La storia mondiale che si dispiega II

Johan Galtung

Da West Maui, Hawai’i

Che settimana! E non abbiamo idea di quante settimane così abbiamo davanti!! Sappiamo solo che il processo non si può invertire, e possiamo vederne alla CNN uno dei motivi.

Quella mancanza di comprensione, che si sofferma su aspetti sbagliati. Nessuno nega che siano basilari le repressioni politiche sconfinanti nel grottesco e la distorsione economica causa di gran miseria. Ma gli autocrati smascherati sono anche burattini all’opera, che dovrebbero attirare l’attenzione sui burattinai in USA e Israele.

Israele, evidentemente in totale panico per la struttura che riteneva relativamente solida, basata sul trattato di “pace” di Camp David e un “processo” di pace“, è più onesta.

Le sue preoccupazioni: dalla fornitura di gas dall’Egitto, alle profonde ansie sulla volontà di un nuovo Egitto di “cooperare” a mantenere isolata Gaza, bloccando i tunnel, alla richiesta agli USA di mantenere immutato il trattato di pace, sino all’offerta a Omar Suleiman, il famigerato vice-presidente (dei vice in realtà!) d’Egitto, capo dei servizi segreti dal 1993 (il mukhabarat), dal 1995 organizzatore delle torture alle vittime delle rendition (detenzioni illegali) USA, servizi necessari per mantenere stabile l’Egitto.

Sollevando infine la questione di un’eventuale occupazione del Sinai per mantenere sicuro il “fronte meridionale” (d’Israele, essendo il neo-nominato capo della “difesa” uno specialista del fronte settentrionale). Sollevando dubbi sui tratti fondamentali della costruzione di Israele: si veda Ha’aretz.

Frattanto gli USA giocano chissà quale partita, o quali partite doppie o triple, magari spingendo in primo piano Obama per la sua amata retorica del “cambiamento”, pian piano indicando che l’esperienza di Mubarak può tornare utile per la transizione. Intanto probabilmente cooperando con Israele, si veda tutto quanto sopra.

Evidentemente sono stati colti tutti di sorpresa. Come pure i media, e il pubblico più in generale. Due imperi all’opera: un impero mondiale con apice a Washington e uno regionale a Gerusalemme. Come può chiunque essere sorpreso che ci potesse essere qualche resistenza e non solo sotto forma di azione “terroristica”?

Risposta: perché l’imperialismo non è considerato come categoria analitica. Perché? Perché è una categoria complessa, con elementi economici, politici e culturali spalleggiati dall’azione militare, che istituisce un centro nei paesi della Periferia, gratificandoli per bene con il denaro della corruzione di Camp David, distogliendo lo sguardo quando grassano la loro stessa gente, esigendo lealtà politica in cambio, esportando la propria cultura sotto etichette quali modernità e democrazia, sempre pronti a mandare i marine quando ci vuole, inviando prima gli squali CIA-Mossad a mo’ d’avvertimento. Servono 4-5 cellule cerebrali.

Invece di dare uno sguardo più attento a questa costruzione olistica valutandone la fragiità quando esposta a inevitabili forze contrastanti (una prospettiva dialettica che fa sempre parte dell’olismo), essi ricorrono a una qualche sorta d’infantilismo intellettuale, focalizzato su fattori secondari nella catena degli eventi, come i media sociali – facebook, twitter o internet in generale e “sul fattore Al Jazeera” – come se la gente non fosse stata in grado di fare rivolte come quella americana, quella francese e quella russa col passaparola e catene comunicative precedenti a quelle.

Ma olismo-dialettica non sono di casa nell’intellettualismo USA, sanno probabilmente di New Age e marxismo per quelli che ne hanno sentito parlare, e non per esempio del vantaggio culturale comparativo cinese sull’Occidente con le sue teorie aristotelico-cartesiane e relative piramidi deduttive (naturalmente una buona formula sarebbe sia-queste-sia-quelle, e più ancora). Quindi apporteranno solo cambiamenti frammentari finché il tutto collassi, compreso l’invio di marine.

Questo sta scritto nella Giornata del Superbowl 2011, a Dallas, Texas, dove lo stadio e quel luogo e quel momento sacrali sono minacciati da una nevicata – ovviamente terroristica. Forse gli USA dovrebbero dedicarsi a quel tipo d’avvenimenti anziché sconvolgere la vita di tanti paesi e popoli. Lo fanno bene e ne traggono gran piacere, come anche sanno gestire la vita dei ricchi e super-ricchi a West Maui, per esempio.

Ma invece, il discorso del presidente Obama sullo Stato dell’Unione si è sviluppato lungo le tradizionali linee tematiche della concorrenza. Perché non concentrarsi sul miglioramento degli USA, in competizione con se stessi, vincendo rispetto a ieri, all’anno scorso, al settembre 2008, con un’analisi e una prassi più approfondita? Competizione nell’istruzione, nella ricerca e nelle infrastrutture – senza che si tratti di superare altri paesi in questi tre settori. Si tratterebbe, in una democrazia, di servire la gente. Non ci sarà comunque alcun miglioramento nell’istruzione con una TV che istupidisce ed è la principale guida verso il mondo – dichiaratamente, ora che si trova in competizione con la parte migliore di Internet.

Come può imparare un bambino con i genitori inchiodati alla TV e senza libri a disposizione? Come può esserci vera ri-cerca, che apra nuove prospettive, quando gran parte dell’attività è al servizio degli affari odierni? In quanto alle infrastrutture si tratta forse di avere treni più veloci di altri? – l’impressione è che gli USA adesso vogliano mettersi anch’essi in quella gara – oppure avviare ogni sorta di facilitazioni compreso l’accesso alla terra, per modi alternativi, più cooperativi di gestire l’economia di base, l’economia che serve ai bisogni fondamentali dei più bisognosi? Assistenza sanitaria, per esempio, quella fitta rete di policlinici attrezzati per le malattie più comuni del maggior numero di pazienti, con medicine generiche – senza aspettarne un ulteriore rincaro quando la riforma sull’assicurazione per la salute ne farà pagare il prezzo al governo?

Basarsi sui soliti vecchi temi imperiali, senza nessuna drastica riduzione della spesa militare, senza nessun controllo delle armi da fuoco, non servirà a nulla. Né servirà chiudere gli occhi davanti alla realtà. Né, davvero, usare troppo pochi neuroni alla volta.

Gli USA vengono sfidati in profondità. Speriamo in una risposta più profonda.


07.02.11 – TRANSCEND Media Service

Titolo originale: World History Unfolding II – La storia mondiale che si dispiega II

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Sereno Regis


 

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.