Aldo Capitini tra memoria e profezia

Raffaello Saffioti

LA MARCIA PER LA PACE PERUGIA-ASSISI (1961-2011) – UN CONTRIBUTO ALL’INCONTRO DEL CIPAX (Roma, 8 giugno 2011)

L’incontro del prossimo 8 giugno a Roma organizzato dal CIPAX con altre associazioni su “Aldo Capitini, apostolo della nonviolenza”, con l’intervento di Roberto Mancini, Flavio Lotti e Fabrizio Truini, può servire al ricordo e all’attualizzazione del pensiero e dell’opera di uno dei Maestri della nonviolenza, essendo l’incontro inquadrato nel programma del CIPAX “La pace in cammino: attualità di maestri, esperienze e metodi”.

1) Conoscere per ricordare. Nella memoria del passato cercare la traccia del futuro

Per conoscere Capitini, una prima chiave di lettura si può cercare nel suo scritto autobiografico Attraverso due terzi del secolo. In esso leggiamo:

“Nel campo della nonviolenza, dal 1944 ad oggi, posso dire di aver fatto più di ogni altro in Italia. Ho approfondito in più libri gli aspetti teorici, ho organizzato convegni e conversazioni quasi ininterrottamente, ho lavorato per l’obiezione di coscienza, ho promosso, attraverso il Centro di Perugia per la nonviolenza, i convegni Oriente-Occidente, la Società vegetariana, la marcia della Pace da Perugia ad Assisi del 24 settembre 1961, e poi il Movimento nonviolento per la pace e il periodico “Azione nonviolenta” che dirigo. (…) Sono, insomma, riuscito a far dare ampia cittadinanza, nel largo interesse per la pace, alla tematica nonviolenta. Come teoria e come proposte di lavoro, la nonviolenza in Italia ha una certa maturità” (“Attraverso due terzi del secolo”, 1968, in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Perugia, Protagon,1992, p. 11).

Se poi si scorrono i titoli delle opere che scandiscono le vicende della sua vita, si possono notare i temi prevalenti e ricorrenti.

“Libero religioso e rivoluzionario nonviolento”, sono le parole dell’epigrafe dettata per la tomba di Capitini dal suo amico Walter Binni.

“Il carattere peculiare dell’opera capitiniana risiede nell’unione, meglio nella fusione, di religione e politica” (Norberto Bobbio nella Introduzione a A. Capitini, Il potere di tutti, Firenze, La Nuova Italia, 1969, p. 16).

“La dimensione religiosa è ciò che accomuna la prassi rivoluzionaria di tutti i grandi profeti della nonviolenza (Tolstoj, Gandhi, Capitini, Luther King), e volerla elidere porterebbe a uno snaturamento e a una riduzione della nonviolenza ad antimilitarismo, o a tecnica strumentale della politica per conseguire alcuni risultati.

…Capitini è stato un profeta, e come tutti gli autentici profeti era in anticipo di decenni sulla storia italiana, pagando di persona una estrema solitudine. Ma è la sua profezia che lo rende estremamente attuale, e la sua presenza è destinata a crescere sempre di più in uno scenario di crollo delle ideologie, che era forse necessario affinché il suo messaggio trovasse un maggiore successo pratico.

…Il destino singolare del profeta è quello di farsi portatore di una novità che risulta <sgradevole> e spaventa i contemporanei, per cui paga la sua missione con una condizione di estrema solitudine: prima irriso, poi perseguitato e solo alla fine ascoltato e rispettato” (Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 1998, pp. 9, 117, 119).

2) Capitini, tra i “filosofi profeti”

Il filosofo calabrese Domenico Antonio Cardone (Palmi, 1902-1986), candidato al Premio Nobel per la Pace del 1963, amico di Capitini, promotore di una “intesa etica tra i filosofi di tutto il mondo”, richiamando la grande tradizione della filosofia profetica, lo collocò tra i “filosofi profeti” del nostro tempo, “nella non nutrita schiera di quei pensatori (…) che, lungi dal limitarsi al crogiolamento teoretico nelle coclearie accademiche, hanno cercato di fare della filosofia un continuo fermento di vita nuova” (Recensione del libro di Arrigo Colombo, Il destino del filosofo, del 1971, nella rivista “La Cultura”, X, 1972).

Cosa direbbe oggi Capitini? Come ricordarlo nel Cinquantesimo anniversario della prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi?

Capitini ormai appartiene non solo alla storia d’Italia ma anche alla storia mondiale della nonviolenza. In questi cinquant’anni l’Italia ed il mondo sono profondamente cambiati.

“Il varco attuale della storia” di cui aveva detto Capitini si è allargato, e la nonviolenza è in cammino, pur tra ambiguità e contraddizioni. La teoria e la pratica della nonviolenza hanno avuto notevoli sviluppi. Capitini ha fatto scuola e hanno fatto scuola altri grandi maestri. Il movimento per la nonviolenza si è sviluppato e può essere considerato tra i movimenti storici più importanti del XX secolo, uno dei segni del nostro tempo. Si è sviluppato anche all’interno del mondo cattolico, come dimostra questo incontro.

