PIcco del petrolio, cambiamenti climatici, disordini politici: la lezione dell’Egitto – Mattew Wild

E’possibile che il popolo egiziano che è coraggiosamente sceso in strada per rovesciare il regime tirannico abbia preso parte alla prima rivoluzione del picco del petrolio?

Sembra una vera iperbole, in un primo momento. Hosni Mubarek ha gestito il paese sotto un costante stato di emergenza durante il quale ha bloccato la libertà di parola, intimidito ogni persona percepita come una minaccia e gestito un sistema sfacciatamente corrotto che ha lasciato milioni di Egiziani in povertà. Alla fine, i tiranni sono stati rovesciati e i manifestanti nelle strade dell’Egitto stavano chiaramente esercitando il loro diritto a fare una scelta politica – rimuovere Mubarak. Dopo tutto, ci piace leggere questa storia in modo romantico: la gioventù diseredata che ha superato in astuzia le spie del governo, twittando su Facebook per organizzare la sommossa, una ribellione eccezionalmente pacifica.

Ora, con il paese saldamente nelle mani dell’esercito, che si è impegnato a indire elezioni nel giro di sei mesi, i commentatori dei media parlano di lieto fine – dipende comunque da quanto siate lieti riguardo la legge marziale. Ma se ci fosse qualcosa in più di questo?  E se i problemi dell’Egitto andassero ancora più in profondità?

Senza voler rovinare la festa, alcune ulteriori informazioni mettono gli eventi sotto una luce differente:

* il picco del petrolio in Egitto risale al 1996 e con una produzione diminuita del 26 percento da allora, il paese è oggi un importatore netto di petrolio
* il debito pubblico è attorno all’ 89,5 percento del PIL
* la popolazione – 27,8 milioni nel 1960 e attualmente stimata in 79,94 milioni – è destinata a raddoppiare ogni 35 anni
* autosufficiente a livello alimentare nel 1960, il paese dipende ora dall’importazione di cibo, che è al momento a prezzi record
* i prezzi in Egitto si sono impennati del 17 percento a seguito del balzo a livello globale dei prezzi delle materie prime (mentre circa il 40% dei cittadini egiziani vive con meno di 2 dollari al giorno).

Ecco che, allora, abbiamo un conflitto tra diminuzione delle entrate del governo, pressione demografica, povertà, prezzi del cibo in aumento e sistema politico corrotto che era indifferente a chiunque fosse estraneo all’élite. L’Egitto, ex esportatore di petrolio e autosufficiente a livello alimentare, ora importa entrambi – e non è in grado di alimentarsi.

Un resoconto sul blog dell’edizione inglese di “Le Monde Diplomatique”, intitolato Tunisia, Egitto e il crollo prolungato dell’Impero Americano ( Nafeez Mosaddeq Ahmed, Tunisia, Egypt and the protracted collapse of the American empire, 1 February 2001, http://mondediplo.com/blogs/tunisia-egypt-and-the-protracted-collapse-of-the ) amplia lo sguardo su tutto ciò:

“La produzione di petrolio dell’Egitto ha raggiunto il suo picco nel 1996 e da allora è diminuita del 26 percento. Dagli anni 1960 l’Egitto è passato dalla completa autosufficienza alimentare a un’eccessiva dipendenza dalle importazioni, sovvenzionate dai ricavi del petrolio. Ma come i ricavi del petrolio egiziano sono costantemente diminuiti a causa del crescente consumo interno di petrolio in costante diminuzione, così è stato per i sussidi alimentari, portando a un’impennata dei prezzi del cibo. Contemporaneamente i livelli del debito pubblico sono mostruosi – circa l’80,5% del PIL, molto oltre la maggior parte degli altri paesi della regione [il dato più recente rivela 89,5%, ndt ]. Le disuguaglianze, largamente diffuse, si sono intensificate nell’ultimo decennio sull’onda delle riforme neoliberiste di “aggiustamento strutturale” – largamente attuate nella regione dal 1980 con effetti debilitanti, inclusi la contrazione dello stato sociale, la riduzione dei salari e la mancanza di investimenti nelle infrastrutture. Di conseguenza oggi il quaranta percento degli Egiziani vive al di sotto della soglia di povertà fissata dalle Nazioni Unite in meno di 2 dollari al giorno.”

