Diamo chance alla nonviolenza

Gianni D'Elia

Premesso che in questo momento la risposta migliore potrebbe essere quella di organizzare un grande bluff… far finta fino all’ultimo di organizzare la manifestazione a Giaglione e invece passandoci la voce uno ad uno radunarsi in piazza Castello a Torino dove si potrebbe organizzare uno scarico di candelotti usati davanti alla Regione o recintare la Regione con del nastro o della recinzione in plastica o cose del genere….sit-in in strada…blocchi…lanci di uova (vecchie) o pomodori (marci) contro il palazzo della Regione…

Che impatto e che forza ironica avrebbe!!

In ogni caso, senza sottrarsi, chi è mosso da finalità e pratiche nonviolente ha il dovere di indicare comunque modalità e strategie affinché si trovino strade alternative a quello che abbiamo visto a Roma consapevoli che oggi le forme del nuovo hanno a che fare con la nonviolenza, con la disubbidienza civile a leggi ingiuste, con l’obiezione di coscienza, con forme di boicottaggio e non collaborazione e, come dice Andrea Morniroli (in una riflessione sui fatti di ieri) con la capacità di auto-organizzazione e auto-rappresentazione attiva e partecipata e non certo con lo scontro fisico.

Se la nonviolenza rimanda ad un lavoro quotidiano e continuativo a diversi livelli (personale, relazionale, sociale, globale) per costruire una società migliore di questa essa è anche cercare forme di lotta efficaci, determinate, organizzate e preparate con cura. Forme di lotta che occupino lo spazio tra il puro e spesso velleitario manifestare e la degenerazione nella protesta violenta che genera solo altra violenza e imbarbarimento delle persone e delle relazioni.

Chi si muove intorno a questa idea non credo debba porsi il problema di vincere, di creare recinti, di decidere chi sono i buoni e i cattivi, di cadere in facili moralismi…sente solo la responsabilità di trovare i modi (possibilmente insieme ad altri) più creativi e coraggiosi possibili per cambiare lo stato delle cose attuale per molti versi insostenibile, soprattutto per chi fa più fatica.

In questo senso, occorre essere disposti a pagare di persona affinché chi usa violenza e la ordina, chi opprime e genera ingiustizie sia persuaso oppure costretto dalla lotta perseverante a cedere, a mollare, a retrocedere…

Allora in questa direzione, per la manifestazione di domenica 23, suggerisco qualche ulteriore accorgimento già in parte emerso nella riunione preparatoria di Vaie la scorsa settimana:

bisogna essere consapevoli che si compie un’azione illegale che potrebbe avere delle conseguenze… le reti sono illegali ma sono state messe dalle autorità costituite;

il grosso della manifestazione (se verrà tanta gente) dovrebbe fermarsi a Giaglione. Chi vuole può andare fino alla Clarea. Invece, le persone che vanno alle reti devono essere conosciute (persone della val susa, persone dei comitati, anche non dei comitati ma persone conosciute;

le persone che vanno alle reti, in questo senso, non devono essere più di 500 o comunque tutte conosciute;

le persone che vanno alle reti sono quelle che hanno condiviso la strategie e la disciplina dell’azione (questa deve essere consegnata a tutti per scritto);

chi va alle reti deve avere un segno di riconoscimento (ad es.una maglietta bianca o colorata…)

alle reti si va in gruppi di persone (max 20-30) che si conoscono e che sono affiatate tra di loro in modo che aiutino e si capiscano in caso di difficoltà;

si raggiungono le reti in silenzio e quando si è tutti davanti, al fischio di sirena il “possibile” taglio può iniziare;

l’azione non prevede l’entrata o la “conquista” ma trattandosi di azione dimostrativa ha un termine…chi aziona la sirena d’inizio deve anche azionare la sirena di fine azione; 2-3 persone si prendano la responsabilità di far chiudere l’azione (es. taglio della prima rete di recinzione) e di far suonare la sirena;

si va alle reti con il volto scoperto e con le mani nude o con le cesoie.

in caso di lancio di lacrimogeni, chi la possiede e vuole metterla, può indossare la maschera antigas, ma solo la maschera antigas e non altro;

in caso di lancio di lacrimogeni immediato, si mantiene la calma e si arretra in buon ordine in Clarea o anche più in là. Finiti i fumi si può tornare e riprendere l’azione sempre partendo dalla Clarea e sempre cercando di posizionarsi davanti alle reti tutti insieme;

non si devono mai offendere i militari, non sono loro, in quanto persone, i nostri nemici (o la lezione di Pasolini è superata?)

il successo dell’azione è già nell’averla indetta e mantenuta in questo momento e lo sarà tanto più sarà determinata e nonviolenta;

il grado di popolarità di un movimento non si misura dagli applausi ricevuti nelle manifestazioni (dove siamo tra vicini) ma dall’aumento di consenso tra la popolazione indifferente e dal sapersi inserire tra le contraddizioni del sistema;

se qualcuno viene fermato deve cercare di farsi riconoscere subito e si devono avvertire immediatamente i legali.

 

17 ottobre 2011

Gianni D’Elia (Coordinamento Notav Valsangone e collina morenica)

 

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