«Per vivere meno da stupidi bisogna semplificare»
Quella del «titolo» mi è sembrata la frase più significativa dell’articolo citato, quella che mi ha fatto decidere di scrivere una «pillola» sul fare una cosa per volta. Personalmente, se c’è una persona che è venuta a trovarmi, non rispondo neanche al telefono, per stare «totalmente» in sua compagnia. Se mangio, non rispondo al telefono. Se guardo un film non rispondo al telefono (per me è come se fossi andata al cinema e quando si va al cinema non si risponde al telefono, no?). Se sto lavorando a casa, magari su un testo che devo consegnare, non rispondo al telefono, o meglio, uso la segreteria telefonica come «filtro», così arriva una telefonata davvero urgente (ma non succede mai) lo sento e posso rispondere. Se vado a spasso con qualcuno non rispondo (anzi non risponderei, giacché non ho un telefono cellulare) al telefono, e trovo veramente triste l’immagine – ormai sempre più frequente – di due, magari una coppia, che passeggiano, distanti, ciascuno con il proprio telefonino all’orecchio… (danno moltiplicato: alla relazione in quel momento; alla passeggiata; alla comunicazione, sia con chi è dall’altro capo del telefono sia con chi non sta comunicando con noi perché sta telefonando e/o sta subendo la nostra telefonata; al cervello di chi parla; al cervello d chi ascolta; all’ambiente, con le onde elettromagnetiche; alle api; alla qualità della conversazione, sia quella al telefono sia quella che non sto avendo perché sono al telefono…).
Il giornalista che ha scritto la bella riflessione che voglio condividere con chi mi legge ne ha fatto una filosofia (anche se temporanea) di vita e cita i danni del «fare più cose contemporaneamente» (così di solito non se ne fa bene nemmeno una!). Per questo mi è piaciuto…
Solo andata, di Filippo D’Arino, «Torinosette», «La Stampa», 4 giugno 2010
Un po’ di coerenza, per cominciare. D’accordo allora, ci provo. In questo momento sto scrivendo e basta. Nessun altro impegno, neanche minimo. Mentre scrivo non ascolterò musica, notiziari o altro. […] Se il citofono suonerà, lo lascerò suonare. Se il cellulare inizierà a squittire, lo ignorerò. Non presterò attenzione alla posta elettronica. Ho spento tutto. Siamo solo io, la tastiera e il cursore che lampeggia sullo schermo. Il silenzio che c’è, vero silenzio non è: vuoi l’ottuso latrato del cane in esilio sul terrazzo dei dirimpettai; vuoi gli inspiegabili tonfi lungo le scale e sul pianerottolo. Rivorrei subito i miei gestibili e rassicuranti rumori di fondo, ma devo sforzarmi ed essere il più possibile «mono-tasking».
Perché sto scrivendo qualcosa sui danni dell’essere «multi-tasking», cioè del fare tante cose nello stesso momento. Dopo anni di rincoglionimento indotto sui vantaggi dell’essere efficienti in più situazioni contemporaneamente, hanno scoperto che il cervello in certi casi lavora male. Anzi, malissimo. Il multi-tasking non funziona. E adesso? Come si torna indietro? Secondo uno studio della Stanford University, chi è bombardato da troppi stimoli o fa troppe cose insieme è spesso disattento e inconsapevolmente confonde le cose rilevanti con quelle irrilevanti. […] Un certo A.J. Jacobs, giornalista- scrittore americano, ha provato a vivere facendo per davvero una sola cosa alla volta.
All’inizio, logicamente, ha rischiato di impazzire. Niente cene con la tv accesa. Nessuna telefonata leggendo, camminando, cucinando o lavorando. […] Per farcela, Jacobs si è iscritto a un corso di meditazione e ha cominciato a parlare da solo, ad alta voce, ovunque, focalizzando sempre il pensiero su ogni minimo gesto. Una follia. Che però ha funzionato. Alla fine dell’esperimento giocava con i figli senza controllare gli sms. Parlava con gli amici senza distrarsi con altro. Non male. […] forse è così che funziona. Per vivere meno da stupidi bisogna semplificare. […] Chi lo sa, potrebbe anche valerne la pena.
Come al solito, come in tutte le cose, ci vuole 'grno salis' cioè il mitico 'buon senso'.
E' verissimo che la vita attuale spesso ci richiede il 'multitasking' specialmente sul lavoro, ma questo non vuol dire che nella vita privata uno debba continuare a dare certe 'prestazioni' stancanti.
Spegnere il cellulare mentre si è con amici è una scelta educata ma si può anche scegliere di tenerlo acceso e rispondere "sono impegnato, chiamami più tardi oppure ti richiamo io quando sono sola". E comunque, se non è possibile non rispondere, non dilungarsi in chiaccherate infinite, mi sembra il minimo.
Il buon senso mi fa scegliere di non ascoltare musica mentre scrivo per lavoro ma la musica mi serve per ispirarmi se devo scrivere un pezzo poetico ed emotivamente coinvolgente, è tutto molto relativo.
Ognuno si deve regolare secondo le proprie necessità del momento, l'importante è il rispetto di se stessi e degli altri.
La saggia via di mezzo c'è sempre, basta cercarla.
Le prese di posizione radicali mi sembrano assurde e anacronistiche.
La cosa belle delle pillole di semplicità è che ogni volta che le leggo penso "Adesso provo anch'io!". Non sempre ci riesco ma, quasi sempre,ci provo. E' già qualcosa. Grazie, marina