Dal Pakistan – Laura Operti

Un’ immagine sconvolgente ci arriva dal Pakistan, colpito lo scorso agosto dalle inondazioni. Compare su «Internazionale» (3-9 settembre 2010) e suscita orrore e pena: si vedono quattro bambini molto piccoli ricoperti di insetti, abbandonati a terra, avvolti negli stracci; uno di loro tiene con le manine un biberon vuoto vicino alla bocca. È scritto: «I bambini sopravvissuti alle inondazioni vivono in condizioni precarie ai margini della strade di Nowshera, vicino a Peshawar […] l’emergenza continua e otto milioni di persone sono ancora in attesa di aiuto».

S’è parlato molto di questa immagine, che induce a tragiche riflessioni sullo stato dell’umanità.

Anch’io ho negli occhi questi corpicini divorati dagli insetti, mentre osservo “altro” che proviene dallo stesso paese. Quello che vedo ora è un’espressione di bellezza, opere d’arte contemporanea che dal Pakistan sono approdate a noi. Sembra così stridente l’accostamento, ma non crediamo lo sia. Innanzitutto perché vita e morte stanno sempre vicine (e i bambini lottano per vivere) e poi perché l’arte esiste “per suo statuto” affinché quell’immagine in futuro non possa più girare il mondo, affinché la tremenda realtà di cui è testimonianza sia debellata.

Mi riferisco a una bella mostra, Svelando l’utopia, di tre giovani artiste pakistane ospitate negli scorsi mesi dalla Galleria Alberto Peola di Torino, che hanno un ruolo rilevante nella scena culturale di Karachi, di cui, come di molte altre città del mondo non occidentale, si sa troppo poco, se non echi di terrorismo, politica bellica, tensioni internazionali.

Adeela Suleman, Naiza H Khan e Seema Nusrat col loro progetto creativo non lavorano forse per un mondo migliore, in cui non esistano più povertà, discriminazioni, violenze? Lo fanno attraverso la loro poetica visiva: oggetti, spazi, pensiero, anima

Entrando nelle luminose stanze della Galleria si ha di fronte la grande installazione di metallo Big Tree, con intorno una selezione di oggetti ad alto valore simbolico nella cultura popolare pakistana, un pappagallo, un pavone, delle rose. Così si esprime Adeela Suleman, trasmettendo un senso di forza, di dinamismo e di curiosità verso quelle presenze che stanno vicino all’albero.

Da un altro lato compare un corsetto di metallo che evoca tutte le problematiche del corpo femminile, compresso, “nascosto”, ma anche spogliato, “liberato”. Le culture si confrontano su questo tema e mai come oggi sembra esserci conflitto tra chi (a partire dalle donne medesime) vuole coprire col burka e chi vuole lanciare corpi seminudi sulle passerelle della moda e per le strade del mondo. Non è questa la sede per esprimere pareri su queste scelte, entrambe radicali. Soltanto poniamoci delle domande. Se le è sicuramente poste Naiza H Khan, autrice di questa opera.

In un’altra stanza c’è una grande composizione, fatta di cinture di pelle, cravatte, stoffe, oggetti di uso comune che ricordano per l’effetto visivo e per i colori le decorazioni delle moschee. Anche qui un senso di forza, di gesto ampio, sicuro, accompagnato da ispirazione leggiadra. E’ di Seema Nusrat .

Uscendo dalla Galleria tratteniamo dentro il messaggio di bellezza e di libertà dell’artista che ha in mano la sua vita e può disporne, per offrire agli altri i suoi doni, un’ “aggiunta”al paesaggio così spesso desolante della realtà.

E qui ci torna davanti agli occhi l’altra immagine del Pakistan, quella dei bambini sommersi nella miseria.

Uno straordinario libro, appena uscito, Povertà mondiale e diritti umani. Responsabilità e riforme cosmopolite di Thomas Pogge, docente di filosofia e affari internazionali all’Università di Yale si chiude con queste parole: «La povertà nel mondo è molto più grande, ma anche molto più piccola di quanto pensiamo. Uccide un terzo di tutti gli esseri umani che vengono al mondo e la sua eliminazione non richiederebbe più dell’1% del prodotto globale»1.

Le artiste pakistane hanno rivendicato il loro diritto a creare, per quei piccoli il mondo deve ancora fare molto.

1 Thomas Pogge Povertà mondiale e diritti umani. Responsabilità e riforme cosmopolite, 2010, Editori Laterza, p.304

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