La moltitudine inarrestabile – Giuseppe Fumarco
Liberamente tratto da Paul Hawken, Moltitudine inarrestabile, Edizioni Ambiente, Milano 2009
In base alle valutazioni di Paul Hawken le ONG, ONLUS, Associazioni di volontariato varie, ecc, nel 2007 superavano, a livello mondiale, il numero di due milioni. Il numero effettivo degli ‘aderenti’ e/o ‘militanti’ sono quindi incalcolabili, difficilmente valutabili, ma si tratta in ogni caso di una moltitudine.
Stando alle definizioni convenzionali, questa immensa varietà di individui non costituisce un “movimento” nell’accezione classica del termine: essi non corrispondono ai modelli tradizionali dei movimenti che le società occidentali avevano conosciuto nei secoli precedenti il XXI.
Il movimento dei volontari per l’ambiente, la pace e la giustizia sociale è frammentato, non organizzato e orgogliosamente indipendente. Cionondimeno è definibile quale una sorta di “movimento umanitario globale”: “si tratta di aggregazioni coerenti, auto-organizzate, che riuniscono decine di milioni di persone” e che sono testimonianza di quella parte dell’umanità che intende “ricostruire, ricomporre, ripristinare, recuperare, reinventare e riconsiderare… (cioè curare le ferite del mondo e dei suoi abitanti)”.
Hawken, riferendosi a essi, utilizza la metafora biologica del “sistema immunitario” (le cellule specializzate deputate alla difesa dell’organismo): “Il sistema immunitario costituisce il sistema più complesso del corpo umano e fornisce un modello utile per esaminare le proprietà di questi gruppi”; poiché, secondo il suo punto di vista, non è lecito presupporre che il linguaggio normalmente utilizzato per descrivere i “movimenti sociali” del passato sia sufficiente per descrivere il movimento dei “new global”.
I new global nascono ufficialmente – come insieme di movimenti e associazioni mediaticamente visibili – con la manifestazione del 1999 a Seattle per la contestare le decisioni del WTO che si stava appunto riunendo in quella città. Altri incontri (Forum) seguiranno, di cui l’ultimo importante ha avuto luogo a Puerto Alegre, in Brasile.
Secondo Hawken, una della differenze tra il movimento dal basso che sta esplodendo in tutto il mondo e le ideologie consiste nel fatto che il Movimento sviluppa le sue idee sulla base dell’osservazione, mentre le ideologie agiscono basandosi su ‘credenze’ o ‘teorie’. Il modo di vedere ‘ristretto’ è tipico delle ideologie, mentre le ‘idee’ sono vive, possono cambiare e possono crescere. Le idee non appartengono a nessuno e non hanno bisogno di essere approvate [1].
Il Movimento ha degli ‘ideologi’, ma esso è fondamentalmente composto da quella parte dell’umanità che si è assunta il compito di proteggere e salvare se stessa. Continuando ad assumere la metafora biologica del pianeta-organismo (vedi ipotesi di Gaia di James Lovelock) egli asserisce: “In particolare l’attività condivisa di centinaia di migliaia di organizzazioni no-profit può essere interpretata come la risposta immunitaria dell’umanità a tossine come la corruzione politica, il disordine economico e il degrado ecologico”. Il Movimento distingue tra il sé e il non sé e assume la “sostenibilità” come strategia umana per continuare a esistere. Più che a un ‘sistema’ – in accordo con il nuovo punto di vista dei biologi ‘immunitaristi’ – il Movimento appare come una rete immunitaria [2], e il noto biologo sudamericano Francisco Varela lo descrive come “un sistema intelligente, vivente, in grado di apprendere e autoregolarsi: in pratica quasi un’altra mente”.
Alla contestazione mossa sulla scarsa capacità di incidere sugli equilibri di potere mondiale da parte del movimenti, Hawken risponde che mentre i movimenti new global sono nati da poco più di un decennio “le devastazioni legate alla globalizzazione hanno un vantaggio di circa 500 anni rispetto al sistema immunitario dell’umanità” [3].
