Tre Alberti uniti non solo nel nome. Nati lo stesso giorno (come numero), il 14 – Recensioni di Cinzia Picchioni

Uno è Albert Einstein, l’altro è Albert Schweitzer e il terzo è l’autore del primo libro che presentiamo e che raccoglie alcune lettere che i primi due Alberti si sono scambiati; si sono incontrati solo due volte e si sono scritti per tutto il periodo dal 1948 al 1955, non molte lettere in verità (o almeno poche quelle conservate).

Uno medico e teologo, l’altro scienziato e filosofo, Schweitzer luterano, Einstein ebreo, premi Nobel (Schweitzer per la Pace nel 1952, Einstein per la Fisica nel 1921), i due grandi uomini erano uniti dalla comune presa di coscienza del fatto che – a causa del progresso tecnologico e scientifico – l’umanità era divenuta precaria. E tutti e due hanno sentito l’impellente bisogno di dare l’allarme. Un allarme che dura ancora oggi, anche se non tutti siamo consapevoli del pericolo che corriamo e di cui i due grandi saggi ci hanno avvertiti.

Schweitzer: «L’uomo è diventato un superuomo […] Il superuomo soffre però di un infausto difetto spirituale: non riesce a impiegare una razionalità superumana, corrispondente al potere superumano che possiede […] per realizzare solo ciò che è sensato e buono, senza suare il suo potere per uccidere e sterminare. […] le acquisizioni raggihunte nel campo della scienza […] gli sono divenute fatali. […] in quanto superuomini, siamo diventati non-uomini. (queste parole nel libro sono a pp. 17-8 – con riferimenti a Hannah Arendt – ma sono tratte da Rispetto per la vita, Claudiana, Torino 1994).

Schweitzer morì (il 4 settembre 1965) dopo Einstein (il 18 aprile 1955) e si sentì come chiamato a raccoglierne l’eredità, prendendo posizione fortemente sui temi cari a Einstein – le armi atomiche principalmente. Schweitzer, da medico, ci avvertiva del pericolo rappresentato dalle radiazioni, che non si distribuiscono in modo uniforme nel corpo, ma si depositano accumulandosi in certi punti da dove irraggiano gli organi più sensibili, in un’azione che dura anni, giorno e notte (p. 32!!!)

D’altra parte Einstein aveva già dichiarato – nel 1953 – che in Africa viveva uno dei più grandi uomini dei tempi moderni, sostenendo che fosse l’unico occidentale ad avere avuto un’influenza morale paragonabile a quella di Gandhi.

Insomma si apprezzavano a vicenda, questo è certo.

 

Per curiosità ho scoperto che non solo si chiamavano con lo stesso nome, ma erano anche nati lo stesso giorno (come numero, il 14) e guardando le copertine dei due libri che presentiamo ho notato (non che non l’avessi già fatto, ma vedere le foto in copertina è stato «forte») la somiglianza fisica. E ho trovato, fra le lettere contenute nel libro, quella della segretaria governante di Einstein che aveva visto un film su Einstein e si è affrettata a scrivergli per congratularsi e per parlare della somigllianza tra i due: «[…] questa somiglianza fisica è stata un fatto commovente. La cosa non meraviglia se si pensa alle parole “È lo spirito che crea il corpo”» (p. 63). La governante, signora Helene Duks, fornì alcune delle lettere scambiate con Schweitzer, quando dopo la morte dello scienziato si trovò a riordinare i suoi scritti (lei fu nominata tra i fiduciari degli scritti).

Le ultime pagine (67-92) contengono due cronologie separate della vita dei due scienziati, e una Bibliografia (libri di e su di loro).

Bello, commovente, sorprendente (leggere il pensiero di due grandi, espresso in una forma diversa da come siamo abituati (saggi, conferenze ecc.) è molto toccante e «umano». In fin dei conti sembrano due amici che si scrivono, ma essendo loro due, trattano di temi «alti». Un libro da tenere, quando ci viene il dubbio di essere «dalla parte giusta» (magari ascoltando qualcuno che alla televisione sostiene che a Fukushima non c’è stato un solo morto).

Alberto Guglielmi Manzoni, Pace e pericolo atomico, Claudiana, Torino 2011, pp. 96, € 9,00

Se le lettere non sono molte, gli scritti di Albert Schweitzer sono invece numerosissimi (in circa 60 anni, dal 1899 al 1958), «dalla giovinezza a Lambarené» come recita il sottotitolo del secondo libro che recensiamo; qui il Centro Studi A. Schweitzer ha voluto analizzare meglio il pensiero dello scienziato «nell’alternanza delle sue ricerche e dei suoi entusiasmi, per meglio comprenderne la conseguente azione sociale da lui svolta, che si sforza di essere un’etica di amore aperta a tutta la creazione nella libertà dell’uomo che è sempre continuamente posta dalla coscienza morale. “Bene è mantenere e propagare la vita, male è annientare e ostacolare la vita”» (p. 9).

Il libro è più per chi conosce già un po’ il pensiero di Schweitzer e intende approfondirlo, insieme al curatore – Dario Fiorensoli – e con tutti gli autori dei sette contributi che compongono il libro (teologia, escatologia, cristianesimo, mistica, etica, rispetto per la vita, senso religioso).

In fondo c’è poi un’Appendice con una conferenza tenuta da Schweitzer (a Birmigham nel 1922), una cronologia essenziale e una bibliografia ragionata delle opere di Scweitzer.

Scrive così il curatore:

«Mi auguro che capiremo meglio, al termine degli interventi qui pubblicati, cosa possono dirci l’opera letteraria di Albert Schweitzer, sviluppatasi attraverso numerosissimi scritti nell’arco di circa sessant’anni (dal 1899 al 1958), e la sua coerente, costante azione etica e sociale […]» p. 10.

Centro Studi Albert Schweitzer, Il pensiero di Albert Schweitzer, dalla giovinezza a Lambaréné, Il Segno dei Gabrielli, San Pietro in Cariano, 2010, pp. 176, € 14,00

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