Con i politici e i media aderenti al racconto fiabesco, i commenti recenti del Segretario di Stato americano Hillary Clinton riguardo una “tempesta perfetta” di agitazioni che attraversa il Medio Oriente, sembrano particolarmente sinceri. Riferendosi alle proteste in Tunisia, Giordania, Yemen ed Egitto, ha parlato di una “necessità strategica” per un cambiamento democratico. Secondo la BBC:

Il Segretario ha detto che con la scarsità di acqua e il petrolio in esaurimento, i governi dovrebbero essere in grado di frenare l’ondata del cambiamento per un po’ ma non per lungo tempo.

“Alcuni leader possono credere che i loro paesi siano un’eccezione – che la loro popolazione non richiederà maggiori opportunità politiche o economiche o che essa potrà essere calmata con mezze misure”.

“Nel breve termine ciò può essere vero, ma nel lungo termine è insostenibile”.
L’Egitto è anche nel mezzo di una disputa sulle acque del fiume Nilo, che scorre attraverso Etiopia, Uganda, Kenia, Tanzania e Ruanda prima di raggiungere la diga di Assuan, dove serve alle necessità dell’agricoltura egiziana.

Scarsità di acqua e petrolio in esaurimento – non avrei mai pensato di sentire un politico statunitense di alto livello ammettere ciò – mentre i prezzi del cibo sono ai massimi storici. La FAO, che traccia un indice dei prezzi alimentari, ha evidenziato che i costi vanno oltre “il precedente record del 2008 che ha visto l’accendersi di sommosse dovute a tali aumenti in diversi paesi”. L’economista dell’organizzazione, Abdolreza Abbassian ha detto che a causa dell’ “imprevedibilità del clima” i prezzi potrebbero continuare ad aumentare.

Le condizioni meteo fuori dalla norma in tutto il mondo hanno ridotto drasticamente la produzione di cibo: incendi in Russia lo scorso anno (e il conseguente divieto alle esportazioni di grano), siccità in Argentina, inondazioni in Australia, gelate improvvise in Messico e nella parte sud degli USA, raccolti distrutti in Canada.

I mercati predatori delle materie prime, un crescente cambiamento nel gusto alimentare con la conseguente richiesta di carne attraverso tutta l’Asia e la concorrenza degli agrocarburanti stanno a loro volta spingendo in alto i costi, ma sembra che il principale problema sia il clima (gli speculatori saltano sul carro solo quando l’offerta è scarsa, poiché non ci sono soldi da fare scommettendo sul mercato dei compratori. La speculazione sui futures delle materie prime può essere condannata perché rende peggiori le cose per miliardi di persone nel mondo, ma non ha scatenato i problemi).

Perciò, è solo un momento di sfortuna o stiamo vedendo cambiamenti climatici all’opera? Tornando al resoconto di “Le Monde Diplomatique”:

“Molta dell’attuale scarsità alimentare è stata inflitta da eventi climatici sempre più imprevedibili e da disastri naturali, su cui i climatologi hanno da tempo messo in guardia come sintomatici del riscaldamento globale di origine antropica. Le siccità esasperate dal riscaldamento globale in regioni-chiave per la produzione hanno già portato a un crollo del 10-20% nella produzione di riso nell’ultimo decennio. Per la metà del secolo la produzione mondiale di riso potrebbe crollare del 20-40% a causa dei soli cambiamenti climatici.”

Scrivendo sul New York Times la scorsa settimana, l’editorialista Paul Krugman ha affrontato la questione in un articolo scritto in modo eccellente, dal titolo Droughts, Floods and Food, (http://www.nytimes.com/2011/02/07/opinion/07krugman.html tr.it. Siccità, Alluvioni e Cibo, http://znetitaly.altervista.org/traduz2/krugman-cibo.html ) Egli osserva che “la crisi mondiale del cibo – la seconda nel giro di tre anni” può non avere un enorme impatto sull’inflazione degli USA ma sta avendo un “brutale impatto sui poveri del mondo”. Cita la rabbia crescente verso i regimi repressivi del Medio Oriente – dicendo che la questione non è tanto perché stia accadendo, quanto perché ora – come ampiamente innescata dai crescenti aumenti dei prezzi alimentari. Continua:

“Cosa c’è dietro all’impennata dei prezzi? La destra americana (e i Cinesi) incolpano le politiche di denaro facile alla Federal Reserve, con almeno un commentatore che dichiara che ‘le mani di Bernanke sono sporche di sangue’. Nel frattempo il presidente francese Sarkozy incolpa gli speculatori, accusandoli di ‘estorsione e saccheggio’.