Ma rimangono attuali ancora le parole di don Milani nella “Lettera ai giudici” del 1965: “Ho evitato apposta di parlare da non-violento. Personalmente lo sono. (…) Ma la non-violenza non è ancora la dottrina ufficiale di tutta la Chiesa”.

Possiamo dire con Capitini che la nonviolenza fu innominata e incompresa dal Concilio.

Capitini che era andato due volte a Barbiana per parlare di nonviolenza scrisse, concludendo, in Severità religiosa per il Concilio (1966):

“Ma gli esseri sono più delle istituzioni; i cattolici, con nuovo fervore, cercano, incontrano, discutono, s’impegnano. Severità religiosa per il Concilio; rispetto per la Chiesa; affetto per i cattolici”.

C’è un passato che non va ignorato, né rimosso. Non dobbiamo dimenticare la storia del rapporto di Capitini con la Chiesa cattolica. Non dobbiamo dimenticare il Decreto del Sant’Uffizio del 1956 con il quale veniva condannato e inserito nell’ “Indice dei libri proibiti” il libro Religione aperta e che manifesti a stampa affissi alle porte delle chiese di Perugia “davano la notizia della scomunica e invitavano i fedeli a disertare il C.O.R.” (Maurizio Cavicchi).

3) Cosa significa oggi “l’opposizione integrale alla guerra”?

Le guerre non sono finite e la violenza ha rinnovato le sue tecniche e le sue strategie.

Rimane più che mai attuale il primo punto della “Carta” del Movimento Nonviolento, che lo ha riaffermato come “La prima fondamentale direttrice d’azione” nella rivista “Azione nonviolenta” (n. 4, aprile 2011).

La Tavola della Pace e il Movimento Nonviolento stanno lavorando insieme nell’organizzazione della Marcia ed è impegnativo il documento sottoscritto da Flavio Lotti e Mao Valpiana, nel quale si legge:

“La celebrazione del 50° anniversario della Marcia per la pace Perugia-Assisi è una grande occasione per riflettere su quella straordinaria iniziativa e sull’energia che ha generato e per riscoprire la figura e il messaggio di Aldo Capitini.

Nonviolenza è la prima delle sette parole che abbiamo posto al centro del percorso che ci porterà alla Marcia Perugia-Assisi del 25 settembre 2011. Una parola e un valore che abbiamo bisogno di riscoprire, rivalutare e ricollocare nella nostra vita come nella società”.

Su “Azione nonviolenta” (1-2, 2011) Mao Valpiana ha scritto: “Nessuno vuole che questa storica Marcia rischi di diventare una ritualità o una tradizione”.

La Marcia è un banco di prova della cultura della nonviolenza ed ha bisogno di proposte nuove e molteplici per non tradire il suo spirito originario e quello del messaggio capitiniano.

Le ultime guerre (cinque negli ultimi venti anni: Golfo persico, Kosovo, Iraq, Afghanistan, Libia) interpellano sia il movimento per la pace che il movimento nonviolento e non possiamo ignorare il dibattito che si è acceso sulla stampa sul “nuovo pacifismo” dopo lo scoppio della guerra in Libia, come non possiamo ignorare la domanda: perché il movimento pacifista non è riuscito ad impedire il sorgere di questa nuova guerra?

Abbiamo notato come la cultura del dominio operi, oltre che con le armi tradizionali, anche con la perversione del senso delle parole in generale e, in particolare, delle stesse parole “guerra” e “pace”, fino a parlare di “guerra umanitaria”. C’è una grande confusione, le parole vengono manipolate e svuotate del loro significato autentico. La pace con le armi è follia (Giovanni XXIII: “bellum alienum a ratione”).

La Marcia dovrà dire solennemente, anche con un cartello, un forte e univoco:

NON CI SONO “GUERRE UMANITARIE”!

Abbiamo un grande bisogno di informazione.

L’incontro del CIPAX e la preparazione della Marcia debbono servire a diffondere la notizia che la Camera ha approvato il 9 marzo 2011 la Proposta di Legge su “Disposizioni per la promozione e la diffusione della cultura della difesa attraverso la pace e la solidarietà” N. 2596-3287-A, il cui testo approvato all’unanimità è passato al Senato. La Proposta di Legge, già nella formulazione del titolo, si rivela ambigua e contraddittoria e più ancora nell’articolo 1 che recita:

“La presente legge è finalizzata alla promozione, alla diffusione e alla crescita della cultura della difesa attraverso la pace e la solidarietà, intesa come l’insieme delle conoscenze poste alla base della condivisione consapevole dei cittadini delle politiche di sicurezza e di difesa della nazione e dell’azione delle Forze armate”.

