al ritorno negli USA. E’ un dato incredibile. Come può essere?
Nel 1971 la Stanford University condusse un esperimento carcerario per stabilire quali fossero gli effetti dell’incarcerazione su un gruppo selezionato di studenti. Metà degli studenti furono scelti per comportarsi da secondini mentre i membri dell’altra metà dovevano comportarsi da criminali condannati per reati gravi. L’università dovette interrompere bruscamente l’esperimento quando scoprì che i “secondini” stavano diventando oppressori sadici violenti e i “criminali” reagivano alle condizioni della prigionia in modi pericolosamente ribelli. L’esperimento evidenziò quello che accade a persone medie e istruite quando sono trattate senza rispetto e senza protezioni. Quel che è più importante, esso dimostrò gli effetti catastrofici che l’autorità, la violenza e la corruzione incontrollate avevano su quelli cui era stato affidato il ruolo di custodi e guardie. [1]
Stiamo assistendo a un analogo crollo della moralità e della capacità di giudizio tra i soldati statunitensi che attualmente conducono le nostre guerre imperiali in Iraq, Afghanistan, Libia e altrove in tutto il Medio Oriente. “La rivista di psicologia ambulatoriale e clinica” ha recentemente pubblicato la notizia che per ogni soldato ucciso in Iraq, Afghanistan e in Medio Oriente negli ultimi dieci anni, venticinque altri veterani hanno commesso suicidio. [2] Che questi tentativi di suicidio siano o meno la conseguenza di PTSD (Sindrome da Stress Post-Traumatico), di esaurimenti nervosi o la conseguenza di aver trasformato dei buoni “soldati” in mostri assassini a causa delle situazioni in cui sono costretti (cioè l’esperimento di Stanford), è qualcosa che si può discutere. Tuttavia quello che qui è più in discussione è il fatto che più di mezzo milione di soldati e mercenari (cioè “professionisti civili”) è tornato a casa nelle nostre comunità dal Medio Oriente e che il Pentagono ritiene che circa un terzo di loro soffra di qualche forma di PTSD.
Ciò che queste statistiche evidenziano è la depravazione morale conseguente a tutti gli aspetti del nostro coinvolgimento in Medio Oriente e l’impatto che le nostre aggressioni coloniali hanno non solo sulle popolazioni indifese che abbiamo scelto di distruggere, ma anche sui perpetratori di tali aggressioni. E’ impossibile per i soldati partecipare a omicidi di massa ingiustificati e non esserne segnati. Si sarebbe creduto che le nostre esperienze in Vietnam avrebbero fornito un’indicazione sulle conseguenze disastrose che le guerre ingiustificate hanno sugli uomini e le donne cui è richiesto di combatterle. Ma no, il nostro Pentagono e i nostri “(mis)leader” non hanno imparato nulla dal Vietnam, dai fallimenti della Russia e della Francia in Afghanistan, o dalla nostra bugiarda e vergognosa aggressione all’Iraq.
Questi dirigenti fuorvianti non sono colpiti dalla crudeltà e dalla malvagità delle loro incursioni all’estero, mentre molti di quelli impegnati in tali guerre trascorreranno i loro giorni a contemplare il suicidio.
Studi recenti condotti dall’Università di New York e da quella di Stanford hanno documentato il fatto che dagli attacchi dei droni statunitensi sono stati uccisi centinaia di civili in più rispetto a quelli riconosciuti dal Pentagono [3]. E tuttavia un burocrate dalla notevole testa di legno del Dipartimento della Difesa, a nome John Brennan, ha l’audacia di spiegare a Obama che questi studi sono inaccurati e che la nostra “precisa” accuratezza con i droni uccide soltanto terroristi e che le morti arbitrarie sono “estremamente rare”. Questi commenti patologicamente assurdi di Brennan sono intesi a proteggere Obama dal suo massacro di centinaia di donne e bambini innocenti identificati negli studi o dobbiamo presupporre che Obama sia più canaglia di quanto immaginassimo, per aver messo un clown come Brennan ad avallare l’utilizzo illegale dei droni?
