Bauman e l’educazione – Recensione di Carlo Bonzanino

Zygmund Bauman con Riccardo Mazzeo, Conversazioni sull’educazione, Erickson, Trento 2011, pp.146

Può forse rimanere deluso chi, avviandosi alla lettura di “Conversazioni sull’educazione” di Zygmunt Bauman, in collaborazione con Riccardo Mazzeo, immagina di leggere di argomentazioni aventi come oggetto centrale l’”Educazione”, sotto forma di conversazioni e dialogo fra il famoso pensatore e sociologo e un suo estimatore, intellettuale e amico.

Può forse rimanerne deluso o forse no; dipende dall’idea che il lettore ha maturato autonomamente dell’idea di educazione: certo, se il lettore si aspetta di vederla in qualche modo definita o descritta – per quanto questo impalpabile concetto sia sfuggente e poco cristallizzabile in rigide definizioni – come invece può succedere per esempio leggendo “L’educazione non è finita. Idee per difenderla” di Duccio Demetrio, non avrà soddisfazione; come pure non troverà analisi o percorsi di ricerca per una sua pratica traduzione operativa nella relazione educativa, come invece si evincono dall’inascoltato e inapplicato piccolo saggio “Educazione sostenibile” di Stephen Sterling.

Eppure Bauman ci parla di educazione, a modo suo. Lo fa dal punto di vista non dell’educatore bensì del sociologo, dell’attento e acuto osservatore di dinamiche sociali di cui ha fornito un’immagine quasi “onomatopeica” con la fortunata locuzione di “società liquida”.

In realtà ci parla, per contrasto, dell’assenza dell’educazione, affondando la lama delle sue lucide analisi in molti processi sociali (soprattutto l’imbambolamento consumistico con le sue nefaste conseguenze) letti come effetto dell’appannamento e del venir meno, a livello globale, di un solido e sedimentato substrato educativo in grado di orientare menti, scelte, relazioni.

Le non numerose volte che richiama espressamente il principio educativo, e sono comunque a mio avviso solo brevi incursioni, sbilanciate rispetto a ben più lunghe analisi sociologiche, lo fa citando, avvalendosi e condividendo idee di altri importanti pensatori contemporanei fra i quali, in particolare, Gregory Bateson o Edgar Morin.

Non risultano quindi di appagante lettura, a mio parere, queste “Conversazioni sull’educazione” per chi cerca risposte nell’educazione all’incertezza, alle insicurezze e alle paure dilaganti, allo sciogliersi dei legami, alla fuga di molti giovani nel virtuale, nella violenza, nell’isolamento.

Credo che non sia sufficiente, conversando di “educazione”, limitarsi a evocarla, auspicarne la necessità o “niente di meno che una genuina rivoluzione culturale…”, stigmatizzare la latitanza di politiche a loro volta imbrigliate e impasticciate nell’illusione di “governare” comunità sempre più “liquide”, turbolente, rotolanti.

E’, in fin dei conti, un’immagine amara della società, quella che emerge dalla lettura; l’impressione di un’umanità stanca e sfilacciata, ormai globalmente partecipe di tragedie e afflizioni ma tristemente impotente nei confronti di questo trascinamento polveroso, forse materialmente ricca in molte sue fasce ma meno felice di quanto cinquemila anni di storia e “sviluppo” potrebbero far immaginare e aver consentito.

Mentre l’“Educazione”, argomento centrale della conversazione fra Bauman e Mazzeo, risulta ai margini, schiacciata dalla modernità, fragile e impalpabile antidoto ai mali del mondo.

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