Hawken tende a distinguere gli obiettivi di azione del Movimento in due grandi settori:
- azioni e interventi a tutela dell’ambiente;
- azioni e interventi per la giustizia sociale.
“Il movimento ambientalista può essere visto come la risposta dell’umanità alle politiche che stanno ‘contagiando’ la Terra; quello per la giustizia sociale affronta invece gli agenti patogeni, economici e legislativi, che distruggono famiglie, enti, culture e comunità”.
I veicoli delle patologie sociali e ambientali possono essere anche eserciti e governi ma, più semplicemente, possono bastare “modi errati di pensare”, “rigidità burocratiche” e “superbia istituzionale”.
Certo, riconosce Hawken, non è facile dare vita a un sistema che non ha precedenti a cui ispirarsi, ma, se si esamina la ‘tassonomia’ del movimento, si noterà che si sta creando “un nuovo programma per la specie umana, in parte correttivo, in parte ricostruttivo e comunque ricco di inventiva”. Per affrontare gli agenti patogeni, il movimento ha dovuto trasformarsi in una moltitudine di organizzazioni diverse: istituti, organizzazioni per lo sviluppo delle comunità, gruppi di abitanti di villaggi e città, imprese, istituti di ricerca, associazioni, network, gruppi di fedeli, fondazioni ed enti vari…; i vari gruppi si focalizzano su tematiche specifiche e poiché i media parlano sempre delle organizzazioni più grandi e consolidate, la diversità alla base del Movimento rimane per lo più nascosta e sconosciuta. Ma le identità dei gruppi non vengono inglobate nel Movimento; al contrario, cresce il numero di gruppi che affrontano le problematiche ambientali e sociali mantenendo le loro caratteristiche peculiari e i loro obiettivi, arricchendo così il Movimento nel suo insieme [4]. Le centinaia di migliaia di organizzazioni che formano il Movimento rappresentano anticorpi sociali che “si attaccano” alle patologie del potere.
Proseguendo nella metafora della biologia per comprendere la natura del Movimento, si può fare riferimento a caratteristiche comuni a tutti gli esseri viventi: la vita si costruisce dal basso verso l’alto; la vita è organizzata in catene; da pochi elementi la vita crea molte variazioni; la vita si organizza con le informazioni; la natura funziona per cicli; la natura ricicla tutto; la vita tende a ottimizzare piuttosto che a massimizzare. Utilizzando in pieno la metafora della Natura si potrà studiare meglio le caratteristiche del Movimento (dei Movimenti).
”La follia della distruttività umana può essere contrastata da una grazia e da una intelligenza più antiche, che stanno unendo le persone con modalità che esse stesse non hanno mai provato o immaginato in precedenza.” Secondo Hawken, l’attenzione al benessere altrui è insita nel nostro DNA, è endemica ed è innata; diventiamo umani quando collaboriamo e ci aiutiamo reciprocamente. ”La nostra discesa nel caos verrà fermata solo da quelle persone che, una dopo l’altra, si ricorderanno ‘chi’ e ‘dove’ sono veramente”.
L’Autore è sì ottimista, ma non riesce a evitare momenti di scetticismo: “Credo che questo movimento prevarrà… presto si diffonderà in molte istituzioni, ma, ancora prima, cambierà un numero sufficiente di persone da innestare un’inversione di tendenza rispetto a secoli di comportamenti freneticamente distruttivi”. Ma, ”La mia speranza riguardo alla ‘resilienza’ della natura umana si scontra con la gravità delle condizioni sociali e ambientali in cui ci troviamo”… ”Il pericolo maggiore si trova dentro di noi [5] e si tratta delle ferite accumulate nel passato, il rimorso, la vergogna, l’inganno e l’odio condivisi da ogni cultura e trasmessi da persona a persona, esattamente come il DNA in una storia di violenza e di avidità…” La salvezza sarà agevolata , secondo Hawken, dall’unirsi progressivo del movimento ambientalista con quello per la giustizia sociale…”perché alla fine esiste un unico movimento”.
“La nostra guida sarà un’intelligenza che ogni secondo crea miracoli e che vive grazie a un movimento senza nome”.