Una nazione che assassina indiscriminatamente civili, che scatena guerre di aggressione contro nazioni indifese e mente al suo stesso popolo a proposito delle ragioni per cui distrugge governi in tutto il mondo non sta soltanto costringendo i suoi soldati al conseguente comportamento suicida, ma distrugge anche l’integrità morale dell’intera nazione. A ogni evento sportivo in cui vediamo caccia e bandiere statunitensi esibite a fini di propagandare presso il popolo statunitense la messa in atto dei nostri crimini di guerra internazionali, la maggior parte delle persone china il capo per la vergogna per il declino di quella che un tempo è stata una grande nazione.
L’esperimento carcerario di Stanford fu un microcosmo di ciò che sta accadendo in tutto il mondo agli Stati Uniti. Dimostra ciò che accade ai cittadini che diventano assassini internazionali e alla nazione che li paga per diventarlo.
Marti Hiken è direttrice di Progressive Avenues. E’ ex codirettrice dell’Institute for Public Accuracy ed ex presidente della task force legale militari della lega nazionale degli avvocati. Può essere contattata all’indirizzo [email protected], 415-702-9682 .
Luke Hiken è un avvocato impegnato nella pratica del diritto penale, militare, dell’immigrazione e d’appello.
Il sito web Progressive Avenues, www.progressiveavenues.org, è regolarmente aggiornato nel collegamento “What’s Added, What’s New” della home page all’indirizzo http://www.progressiveavenues.org/Whats_New_Added.html
NOTE
(1) The Stanford Prison Experiment – A Simulation Study of the Psychology of Imprisonment Conducted at Stanford University http://en.wikipedia.org/wiki/Stanford_prison_experiment
“L’esperimento carcerario di Stanford fu uno studio sugli effetti psicologici del diventare carcerato o secondino. L’esperimento fu condotto alla Stanford University dal 14 al 20 agosto del 1971 da un’equipe di ricercatori guidata dal docente di psicologia Philip Zimbardo. Fu finanziato dall’Ufficio della Ricerca Navale USA e fu di interesse sia della Marina sia del corpo dei marines statunitensi come indagine sulle cause di conflitto da guardie e prigionieri militari.
Su 75 furono scelti 24 studenti per assumere i ruoli, assegnati a caso, di guardie e di detenuti in una finta prigione situata nello scantinato dell’edificio della facoltà di psicologia della Stanford. I partecipanti si adattarono ai ruoli ben oltre le aspettative di Zimbardo, con le guardie che misero in atto misure autoritarie e alla fine assoggettarono alcuni dei detenuti a torture psicologiche. Molti dei detenuti accettarono passivamente gli abusi psicologici e, a richiesta delle guardie, maltrattarono prontamente altri prigionieri che cercavano di opporsi. L’esperimento ha avuto conseguenze anche sullo stesso Zimbardo che, nel suo ruolo di supervisore, permise che gli abusi proseguissero. Due dei detenuti abbandonarono l’esperimento in anticipo e l’intero esperimento fu interrotto bruscamente dopo soli sei giorni. Alcune parti dell’esperimento furono filmate e brani delle riprese sono disponibili pubblicamente.”
(2) Press TV, http://www.presstv.ir/detail/236543.html “Secondo un articolo del New York Times pubblicato il 14 aprile, in media ogni giorno e mezzo muore un soldato statunitense in Iraq o in Afghanistan mentre i veterani si suicidano al ritmo di uno ogni 80 minuti.”
“L’articolo ha anche affermato che si registrano ogni anno 6.500 suicidi di veterani, più del totale dei soldati uccisi in Afghanistan e in Iraq messi insieme da quando le guerre sono cominciate.”
(3) Zucchino, David, “Drone Strikes in Pakistan have Killed many Civilians, Study Says”, LA Times, latimes.com, 9-24-12 http://articles.latimes.com/2012/sep/24/world/la-fg-drone-study-20120925
Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org
Fonte: http://www.zcommunications.org/why-veterans-kill-themselves-by-luke-hiken traduzione di Giuseppe Volpe
1° ottobre 2012 http://znetitaly.altervista.org/art/7897
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