Dialoghi con Norberto Bobbio. Su politica, fede e nonviolenza

Massimiliano Fortuna

Enrico Peyretti, Dialoghi con Norberto Bobbio. Su politica, fede e nonviolenza. Con trentanove lettere inedite del filosofo, Editrice Claudiana, Torino 2011, pp. 256, euro 15,00

Filosofare con il punto interrogativo

Qualche anno fa, durante un seminario sulla democrazia al Centro Gobetti, mi è capitato di sentire uno dei partecipanti accennare a Norberto Bobbio come un pensatore analitico e un po’ “freddo”, quasi distaccato e isolato entro una dimensione di studio. Un’interpretazione discutibile, infatti qualcuno ribatté immediatamente che questo quadro non corrispondeva in nulla al ritratto di Bobbio, che se è stato un filosofo analitico e, per certi aspetti, sistematico, di certo “freddo” non lo fu mai, anzi si è sempre distinto per passione e calore.

Mi è venuto in mente questo episodio leggendo il recente libro di Enrico Peyretti, Dialoghi con Norberto Bobbio su politica, fede e nonviolenza (Claudiana 2011), perché in favore della seconda posizione porta un’evidente testimonianza. Peyretti ripercorre in questo libro il carteggio tra lui e Norberto Bobbio, che si svolge durante gli ultimi venti anni di vita di quest’ultimo, a partire dal 1984 fino alla morte, avvenuta nel 2004, anche se l’ultima lettera di Bobbio porta la data del 13 giugno 2000. Attorno alle 39 lettere inviategli da Bobbio (più una quarantesima che non compare perché ritenuta privata) Peyretti ha costruito un libro affascinante e per certi aspetti commovente. Ricostruendo il contesto delle discussioni intercorse fra lui e il famoso filosofo e ripercorrendo i loro dialoghi, non immuni da divergenze ma sempre improntati ad un cristallino rispetto reciproco, l’autore ha finito per edificare un testo in cui rende omaggio alla saggezza di Bobbio e, aprendo piccoli squarci sulla sua vita privata, lo ha fatto rendendoci una figura viva, un maestro di dialogo che continua a dialogare con quanti sappiano tenerne viva la memoria.

È il fascino degli epistolari, nei quali il pensiero dei grandi autori spesso ha modo di manifestarsi in una sorta di suggestivo “dietro le quinte”, in formazione per così dire e in stretta connessione con la vita quotidiana. Del resto è stato Bobbio stesso a notarlo nella sua Autobiografia: «nelle mie lettere non posso fare a meno spesso di parlare di me, e quindi esse finiscono per essere un diario, se pure involontario» (Laterza 1997, p. 249). E il Bobbio che emerge da questo piccolo diario di 39 lettere è tutto tranne che uno studioso algido e distaccato. La passione civile di Bobbio ha caratterizzato tutta la sua vita e alcune delle lettere a Peyretti sono lì a provarlo, ma negli ultimi anni altre questioni sono diventate cruciali: la riflessione sul male, sulla vecchiaia e sulla morte, sulla religione come sensibilità verso il mistero dell’essere uomo. Insomma temi più spiccatamente “esistenziali”, attenzione rivolta alle “cose ultime”, tutta la tradizione della filosofia intesa come stupore e come domandare tormentoso. Il “calore” della connessione fra pensiero e vita, la loro dipendenza reciproca non potrebbero essere più evidenti, fino ad arrivare all’affermazione che gli affetti contano più dei concetti: l’esatto opposto della fredda erudizione.

La lezione di Bobbio, come mostrano queste pagine, è innanzitutto la messa in dubbio delle pretese assolutistiche, in qualsiasi forma esse possano manifestarsi. L’assolutismo non gli apparteneva, come dice lui stesso, in quanto categoria mentale. Il suo è stato un filosofare con il punto interrogativo, diffidente delle certezze: un pessimismo della ragione nel quale l’impegno per la costruzione di una società più equa si fondeva con un puntiglioso senso critico volto a disinnescare ogni fondamentalismo possibile. Nella lettera dell’8 febbraio 1990 scrive: «sperando il meglio temere il peggio», una frase che, mi pare, lo rappresenta perfettamente.

Bobbio, come ricorda anche Peyretti nella Premessa, era solito comporre moltissime lettere, testimonianza della sua propensione al dialogo, altra modalità intrinsecamente filosofica. È inevitabile l’auspicio che ulteriori suoi epistolari possano venire pubblicati – a maggior ragione se con la medesima cura con la quale è stato concepito questo –, perché la loro lettura si rivelerebbe probabilmente essenziale per addentrarsi nel pensiero di Bobbio, per il semplice motivo, come lui stesso asseriva citando Ceronetti, che «l’uomo che pensa davvero scrive lettere agli amici».

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  1. […] un maestro di dialogo che continua a dialogare con quanti sappiano tenerne viva la memoria. (Dalla recensione di Massimiliano […]

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