Vento di primavera

Enrico Peyretti

Vento di primavera. Regia di Rose Bosch. Un film con Jean Reno, Mélanie Laurent, Gad Elmaleh, Raphaëlle Agogué, Hugo Leverdez. Titolo originale: La Rafle. Genere Drammatico, Francia, Germania, Ungheria, 2010, durata 115 minuti.

Il bene imperdibile

Vento di primaveraPerché questo titolo italiano, Vento di primavera, a La Rafle (la retata razziale; 2010, Francia 2010, regia di Roselyne Bosch)? Non c’è molta primavera in questa azione del luglio 1942 a Parigi, contro gli ebrei, per conto dei tedeschi, da parte del governo collaborazionista di Pétain, e della polizia francese. Quella calda estate è l’inverno più gelido dell’umanità. Nel quale non manca, però, più di un refolo di umanità tenace, che vieta di disperare.

Questo film, in anteprima al cinema Romano, per la giornata della memoria, non ci dice cose nuove, ma la narrazione lineare e vivida è particolarmente toccante. Tutti i personaggi sono realmente esistiti e tutti gli avvenimenti, anche i più drammatici, sono realmente accaduti. Prima costretti a portare la stella gialla, poi allontanati da ogni luogo pubblico, dal loro impiego, dalle scuole, nella notte tra il 15 e il 16 luglio, oltre 13.000 ebrei furono arrestati a Parigi. Dovevano essere 24.000, ma circa 10.000 furono nascosti e protetti da cittadini francesi, mentre funzionari e gendarmi eseguivano attivamente e crudelmente gli ordini nazisti. Quando l’obbedienza istituzionale uccide l’umano in noi.

Le famiglie con bambini, radunate nel Vélodrome d’hiver, quasi senza cibo e acqua, sono poi smistate nel campo di Drancy, infine, separati i bambini dalle madri, con mani e colpi da Erode, sono tutti deportati ad Auschwitz e soppressi, con pochi superstiti.

La visione del male umano ci fa vergognare della nostra umanità. Ci aggrappiamo al residuo di bene che la realtà contiene. Residuo, o fondo imperdibile? Il bene è ciò che permette di riconoscere il male come male. Se non ci fosse il bene insopprimibile, prima e più del male, non sentiremmo la vergogna e la colpa pesante del male. Non avremmo criterio per giudicarlo. Chi fa banalmente il male, lo fa per ignoranza del bene (in ciò ha ragione Socrate), per non-esperienza del bene. Come dice Etty Hillesum (adombrata nella figura di Annette) al soldato nazista: cosa devi aver subito, cosa ti è mancato, per fare tanto male?

Il male si combatte accrescendo il bene. Dare bene per male non è eroica follia, da superuomini e supersanti, ma un preciso giusto calcolo nel bilancio del mondo. Dopo l’appello di Cristo e di alcune altre voci di verità, chi ha introdotto nella politica umana quel principio è la fortissima nonviolenza attiva gandhiana. Le ricerche di storia della nonviolenza documentano questa alternativa (indicazioni in Difesa senza guerra, in rete). Il segno dato da Cristo, vincere il male amando fino a morirne, non è sopra e fuori, ma nel centro della realtà del mondo vero. Ciò che Gesù chiana “regno di Dio” emergerà sul falso esistente, perché vive nel cuore del mondo. Neppure la teoria e l’azione della selezione razziale distruttiva degli umani, che in vari modi si è ripetuta e si ripete, neppure quell’inverno infernale, ha schiacciato il seme, il vento di primavera.

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