Neoliberismo e organizzazioni internazionali
Sottolinea ancora Hawken come presso il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca Mondiale (BM), e la WTO (World Trade Organisation) lavorino macroeconomisti (depositari della verità) che ripongono una fiducia illimitata e irreversibile nel totem del “Mercato” e della “Libera Concorrenza” (sic!) basata sul “libero gioco della domanda e dell’offerta”.
Leggiamo a proposito della WTO (quella contestata a Seattle): “La WTO e i ministri del commercio che ne fanno parte lavorano diligentemente per eliminare le restrizioni che ostacolano le imprese… e non esiste un’organizzazione internazionale equivalente che affronti il tema delle responsabilità economiche e aziendali”.
La WTO elimina i controlli e gli equilibri dato che svolge tutti e tre i ruoli di un governo: esecutivo, legislativo e giudiziario; la funzione esecutiva opera tramite gli incontri dei ministri del commercio dei paesi del “Grandi” (‘G’ seguito da un numero); quella giudiziaria da un ‘panel’ per la risoluzione delle controversie che si riunisce in segreto e non ha l’obbligo di notificare agli enti legislativi nazionali le procedure aperte contro le loro leggi; la funzione legislativa, rappresentata dal Consiglio Generale, che stabilisce le politiche degli scambi commerciale, anche se in pratica a occuparsene è un “comitato ristretto” costituito dalle nazioni più ricche che lì portano avanti i negoziati più importanti. “Per il WTO un pesce è solo un pesce e non importa cosa succede alle tartarughe, ai delfini, o ai lavoratori durante la pesca..”.
L’obiettivo principale, sulla carta, è prevenire il “protezionismo” e le “operazioni sleali” a danno dei paesi membri (a parole, poi ciascuno tira la coperta dalla sua parte) ; ma questo “diritto civile delle merci” non considera il lavoro dei minori, dei carcerati, quello forzato, i salari sotto standard e le pessime condizioni lavorative come “concorrenza sleale” da sottoporre a sanzione, né questi fattori possono essere utilizzati come elementi discriminanti per le importazioni. “Anche la distruzione dell’ambiente, la produzione di rifiuti tossici e la presenza di materiali transgenici e ormoni sintetici sono state rifiutate come criteri per interrompere l’importazioni di merci da una nazione”.
Riducendo rapidamente le tariffe e gli ostacoli ai flussi commerciali (tramite il cosiddetto GATT, General Agreement on Tarif and Trade, poi sostituito dalla WTO) governi e WTO stanno ricreando le condizioni di lavoro del XIX secolo: sradicamento, degrado urbano, lavoro minorile e degli emigranti, sfruttamento e soprusi… ignorati con indifferenza dal laissez faire.
A fianco della WTO operano la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale che controllano grandi quantità di credito per le imprese e i maggiori flussi di denaro verso i paesi in via di sviluppo. Come tutte le istituzioni la BM ha i suoi punti di vista oltre a un suo modus operandi e una cultura che la supporta: la stessa (neo-liberista) della WTO (e del FMI, cfr. dopo), e cioè che i sistemi commerciali privi di ostacoli portano più beni ai poveri in un tempo inferiore di qualsiasi altro metodo. Dato che in sede locale spesso i Governi sono corrotti e/o non forniscono i servizi ai loro cittadini in modo imparziale, la BM – che teoricamente non potrebbe ingerirsi nella politica interna degli altri stati – di fatto lo fa tramite le pressioni e le insistenze (che ogni debitore o aspirante creditore ’deve’ accogliere) sulle ‘privatizzazioni’ e sulle ‘riforme monetarie’ (leggi “piani di aggiustamenti strutturali di bilancio”). Intenti lodevoli in linea di principio cui corrispondono però fatti molto diversi. Ne sanno qualcosa le ONG che in molti paesi “in via di sviluppo” tentano di sanare gli effetti perversi delle cosiddette “politiche di sviluppo” della BM: gli schemi di privatizzazione spesso portano con sé perdite di posti di lavoro, distruzione di ecosistemi, la violazione dei diritti umani, gli esodi ambientali da mega-dighe, la perdita di sovranità dovuta al “cappio al collo” costituito da crediti derivanti da debiti divenuti insormontabili. Di solito poi nei paesi arretrati e in via di sviluppo i governi non riescono a far fronte ai debiti attraverso lo strumento della tassazione dei redditi e delle ricchezze delle élites dei ricchi e tagliano le poche spese sociali che con fatica avevano precedentemente varato (anche grazie ai crediti ottenuti). E’ questo un circolo vizioso che si ripete in molti paesi, e non solo in quelli in via di sviluppo.
