Soltanto per loro. Superiori a chi? Le ragioni per un nuovo antispecismo – Leonora Pigliucci
Si può avere una visione della realtà razionalmente e moralmente accettabile che eluda la tragedia della sofferenza animale? E’ possibile continuare a cibarsi di animali, ma farlo in modo etico? Da questi interrogativi prende le mosse il saggio “Soltanto per loro”, scritto da Leonardo Caffo, giovanissimo (classe 1988) laureando in scienze filosofiche dell’Università di Milano.
Se c’è un merito che va riconosciuto immediatamente a questo libro, dalla popolarità crescente tra gli attivisti animalisti, è quello di saper introdurre, con un linguaggio accessibile, anche i non addetti ai lavori al dibattito in corso sui cosidetti animal studies, che è oggetto di vivissimo scambio nell’ambito accademico della filosofia morale e del diritto dei paesi anglosassoni e che in Italia è animato autorevolmente da studiosi che nella maggior parte fanno capo alla rivista filosofica Liberazioni.
Nel libro di Caffo la questione animale, definita come “la tragedia dei nostri tempi”, si presenta nella sua rilevanza etica e sopratutto nell’urgenza di essere trasferita sul piano dell’agire politico. L’ obiettivo di “Soltanto per loro” è allora offrire agli attivisti gli strumenti utili a creare un forte inquadramento teorico a quello che solitamente è un agire “di pancia”, che prende le mosse da uno slancio empatico, e che si scontra con un’indifferenza generalizzata incomprensibile a chi sente la sofferenza animale sulla propria pelle.
L’autore scandaglia le basi su cui poggia l’inossidabile pregiudizio della presunta superiorità ontologica dell’essere umano, sopratutto la filosofia di Cartesio che ha relegato gli animali al ruolo di automi privi di sentimento, e spinge il lettore alla consapevolezza di come le fondamenta dell’antropocentrismo siano state già smantellate in modo esauriente dai pensatori del cosiddetto antispecismo di prima generazione (e in primis dall’utilitarista Peter Singer) che ha fatto riferimento all’etologia e alla biologia per dimostrare come somiglianza e prossimità impediscano di tracciare una linea netta tra “noi” e “loro” e che, non potendosi trovare in natura le ragioni di una frattura etica e ontologica sui cui basare la discriminazione, i loro interessi dovrebbero valere come i nostri.
Eppure questa presa di coscienza non è bastata a salvare vite, visto che nella sostanza, anche se in forme addolcite, dovute a un generico aumento della sensibilità per la sofferenza animale (si pensi al diffondersi degli allevamenti biologici e all’aperto), la pretesa legittimità da parte degli umani di disporre di loro è rimasta intatta. Perché? Caffo sottolinea i limiti delle prime formulazioni della liberazione animale, inefficaci per aver peccato ancora di antropocentrismo, nell’aver tenuto le caratteristiche umane come il fulcro di ciò che dovrebbe comportare la considerazione morale.
Ci sono le ragioni, invece, come affermano i teorici dell’antispecismo di seconda generazione, per operare una svolta molto più profonda e, anzi, il movimento di liberazione animale ha i numeri per porsi come apripista di un’emancipazione totale che abbracci tutti gli oppressi. A ben vedere, infatti, ci spiega l’autore, lo sfruttamento animale, più del sessismo o del razzismo, è l’oppressione in assoluto più radicale, «l’oppressione dell’altro in quanto tale», il fondo di ogni discriminazione da cui trae origine la plausibilità stessa della riduzione dell’altro da sé.
Per argomentare questo punto, Caffo fa un interessante riferimento al nostro linguaggio quotidiano, all’utilizzo comune di frasi come «trattato come un animale» o al senso dispregiativo del sostantivo «bestia», che rivelano come tutti noi accettiamo l’esistenza di una dimensione di mancanza di diritto, abitata dagli animali, in cui all’occorrenza si può spingere il “diverso” da noi. Che succederebbe allora se questo meccanismo venisse riconosciuto e scardinato, se quel luogo abitato dai bruti venisse svuotato?
Per compiere la svolta, secondo l’autore, si deve ricucire la frattura che separa l’animale uomo dagli altri animali, scoprire l’unità di tutte le creature coscienti in una nuova filosofia della vita e del corpo e poi ritrovare nella dimensione fisica le uniche basi possibili del diritto. Corporeità, espressione e morte accomunando tutti i viventi animali, mettono l’uomo in un continuum con la natura in cui solo si può riconquistare l’autenticità perduta.
Sorprendentemente poi, nell’affermazione dell’assoluta prevalenza del piano immanente, si apre lo spazio anche per un incontro con le religioni: cristianesimo e buddismo, dice l’autore facendo riferimento a profeti e teologi, prospettano una dimensione pacificata, priva di gerarchie ontologiche, dove la fratellanza abbracci tutti gli individui animali, e indicano la presenza di Dio nelle molteplici (e dunque di ugual valore) manifestazioni della natura. Le istanze della religione lette in questo senso si intrecciano alle solide ragioni dell’antispecismo filosofico razionalista, che riporta l’uomo all’indeterminato e all’essenzialità della natura corporea, e così fonda l’inviolabilità della vita di tutte le creature coscienti.
La conseguenza di questo ragionamento è un ripensamento degli argomenti oggi più in voga tra gli attivisti per i diritti animali: non serve l’antivivisezionismo scientifico, che punta al superamento della sperimentazione animale non per ragioni etiche ma per la sua inefficacia scientifica, né i discorsi ambientalisti che promuovo la dieta vegana perché meno inquinante. Serve una vera rivoluzione, che non cerchi di “elevare” gli animali all’uomo superiore, ma sveli la parità di tutti gli individui nella differenza, schiuda lo spazio per un incontro con l’Altro animale in una dimensione in cui “tutto parla”, dove disinnescare la possibilità della discriminazione di chiunque. Per dirla con Elias Canetti: «Solo se ci sdraiamo in terra tra gli animali, possiamo vedere le stelle che ci salvano dall’angosciante potere dell’uomo».
Leonardo Caffo, Soltanto per loro. Un manifesto per l’animalità attraverso la politica e la filosofia”, Aracne 2011, pp. 131, 9,00 euro.
Fonte: http://www.zappingrivista.it/primo/stampa.php?nn=5020
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