Verso l’alto

Massimiliano Fortuna

C’è una fotografia di Pier Giorgio Frassati ripreso nell’atto di superare un salto roccioso. Sopra si possono leggere una data: “Domenica 7 giugno 1925”, e una scritta: “Verso l’alto”. Si tratta dell’ultima ascensione compiuta da Frassati, alle Lunelle, sopra Traves in Val di Lanzo.

Lì ora è un sentiero che porta il suo nome, come numerosi altri in Italia. Nemmeno un mese dopo, il 4 luglio, Frassati morirà a causa di una poliomielite fulminante, contratta probabilmente durante le sue visite ai poveri e ammalati della città di Torino.

Questa fotografia di quasi novant’anni fa, nella quale mi sono imbattuto per caso, mi ha trasmesso una malinconia improvvisa, ma quieta, composta, in un certo senso riconciliata in se stessa. Malinconia per una vita che si è persa, come tutte, e di cui può ricomparire una traccia a testimoniare che è esistita, ha sfiorato corpi e cose prima d’essere inghiottita nel buio.

Non so se arbitrariamente, l’ho tradotta in un elogio della semplice sacralità di ogni gesto, come se la massima pienezza raggiungibile si trovasse nei movimenti e nelle azioni elementari: riporre un libro, sedere a un bar, guardare un panorama. E come se un’autentica vicinanza fra esseri umani fosse possibile solo a partire da qui, da questa essenzialità che probabilmente non si può comunicare, ma in qualche modo ci è dato condividere.

Nel luglio del 1923 Pier Giorgio scriveva ad un amico: “Domenica è stata una di quelle giornate magnifiche e dal ghiacciaio il mio pensiero è corso agli amici lontani: li avrei voluti avere tutti qui per godere con me quello spettacolo meraviglioso”.


 

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