Ma le prove raccontano una storia differente, molto più inquietante. Mentre diversi fattori hanno contribuito all’impennata dei prezzi alimentari, quello che davvero risalta è la misura con cui gli eventi meteorologici estremi hanno distrutto la produzione agricola. E tali eventi estremi sono esattamente ciò che ci aspetteremmo di vedere a causa del cambiamento climatico indotto dall’aumento dei gas serra – il che significa che l’attuale ondata di prezzi del cibo potrebbe essere solo agli inizi.”
Krugman scrive che non c’è un singolo evento meteorologico che si possa attribuire al cambiamento climatico causato dall’uomo, “ma il modello che stiamo vedendo, con picchi estremi e condizioni climatiche estreme in generale sta diventando molto comune ed è quello che ci si aspetterebbe dal cambiamento climatico”.

Naturalmente, ci sono sempre commentatori politicamente opportunistici pronti a negare ogni aspetto del cambiamento climatico al quale ci si voglia richiamare – e che, abbastanza stranamente, viene tutto ricondotto al Big Oil (le grandi compagnie petrolifere, n.d.t.). E’ il loro lavoro rendere le cose il più possibile confuse e caricate di valenza politica.

L’Egitto è una lezione di insostenibilità, ma non la sola al momento (ho visto speculazioni sul futuro del Messico, un altro produttore di petrolio che ha superato il picco, insieme a domande sul futuro a lungo termine della Casa Saudita). Chris Martenson, del famoso Crash Course, ha scritto che gli eventi in Egitto erano “emblematici di ciò che ci potremmo aspettare in qualsiasi altro posto, specialmente nei mercati finanziari”. Continua:

“Il mio intento qui non è di sottolineare le difficoltà future che l’Egitto affronterà, non importa chi sia in carica, ma di usare il cambiamento avvenuto lì come un avviso che, dall’Egitto, ci ricordi semplicemente che tutto ciò che è insostenibile un giorno cambierà. Si tratta di un emblema per il mondo.

Con abbondanza di energia e di cibo, siamo immersi piacevolmente in economie stabili e in espansione in cui ognuno ha una possibilità di guadagno. Non che tutti ci riusciranno, sia chiaro, ma la possibilità esiste. In un mondo vincolato dall’energia, ciò che in passato era possibile non è più fattibile, le cose non vanno per il verso giusto e sembra esserci una carenza permanente di tutto, dalla crescita al denaro, al cibo, alla buona volontà. Quello che funzionava, non funziona più. E’ a questo punto che gli stress accumulati e i disequilibri hanno maggiori probabilità di esplodere e cambiare improvvisamente il mondo.”

Se è un’iperbole dire che gli eventi in Egitto siano una rivoluzione del picco del petrolio o un evento legato al cambiamento del clima, lo è ancor più distorcere i fatti e trasformare la storia in una fiaba sulla democrazia. La rabbia per i costi alimentari ha giocato il ruolo predominante nel far scendere il popolo nelle strade. Il petrolio dell’Egitto ha raggiunto il picco, questo non può essere negato. Nemmeno può esserlo il ruolo del cambiamento climatico nell’impennata dei prezzi, per quanto mi riguarda. Chiaramente ci sono altri fattori che operano oltre al picco del petrolio e ai cambiamenti climatici, ma voi tutti dovreste chiedervi se le proteste avrebbero avuto inizio in un Egitto ricco di petrolio e importatore di grano a buon mercato.

E se credete che ci sia spazio per il picco del petrolio e per i cambiamenti climatici nell’insieme degli eventi in Egitto, allora quei disordini sono veramente emblematici di cosa dobbiamo aspettarci in qualsiasi altro luogo. Con la popolazione mondiale che ha superato i sette miliardi, l’allarme delle Nazioni Unite su possibili rivolte in tutto il mondo se i prezzi del cibo non calano, con il prezzo del petrolio di nuovo in crescita sulla scia della crescente domanda mondiale e il riscaldamento globale a peggiorare il tutto, ci sono tutti gli ingredienti necessari per un disastro umanitario. Nonostante le azioni di tutti i negazionisti, credo che nei prossimi anni vedremo le conseguenze del picco del petrolio e dei cambiamenti climatici. Gli allarmi ci sono tutti.

15.02.2011

Titolo originale: Peak Oil, Climate Change, Political Turmoil: The Lesson From Egypt

http://www.countercurrents.org/wild150211.htm
http://mondediplo.com/blogs/tunisia-egypt-and-the-protracted-collapse-of-the

Traduzione di MICIOGA per www.comedonchisciotte.org
Revisione a cura del Centro Studi Sereno Regis

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