La storia mondiale che si dispiega: che altro, adesso?


E poi è successo: Mubarak fuori. Gran giubilo in piazza Tahrir; l’Egitto è libero! Un fatto storico, innescato dalla Tunisia, realizzato da un milione di eroi. Ovviamente senza leader, come scelta strategica: i leader possono essere presi facilmente di mira. Si sono radunati tutti attorno a un’idea, l’estromissione di Mubarak, omologo di Ben Ali in Tunisia. Fine del primo atto.

Entra in scena il Consiglio Supremo delle Forze Armate; con o senza un famigerato vice-presidente. Inizio del secondo atto; uno dei tanti in questo dramma.

Quanto avvenuto non sorprende nessuno che sia consapevole dell’enorme forza della nonviolenza. Una massa nonviolenta di cittadini può estromettere un capo di stato se abbastanza numerosa e tenace, perseverante per giorni, settimane, mesi.  Può esserci uno stadio intermedio con il capo di stato, il simbolo, seppure solo un uomo di paglia, che sacrifica qualche suo sottoposto, gettandolo in pasto alle masse. Ma esse non vogliono surrogati, non il corpo, ma il simbolo del male, la testa. Al che qualche sottoposto, o gli USA, sacrificano il capo di stato, uno “sconfitto”, sperando che soddisfi gli appetiti della rivoluzione.

Quel che succede poi, cioè adesso, può mostrare la debolezza di questo tipo di nonviolenza – rispetto all’originale gandhiano.  Gandhi non sostenne l’estromissione di un vicerè, ma la fine del colonialismo: swaraj, auto-gestione; e l’ottenne. Ma sostenne anche il sarvodaya, il miglioramento delle condizioni di vita dei poveri e dei senza-casta, e fu tradito. E così in Nepal. E anche nel caso delle enormi masse di dimostranti in Europa Occidentale contro le armi nucleari; che sono ancora lì, installate.

Lo stesso avvenne per gli eroici manifestanti di Lipsia nella RDT tedesca nell’ottobre 1989; volevano una RDT democratica, non venire assorbiti nella Germania capitalista. Altrettanto ancora per coloro che protestavano contro Milosevic, che venne estromesso, come Honecker; non volevano una presa del potere da parte di cetnici anti-titoisti. Le rivoluzioni nonviolente “colorate” in Georgia e Ukraina erano così evidentemente costruite negli USA che si risolsero in caricature di rivolte popolari. Ma quand’anche siano genuine, gli stati non condividono volentieri il potere con la gente in rivolta. E gli stati hanno una manciata di trucchi nascosti come assi nelle maniche che possono giocare dopo avere concesso qualcosa all’inizio, dei comitati e addirittura degli accordi.

Se di natura parlamentare, gli stati possono usare il potere legislativo per mettere ai voti la problematica in un parlamento basato su elezioni nazionali multi-partitiche regolari e libere – facilmente manipolate dai media. Solo di rado una maggioranza parlamentare s’inchina a una maggioranza per le strade. Se sono vere democrazie, non solo sistemi parlamentari, gli stati possono perfino indire un referendum, mobilitando le masse non rivoltose.

Ma, se quelle richieste dalle strade e dalle piazze non ottengono legittimità parlamentare, né democratica, sono forse morte? No, se il movimento nonviolento diventa più abile nel trasmettere il proprio messaggio ai non convertiti, arrivando ben oltre le strade e le piazze.

Allora gli stati possono usare il potere giudiziario, ponendo le questioni cruciali alla Corte Suprema, facendo dichiarare incostituzionali le richieste.

E possono usare il potere esecutivo, tutto l’apparato statale, per sabotare le richieste semplicemente non eseguendole.  E, nei più oscuri recessi del potere esecutivo, sono in agguato la polizia segreta, quella alla luce del sole, e i militari. In Egitto tutto il potere è ora in mano ai militari. Un golpe costituzionale? Ma un governo militare, non democratico, può anche essere con il popolo e per il popolo, se non di quest’ultimo. Siamo franchi: una dittatura dovrebbe venir giudicata anche da che cosa detta; e una democrazia da quello che la gente decide, come votare per partiti USA con le mani ingombre d’interventi, di guerre. Conoscere l’albero dai suoi frutti. Si dia loro una chance, i giovani staranno a vedere.

Ma ancor più in profondità, due stati vogliono l’ultima parola. Israele, che bada solo a se stesso, non al popolo egiziano, fa di tutto per mantenere intatto il tradimento del popolo palestinese di Camp David. Gli USA, aiutati dalla retorica di Obama, possono fare di tutto contro l’ “islamismo”. Il consiglio militare ha accondisceso: “onoreranno i trattati”.

Lottare contro questa bestia a cinque teste non è per nulla facile. Gli obiettivi oltre l’estromissione di un simbolo del male si devono formulare in un linguaggio universale non-controverso. Le Convenzioni sui Diritti Umani (del 16-12-1966) forniscono tale linguaggio come piattaforma; con esempi come:

Diritti civici-politici Diritti sociali-economici-culturali

1. stato di diritto 1. diritto al lavoro

2. libertà di movimento 2. salario sufficiente a una vita decente interiore ed esteriore

3. diritto di proprietà 3. diritto a riposo e svago

4. libertà di pensiero 4. garanzia di cibo, vestiti, casa

5. libertà di espressione 5. assistenza sanitaria garantita

6. libertà di assemblea 6. istruzione garantita a ogni livello

7. diritto di partecipare 7. diritto di partecipare alla cultura di governo

I manifestanti dimostravano per entrambe le categorie di diritti, anche se la retorica era più per la libertà che per i bisogni fondamentali. Il movimento dovrebbe insistere con fermezza su tutti e due, sapendo bene che misure immediate possono assicurare i diritti civili-politici (fermare le torture, togliere la censura, elezioni libere ed eque) mentre ci vogliono processi più lenti per i diritti economici e sociali (creare occupazione). Ma una presa di posizione per i diritti umani sarebbe una piattaforma imbattibile, godendo ovunque al mondo di consenso quanto meno verbale, e toglierebbe ogni sospetto che la rivolta sia solo dei e per i ceti medi istruiti. Sia-sia.

Quanto resta sono quei due stati che manovrano con minacce e corruzione. I diritti umani si fermano ai confini. Qual è l’obiettivo successivo, in un linguaggio universale, non-controverso? La sovranità, come la fine del colonialismo. Libere elezioni in un paese marionetta equivalgono a Tahrir=Liberazione? Per un paese che aspira a riemergere come un leader arabo?

Prima o poi gli accordi di Camp David e il blocco congiunto di Gaza – frutto di autocrazia e corruzione – verranno posti in discussione. Prima o poi l’ondata giovanile colpirà altri domino: OLP, Siria, Iran, e quello maggiore – la casa reale saudita.  Forse anche l’altro colosso –Israele – liberandolo da narcisismo, paranoia, e generalocrazia, per un ebraismo positivo. Persino un giorno il Più Grande di Tutti –gli USA – rendendoli meno corporativi, più democratici.


14.02.11 – TRANSCEND Media Service

Titolo originale: World History Unfolding – What Next?

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Sereno Regis


 

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.