Rapporto sui diritti globali 2010 – Recensione di Nanni Salio

AA.VV, Rapporto sui diritti globali 2010, Ediesse, Roma 2010

Giunto alla sua ottava edizione, il Rapporto sui diritti globali è diventato uno degli strumenti di consultazione più autorevoli, non solo a livello italiano ma internazionale. E’ uno volume necessariamente corposo, di oltre 1300 pagine, perché non si limita a prendere in esame solo i diritti umani civili e politici (di prima generazione), ma anche quelli sociali ed economici (di seconda generazione) e infine quelli collettivi dell’ambiente e della pace (terza generazione) legati alla nozione di “beni comuni”, che viene oggi riproposta e riscoperta dai movimenti di base ecologisti, per la pace, per la giustizia sociale.

E’ questo uno dei punti nodali nell’attuale aspro confronto tra la cultura dominante, sebbene declinante, del neoliberismo economico, che tanti danni ha provocato nel mondo, e quella dell’alternativa promossa dal nascente “movimento dei movimenti”.

La cultura neoliberista è quella della privatizzazione, dell’esaltazione dell’individualismo, della competizione sfrenata, dell’avidità senza limiti. La cultura dei beni comuni si richiama al principio del limite, ai valori della cooperazione, delle relazioni interpersonali e delle tradizioni ancora oggi presenti nelle culture indigene di tutto il mondo.

Una tale ampiezza di orizzonte ha richiesto un’altrettanta grande capacità di collaborazione tra soggetti diversi: il sindacato CGIL, la Fondazione Basso, e vari movimenti e associazioni: Actionaid, Antigone, CNCA, Forum Ambientalista, Gruppo Abele, Legambiente.

Il Rapporto è strutturato in otto grandi capitoli (Economia e lavoro; Salute e sicurezza sul lavoro; Welfare, terzo settore, salute; Della giustizia e delle pene; I nuovi diritti umani; Internazionale; Diritti del Millennio; Ambiente e beni comuni) ognuno dei quali articolato in sintesi, analisi, schede, cronologia dei fatti, parole-chiave, bibliografia e sitografia. Le ultime due sezioni del libro sono dedicate, la prima, a un’amplissima serie di interviste a operatori dei singoli settori e, la seconda, a dati e statistiche presentati con grafici, tabelle, schemi.

Di fronte a opere di tale mole, mi chiedo sempre se non sia possibile pensare eventualmente a uno strumento in forma digitale che consenta di essere consultato e aggiornato di anno in anno, per esempio sotto forma di abbonamento, senza dovere ricorrere necessariamente alla ristampa. Anche la parte relativa ai dati statistici ne potrebbe avere un giovamento rendendo più facile la consultazione. Proprio a proposito di questa sezione, una attenzione particolare dovrebbe essere posta alla produzione di schede e tabelle di particolare efficacia comunicativa, sintetiche ma rigorose, facilmente riproducibili e che si possano tradurre in una sorta di “mostra” utilizzabile da singole persone, da movimenti, da studenti e insegnanti.

Viviamo nell’era che molti amano definire dell’informazione, ma paradossalmente siamo sottoposti a un’ansia da informazione e alla difficoltà di avere informazione qualificata, non manipolata.

Il Rapporto sui diritti globali è un primo passo in questa direzione: occorre potenziarlo ancora e renderlo fruibile anche ai non addetti ai lavori.

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