Così avviene lo svuotamento del senso autentico delle parole “guerra” e “pace”. La cultura della guerra cerca di insinuarsi nell’educazione, la scuola rischia la militarizzazione e l’educazione alla solidarietà e alla pace viene affidata ai militari (leggere: Pasquale Pugliese, “La pedagogia della scuola delegata ai militari”, in “Azione nonviolenta”, n. 1-2, gennaio-febbraio 2011).

Lo scorso anno Flavio Lotti, a nome della Tavola della Pace aveva rivolto l’Appello “Diciamo no alla legge Balilla” contro un Progetto con la firma congiunta dei Ministri La Russa, Meloni e Tremonti.

Ora è il caso di richiamare l’invito rivolto con una lettera nello scorso aprile da Rocco Altieri, per il Centro Gandhi, a Flavio Lotti e Mao Valpiana ad alzare la voce per “contestare questa legge nefasta che reintroduce un militarismo edulcorato e che rappresenterebbe una pietra tombale per l’obiezione di coscienza e le aspirazioni sincere a educare i giovani alla pace”. Seguiva la richiesta di “attivare tutte le strade possibili perché sia scongiurato proprio nel cinquantesimo anniversario della Marcia Perugia-Assisi, un simile smacco alla memoria di Aldo Capitini”.

C’erano già stati alcuni segnali anticipatori della Proposta di Legge come il Progetto “Allenati per la vita” promosso dal Ministro della Istruzione con il Ministro della Difesa e come la “Giornata della solidarietà” del Comune di Pisa il 27 aprile scorso con i bambini delle scuole nella caserma della Folgore. Questa iniziativa, però, ha incontrato una forte opposizione espressa con lo slogan “NO AI BAMBINI IN CASERMA”, ampiamente documentata da un blog.

Dall’incontro del CIPAX uscirà l’impegno per una grande mobilitazione con una campagna di informazione per impedire l’approvazione definitiva della legge?

In una foto della prima Marcia per la Pace (riprodotta sulla copertina del libro di Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita Editore, 2005) si vede Aldo Capitini reggere un grande cartello con su scritto SCUOLE NON CASERME.

Un cartello con la scritta

NO AI BAMBINI IN CASERMA

può aprire la Marcia del Cinquantenario?

4) Una proposta conclusiva: NO AI CAPPELLANI MILITARI

Un momento centrale del programma della predetta “Giornata della solidarietà” era la celebrazione della Messa in caserma. Con la mia Lettera aperta all’Arcivescovo di Pisa “La coscienza dice No alla Messa in caserma” (“Mosaico di pace”, n. 4, aprile 2011), rilevavo l’ideologia militarista sottesa a quella manifestazione che ho visto come occasione per richiamare il pensiero di Aldo Capitini sul Concordato del 1929. Con esso la Chiesa aveva ottenuto, tra altri privilegi, la presenza dei cappellani militari tra le forze armate italiane.

Per Capitini era un tradimento del Vangelo da parte della Chiesa cattolica.

“Guardando il fascismo, vedevo che lo avevano sostenuto in modo decisivo due forze: la monarchia (…); l’alta cultura (…). C’era una terza forza: la Chiesa di Roma. Se essa avesse voluto, avrebbe fatto cadere, dispiegando una ferma non collaborazione, il fascismo in una settimana. Invece aveva dato aiuti continui.

Si venne alla Conciliazione tra il governo fascista e il Vaticano. La religione tradizionale istituzionale, cattolica, che aveva educato gli italiani per secoli, non li aveva affatto preparati a capire, dal ’19 al ’24, quanto male fosse nel fascismo; ed ora si alleava in un modo profondo, visibile, perfino con frasi grottesche, con prestazioni di lavoro disgustose, con reciproci omaggi di potenti, che deridevano alla ‘scuola liberale’ e ai ‘conati socialisti’, come cose ormai vinte!

Se c’è una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista, è di aver chiarito per sempre che la religione è una cosa diversa dalla istituzione romana.

(…) La Chiesa romana credette di ottenere cose positive nel sostenere il fascismo, e realmente le ottenne. Ma per me quello fu un insegnamento intimo che vale più di ogni altra cosa”.

(Aldo Capitini, “La mia opposizione al fascismo”, estratto dal “Ponte” – Anno XVI – N. 1 gennaio 1960, pp. 3-4)

L’incontro del CIPAX dovrebbe proporre per la prossima Marcia un cartello con la scritta

NO AI CAPPELLANI MILITARI.

Il pensiero di Capitini sul Concordato, visto nel contesto del suo pensiero religioso e politico, rimane quanto mai attuale, considerata la quasi inesistenza del movimento anticoncordatario. Si tratta di un tema molto scomodo, ma richiama alla fedeltà verso il messaggio autentico di Capitini.

Palmi, 23 maggio 2011
Raffaello Saffioti
Centro Gandhi – Quaderni Satyagraha
[email protected]


 

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