Nascono gli Stati Uniti d’America Latina – Claudio Borsello Baldi
Mentre l’Europa, Vecchio Continente, è tutta rivolta su se stessa e non riesce a vedere altro che la propria crisi finanziaria e lo spettro della propria fine, nel Nuovo Continente la cometa natalizia ha portato una lieta novella: la nascita, in coincidenza con il bicentenario delle lotte di liberazione bolivariane, della Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (CELAC) ossia gli Stati Uniti d’America Latina e del Caribe.
Si tratta del primo passo fondativo di un organismo che ingloba tutti e 33 gli stati delle Americhe esclusi U.S.A. e Canada; e che, con circa 550 milioni di abitanti e circa 7.000 miliardi di dollari di PIL, rappresenta la terza, se non addirittura la seconda (date le vicissitudini europee), area economica del pianeta.
Ma al di là dei dati e dei numeri, è interessante soffermarsi sui principi che questi “giovani” governanti stanno ponendo a fondamento del proprio progetto di comunità regionale, ed in particolare ci interessa confrontarli con il nostro (quasi fallimentare) progetto europeo.
A questo proposito è interessante citare la dichiarazione resa dal presidente nicaraguense Daniel Ortega in occasione della conferenza di Caracas del 2-3 dicembre 2011: “E’ importante guardare all’esempio dell’Unione Europea affinché non commettiamo gli stessi errori, ovvero che non sottomettiamo l’Unione latinoamericana ai dettami del libero mercato e del capitale finanziario speculativo. La nostra Unione sarà sottomessa solo ai principi di sovranità”.
Vengono di seguito proposti alcuni dei passaggi chiave della Dichiarazione di Caracas (firmata da tutti i 33 Capi di Stato e di Governo della CELAC il 3 dicembre 2011), che si può scaricare in versione integrale al link sotto riportato.
1. Le Cape ed i Capi di Stato e di Governo dei Paesi d’America Latina e del Caribe, riuniti a Caracas, […] nell’anno della commemorazione del Bicentenario dell’Indipendenza del Venezuela, ed in memoria ed omaggio alla immensa opera storica del Liberatore Simon Bolivar, concordano:
[…]
6. Coscienti delle sfide che la crisi economica e finanziaria internazionale presentano al futuro della nostra Regione ed alle nostre legittime aspirazioni di inclusione sociale, crescita equa, sviluppo sostenibile ed integrazione.
7. Convinti che l’unità e l’integrazione politica, economica, sociale e culturale dell’America Latina e del Caribe costituisce, più ancora che una aspirazione fondamentale dei popoli qui rappresentati, una necessità per affrontare con successo le sfide che ci si presentano come Regione.
[…]
10. Riconoscere che i nostri Paesi hanno progredito nei processi di integrazione regionale e subregionale e nella costruzione di diversi meccanismi negli ultimi decenni, riflesso della loro vocazione di unità e della loro natura diversa e plurale, che costituiscono un solido basamento a partire dal quale edifichiamo la Comunità che raggruppa tutti gli Stati latinoamericani e caraibici.
11. Coscienti dell’aspirazione comune di costituire società giuste, democratiche e libere …
[…]
12. Ratificare il nostro attaccamento ai Propositi ed ai Principi enunciati nella Carta delle Nazioni Unite, e nel rispetto del Diritto Internazionale.
[…]
Già nel preambolo, a sostegno della legittima aspirazione, se non addirittura necessità (imposta dalla globalizzazione), di una unione tra paesi appartenenti ad una stessa regione, vengono posti a fondamento principi non solo di mercato, come fu per la Comunità Economica Europea, che nasceva appunto come Mercato Comune, ma anche e soprattutto di giustizia ed inclusione sociale, di libertà ed equità, verso un’integrazione che si dichiara dovrà essere politica, economica, sociale e culturale. Si può dire: “Un bell’inizio!”, tenendo conto delle realtà variegate dei paesi che la compongono.
Ma la Carta non si limita a questo e, tenendo conto di una storia certamente diversa (e per certi versi complementare) rispetto a quella europea, prosegue:
17. Evidenziando la partecipazione dei popoli indigeni ed afrodiscendenti nelle lotte di indipendenza e riconoscendo i loro apporti morali, politici, economici, spirituali e culturali nella formazione delle nostre identità e nella costituzione delle nostre nazioni e processi democratici.
Dichiariamo:
21. Che conformemente al mandato originario dei nostri liberatori, la CELAC progredisca nel processo di integrazione politica, economica, sociale e culturale mantenendo un saggio equilibrio tra l’unità e la diversità dei nostri popoli, affinchè il meccanismo regionale di integrazione costituisca lo spazio idoneo per l’espressione della nostra ricca diversità culturale e a sua volta sia uno spazio adeguato per riaffermare l’identità dell’America Latina e del Caribe, la sua storia comune e le sue continue lotte per la giustizia e la libertà.