Una curiosità. Mentre nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU i “membri permanenti” restano, nonostante le molte richieste di modifica, i paesi usciti vincitori dalla seconda guerra mondiale (e cioè USA, Russia Cina, Francia e Inghilterra ) i “maggiori azionisti”, in termini di quote, del FMI sono i ‘maggiori’ paesi dell’Occidente capitalistico, e cioè USA, Giappone, Germania, Francia e Regno Unito (cfr. par. successivo).
Le critiche del Movimento alle Istituzioni di “Bretton Woods”
Le basi politiche degli accordi di Bretton Woods (1944/47) tra i vincitori della seconda guerra mondiale sono:
1. la concentrazione del potere nelle mani degli stati usciti vincitori dalla seconda guerra mondiale (nella cui cerchia si è dovuto ammettere, in forza dei numeri, la Cina, ma esclusivamente nel “Consiglio di sicurezza” ONU; solo recentemente questo paese – il più popoloso del mondo – è stato ammesso anche nella WTO);
2. la presenza di un potere dominante disposto ad assumere un ruolo di direzione/coordinamento e in grado di svolgere tale ruolo (gli USA). Dal un punto di vista monetario e finanziario si è passati dal “gold exchange standard” (‘44/’71) al “dollar exchange standard” (dal ’71 a tutt’oggi) che ‘incorona’ definitivamente il dollaro quale valuta internazionale; ancora oggi, anche se ‘compensata’ dall’euro, il dollaro resta la moneta internazionale per definizione ( e così gli USA sono l’unico paese al mondo che può pagarsi i propri debiti emettendo la propria carta-moneta!);
3. la costituzione delle summenzionate tre istituzioni: FMI, Banca Mondiale e WTO (che sostituisce il GATT).
Le critiche del “Movimento” a queste tre istituzioni (e quindi in sostanza al sistema di “governo dell’economia mondiale” messo in piedi con gli accordi di Bretton Woods) sono:
– per ciò che concerne FMI e BM, di essere istituzioni manovrate dai poteri economici e politici del cosiddetto Nord del mondo e di peggiorare le condizioni dei paesi poveri anziché adoperarsi per l’interesse generale [6]. Il sistema di voto nel FMI, inoltre, non avviene in modo democratico, ma in base alle ‘quote possedute’, e – quasi inutile dirlo – i “maggiori azionisti” sono USA, Giappone, Germania, Francia e Regno Unito. La stessa struttura di comando del FMI è concentrata nel “Consiglio esecutivo” (e non nel “Consiglio dei Governatori”) nel quale i membri permanenti sono appunto i maggiori azionisti sopra indicati;
– la WTO promuove il capitalismo selvaggio, cioè un mercato internazionale caratterizzato o da assenza di regole (vinca il più forte, no al protezionismo), o con regole che agevolano di fatto i paesi economicamente già sviluppati. I trattati a suo tempo stipulati in ambito GATT (ora sostituito dalla WTO, vedi sopra) privilegiano le multinazionali e le nazioni sviluppate. I critici inoltre sostengono che la mancata partecipazione di uno stato a tale organizzazione si sostanzierebbe in una sorta di ‘embargo’ a danno del paese rimasto fuori (ciò spiega l’altissimo livello delle adesioni: 153 paesi nel 2008 + 30 paesi osservatori, per un totale rappresentativo del 97% del commercio mondiale in beni e servizi). Anche il processo decisionale del’organizzazione è stato fatto oggetto di forti critiche: i “tre grandi” membri della WTO (USA, UE e Giappone) sono stati accusati di utilizzare tale organizzazione per effettuare indebite pressioni sui paesi più deboli.
