Gli “eredi” di Berlinguer – Pietro Polito

Povero Enrico Berlinguer!

I suoi figli lo disconoscono proprio nel momento in cui sembrano rinverdirne la memoria, dichiarando di muoversi nel solco della sua lezione.

Gli ultimi due eredi della tradizione comunista e di quella democristiana, riuniti a Sassari per ricordare Berlinguer, sanciscono l’accordo (storico?) di (sotto) governo tra il centro (senza la sinistra) e il centro (senza il cristianesimo sociale), spacciandolo per l’alleanza del futuro. Il segretario del Partito Democratico ha parlato di un “passaggio storico”. Quasi come se il patto elettorale tra casiniani e bersaniani fosse paragonabile al compromesso storico di Berlinguer o alla terza fase di Aldo Moro.

Che dire?

È proprio vero che quando la storia si ripete (perché la storia si ripete), da tragedia si trasforma in farsa.

Chiariamo.

1. Il compromesso storico non c’entra nulla.

Quando in tre articoli comparsi su “Rinascita” nel 1973 il segretario del più grande partito comunista dell’occidente propone il compromesso storico, egli è animato dalla preoccupazione reale di impedire al nostro Paese una deriva cilena: la democrazia di Salvador Allende finiva in quei giorni nel sangue del golpe del generale Pinochet, uno dei dittatori più spietati e brutali, con la complicità e l’assistenza militare dei guardiani del mondo.

Che cosa spinge oggi all’accordo i nipotini di Berlinguer e i nipotini di Moro? Che cosa c’è di storico per la sinistra in un patto di governo, faccio per dire, con uno dei campioni del “casinismo”, quel filosofo, Rocco Buttiglione, noto alle cronache perché considera “peccatori” gli omosessuali e che pensa che “i bambini che non hanno un padre ma solo una madre sono figli di una madre non molto buona”.

2. Il compromesso storico non era allora una via d’uscita, la sua parodia non sarebbe ora una risposta.

Personalmente non penso che la sinistra del futuro possa, né debba, trovare le proprie radici nel berlinguerismo che ci restringe in un orizzonte “novecentesco”. Le sue innovazioni rispetto al comunismo tradizionale, infatti, il compromesso storico, l’eurocomunismo, la terza via, sono gli assi di una visione e di una strategia neocomunista piuttosto che la prefigurazione di una sinistra nuova che si confronti con le grandi contraddizioni del nostro tempo: quella tra la nonviolenza e la violenza (politica, culturale, strutturale), quella tra l’uomo e l’ambiente, quella tra gli uomini e le donne.

Concludo.

Nessuno ha in tasca la ricetta. Ma – mi domando e domando – non è ormai sufficientemente chiaro che non è più stagione di compromessi, minicompromessi, accordi, accordicchi, convergenze e mediazioni al ribasso? Se ci si propone di riannodare il meglio del passato al meglio del presente e il meglio del presente al meglio del passato, la sinistra che verrà deve ripartire dall’antica questione irrisolta del rapporto tra democrazia e socialismo.

 

Postilla

Enrico Berlinguer espone i lineamenti del compromesso storico in tre articoli comparsi sulla rivista di cultura ufficiale del partito, il settimanale fondato da Palmiro Togliatti, “Rinascita”: Imperialismo e coesistenza alla luce dei fatti cileni, n. 38, 28 settembre 1973, pp. 1 – 2; Via democratica e violenza reazionaria, n. 39, 5 ottobre 1973, pp. 3 – 4; Alleanze sociali e schieramenti politici, n. 40, pp. 3 – 4.

Questa la tesi di Berlinguer in estrema sintesi, riassunta con le sue stesse parole: a) “una politica di rinnovamento democratico può realizzarsi solo se sostenuta dalla grande maggioranza della popolazione; b) di qui “la necessità non soltanto di una politica di larghe alleanze sociali ma anche di un determinato sistema di rapporti politici, tale che favorisca una convergenza e una collaborazione tra tutte le forze democratiche e popolari, fino alla realizzazione fra di esse di una alleanza politica”.

Riporto integralmente il periodo finale del terzo articolo Alleanze sociali e schieramenti politici in cui Berlinguer riassume il nucleo e il senso della proposta comunista: “La gravità dei problemi del Paese, le minacce sempre incombenti di avventure reazionarie e la necessità di aprire finalmente alla nazione una sicura via di sviluppo economico, di rinnovamento sociale e di progresso democratico rendono sempre più urgente e maturo che si giunga a quello che può essere definito il nuovo grande «compromesso storico» tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano”.

Viene naturale osservare che gli attori del piccolo «compromesso storico», stando ai risultati delle ultime elezioni politiche, sommati insieme, oscillano tra il 25% e il 30%.

 

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