22. Che […] la CELAC si converta in uno spazio che rivendichi il diritto all’esistenza, preservazione e convivenza di tutte le culture, razze ed etnie che abitano nei paesi della regione, così come il carattere multiculturale dei nostri popoli, e plurinazionale di alcuni dei nostri paesi, specialmente delle comunità originarie che promuovono e ricreano la memoria storica, i saperi e le conoscenze ancestrali.
Quanto spesso l’Europa ha trascurato questi aspetti nei rapporti bilaterali con gli Stati dell’America Latina, dimenticandosi persino del proprio ruolo storico nella formazione della realtà antropologico-culturale che caratterizza tale continente!
Tuttavia, mentre per l’Europa le differenze tra popoli e culture continuano a costituire ostacoli all’integrazione, la neonata CELAC dichiara di volerne fare un punto di forza, specialmente in un mondo che non è più quello di 500 anni fa.
23. […] i processi di dialogo, scambio e negoziazione politica che si attivano da parte della CELAC devono realizzarsi tenendo conto dei seguenti valori e principi comuni: il rispetto del Diritto Internazionale, la soluzione pacifica delle controversie, il divieto di minaccia dell’uso della forza, il rispetto della autodeterminazione, il rispetto della sovranità, il rispetto della integrità territoriale, la non ingerenza negli affari interni di ciascun paese, la protezione e promozione di tutti i diritti umani e della democrazia.
[…]
25. Che è necessario continuare ad unificare gli sforzi ed i mezzi per incentivare lo sviluppo sostenibile della regione, concentrando gli sforzi sul crescente processo di cooperazione ed integrazione politica, economica, sociale e culturale per contribuire in tal modo al consolidamento di un mondo pluralista e democratico, giusto ed equilibrato, e in pace, spogliato del flagello del colonialismo e dell’occupazione militare.
Anche sul tema dell’uso della forza la dichiarazione è forte e precisa: non si limita ad una dichiarazione di intenti destinati, come nella Costituzione Italiana, a rimanere per lo più disattesi, ma ricollega la scelta non-armata (dire non-violenta sarebbe forse eccessivo) al proprio passato (anche recente) di area calpestata nella sua dignità dal flagello del colonialismo e dell’occupazione militare.
26. Che è necessario approfondire la cooperazione e la implementazione di politiche sociali per la riduzione delle diseguaglianze sociali interne al fine di solidificare nazioni capaci di raggiungere e superare gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
27. La necessità di progredire sulla base dei nostri principi nel rafforzamento e consolidamento della cooperazione latinoamericana e caraibica, nello sviluppo delle nostre complementarietà economiche e nella cooperazione Sud-Sud, come asse integrante del nostro spazio comune e come strumento per la riduzione delle nostre asimmetrie.
[…]
Di questi ultimi due punti analizzati è interessante notare il riferimento agli Obiettivi del Millennio. Traspare una consapevolezza che o saranno gli stessi Stati del Sud del mondo ad adoperarsi per raggiungerli (e ricordiamo che tra questi vi sono lo sradicamento della fame e della povertà, delle malattie curabili, la salvaguardia del pianeta) oppure non ci sarà nessun altro interessato concretamente a lavorarci.
Ci auguriamo, naturalmente, che ciò non rimanga lettera morta, ma si concretizzi al più presto in una realtà riconosciuta a livello mondiale. Fanno ben sperare i precedenti di Bolivia ed Equador che hanno inserito nelle proprie costituzioni nazionali il diritto al “Vivere Bene” e le posizioni a difesa del territorio e delle popolazioni indigene contro i tentativi di sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali.
Il programma di integrazione proseguirà nei prossimi mesi con una scaletta di incontri tematici per definire le linee guida per l’implementazione concreta dei principi enunciati nel documento allegato alla Dichiarazione di Caracas, ovvero il Piano d’Azione di Caracas 2012, e nei vari documenti approvati sui principali temi di discussione:
Statuto e procedure organizzative; ambito economico-commerciale; produttivo; sociale ed istituzionale; culturale; energetico; infrastrutture per trasporti, informatica e telecomunicazioni; sviluppo sociale e sradicamento della fame e della povertà; ambiente; assistenza umanitaria e protezione al migrante.
Le prossime assemblee generali della CELAC si terranno in Cile, nel 2012, e a Cuba, nel 2013.
Claudio Borsello Baldi (cittadino italo-peruano)
Links: Homepage CELAC <http://www.celac.gob.ve/> (in spagnolo)
Documenti approvati <http://www.celac.gob.ve/index.php?option=com_content&view=article&id=21&Itemid=3&lang=es> (da cui sono scaricabili anche le traduzioni francese, inglese e portoghese)
Documenti: Declaración de Caracas (es) – Dichiarazione di Caracas (en)
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