Conclusioni
Nel 2005 un’insieme di Agenzie delle Nazioni Unite (FAO, UNESCO, ecc..) con la collaborazione di 1360 scienziati di tutto il mondo ha pubblicato il “Millennium Ecosystem Assessment” con un rapporto, forse unico, sullo stato della “capacità di carico” del pianeta. La diagnosi finale risulta abbastanza semplice: le risorse del pianeta si stanno consumando e presto si esauriranno.
Come tutti i sistemi non lineari gli ecosistemi possono raggiungere ‘soglie critiche’ superate le quali improvvisamente collassano e muoiono, in una sorta di attacco cardiaco ecologico e ‘oggi’ ci troviamo sull’orlo del baratro.
In un mondo in cui le 200 imprese transnazionali (multinazionali) più grandi possiedono il doppio dei beni dell’80% della popolazione mondiale (scarto che va accrescendosi negli ultimi anni) che tipo di buon funzionamento del mercato possiamo supporre? Un buon funzionamento ai fini di una sempre maggior concentrazione della ricchezza? Senza contare i danni ambientali di una movimentazione assurda e parossistica delle merci, e dei continui aggiramenti delle politiche di salvaguardia dell’ambiente (là dove le legislazioni nazionali le hanno previste, cioè non ovunque).
A proposito del neoliberismo USA, Hawken cita a un certo punto questa significativa frase di un giornalista del New York Times, dal nome stranamente ‘noto’: Thomas Friedman [7], che scrive: “La ‘mano invisibile’ del mercato non funzionerebbe mai senza un ‘pugno invisibile’. McDonald’s non avrebbe avuto successo senza McDonnel Douglas. Il pugno nascosto che mantiene sicuro il mondo, permettendo alle tecnologie della Silicon Valley di prosperare, si chiama esercito, aeronautica, marina e corpo dei marine degli Stati Uniti”.
Queste parole sono oltremodo chiare.
NOTE
1. Confronta anche Edgar Morin, volume 4° de “La Methode”.
2. Fritjof Capra , La rete della vita, Rizzoli, Milano 1997.
3. Riferimento evidente al periodo storico che ha fatto seguito alla conquista dell’America (1492) e che ha sviluppato, in successione: mercantilismo, colonialismo, rivoluzione industriale, neocolonialismo e post-modernità attuale.
4. Qui Hawken fa un lungo elenco tassonomico dei gruppi di azione e movimenti che non riportiamo perché legati quasi esclusivamente all’esperienza americana. Tra l’altro l’Autore cita sia i casi di imprenditorialità verde (le “imprese sociali”) che i ‘miliardari’ che contribuiscono alla ‘causa’.
5. E’ questa anche una delle tesi di fondo del sociologo e filosofo francese Edgar Morin, già citato in Nota [1]. Cfr. in particolare il volume 6° de “La Methode”.
6. Joseph Stiglitz, economista dimessosi dalla vicepresidenza della Banca Mondiale, accusa il Fondo di aver imposto ricette ‘standardizzate’ basate su una teoria economica semplicistica (il liberismo economico senza correttivi: privatizzazioni e tagli al bilancio pubblico). Ricette che, nei paesi dove sono state adottate, hanno prodotto più che altro danni (Argentina, Bolivia, ecc) mentre in quelli che non hanno seguito i suoi ‘consigli’ (la Cina e la Polonia, per esempio) le cose sono andate meglio.
7. Thomas Friedman, “The Lexus and the Olive Tree” (New York, Harper Collins, 2000; trad. it.: Le radici del futuro. La sfida tra Lexus e l’ulivo: che cos’è la globalizzazione equanto conta la tradizione, Mondadori, Milano 2001). Il nome del giornalista è stranamente coincidente (parentela o casualità?) con quello di Milton Friedman, celeberrimo economista liberista; la McDonnel Douglas citata nel breve brano riportato nelle ‘Conclusioni’ è una nota impresa americana di aerei e di armi da guerra.
A cura di Giuseppe Fumarco
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