Chiara Lalli, C’è chi dice no – Recensione di Nanni Salio

Chiara Lalli, C’è chi dice no. Dalla leva all’aborto. Come cambia l’obiezione di coscienza, Il Saggiatore, Milano 2011, pp. 233

Quest’anno cade il 40° anniversario dell’approvazione della legge 772 del 12 dicembre 1972 che riconobbe il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare e istituì il servizio civile alternativo. Una storia che attraversa tutto il secolo: dai primi e pochi, in Italia, obiettori di coscienza durante le prima guerra mondiale (nel mondo anglosassone furono decine di migliaia!), al caso Pietro Pinna che nel 1949 suscitò per la prima volta un’ampia attenzione nel mondo politico, con il sostegno di Aldo Capitini e la difesa dell’avv. Bruno Segre di Torino. Una lotta sofferta con centinaia di anni di carcere comminati a giovani che obiettavano per ragioni religiose, politiche, di adesione alla nonviolenza.

Ma cosa è successo in seguito a questa nobile forma di lotta, o come si suggerisce sin dal titolo: “come è cambiata la coscienza” ?

La ricerca condotta da Chiara Lalli non si limita all’obiezione di coscienza al servizio militare, che viene affrontata a grandi linee nei primi due capitoli. Non era suo obiettivo quello di ricostruire integralmente questa storia, affrontata da altri autori, sebbene meriterebbe di essere approfondita ulteriormente.

L’autrice ci conduce invece attraverso altre forme di obiezione che si sono man mano sviluppate, con caratteristiche, atteggiamenti, problematicità diverse: obiezione dei medici e del personale paramedico all’aborto e alla fecondazione artificiale; obiezione alla sperimentazione animale; obiezione dei farmacisti alla pillola del giorno dopo.

L’obiezione di coscienza passa nel corso del tempo dal “non uccidere”, relativo alla vita già formata,a quello della vita nascente (aborto), alle molteplici questioni sollevate dagli sviluppi della medicina e delle biotecnologie. Un panorama vasto, sebbene per completezza occorrerebbe includere anche il caso dell’obiezione di coscienza alle spese militari, che mette in rilievo molteplici difficoltà sia di ordine teorico sia sul piano legislativo.

Il fronte del rifiuto in nome della propria coscienza si è allargato, ma al tempo stesso frantumato. Chi obietta al servizio militare non obietta necessariamente all’aborto, e viceversa. Chi obietta all’aborto non obietta necessariamente alla sperimentazione animale, e così via.

Ma mentre gli obiettori al servizio militare hanno ottenuto il riconoscimento del loro diritto dopo decenni di lotta e di carcere, così non è avvenuto negli altri casi. Il peso della Chiesa è stato determinante per ottenere in tempi brevi e senza troppe angherie il diritto per medici e farmacisti, che possono allegramente continuare ad avere il porto d’armi, per fare solo un esmpio.

Ma sono anche altre le contraddizioni e le difficoltà che si incontrano trattando questa materia.

Nel capitolo su “la coscienza a sproposito”, l’autrice mette in evidenza casi sofferti di donne che si sono viste rifiutare l’aborto terapeutico e hanno dovuto affrontare serie difficoltà per soddisfare un loro diritto. Dopo aver descritto altri casi insoliti e tentativi di legiferare in materia, nel capitolo 9 si entra apertamente nel merito del diritto soggettivo di decisione in materia di vita e di morte da parte del paziente: “Se non vogliamo essere ridotti a polli, e non vogliamo ridurre gli altri a polli trapassati, la scelta deve essere garantita alle singole persone.”

La difficoltà di conciliare diverse morali dovrebbe renderci cauti quando enunciamo principi e formuliamo leggi in questa materia. E’ una difficoltà logica e filosofica che qui viene sfiorata, ma è ben presente all’autrice che la presenta in termini sintetici e chiari.

C’è ancora molto cammino da fare per ridare alle nostre coscienze un ruolo centrale, senza prevaricare su quelle di altre persone.

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