La certificazione forestale – Roberto Zanuttini

Il presente contributo tratta una serie di aspetti che possono rivelarsi utili per comprendere meglio la gestione forestale sostenibile, la sua certificazione e quella della rintracciabilità dei prodotti di origine forestale, illustrando sinteticamente i principali schemi applicabili e il valore di tale scelta anche per i non addetti ai lavori.

Generalità sulla certificazione
La certificazione è una dichiarazione rilasciata da un Ente, Istituzione o persona qualificata che ha il fine di sostenere l’effettiva esistenza e verità di un fatto, una situazione o una condizione. Tecnicamente è “un’attestazione della conformità di un prodotto, processo o servizio rispetto a standard predefiniti (ad esempio un disciplinare o una norma), stabiliti per legge o volontariamente accettati”.
In questo ambito sono possibili vari livelli di attestazione di conformità. Ad esempio quella di parte prima, che consiste in un’autocertificazione da parte di un’impresa sulla base di criteri che lei stessa dichiara di rispettare. La certificazione di seconda parte corrisponde invece all’attestazione di un organismo esterno ma non indipendente, cioè commercialmente coinvolto nelle attività che l’impresa svolge. Dal punto di vista dell’affidabilità e trasparenza si parla tuttavia di certificazione in senso stretto solo per quella di parte terza, ovvero quando è previsto l’intervento di un organismo indipendente all’azienda e accreditato; in questo caso il “controllo dei controllori” è anch’esso eseguito da un soggetto esterno che è appunto l’ente di accreditamento. Le certificazioni ISO 9001 sui sistemi per la qualità e ISO 14001 sugli impatti ambientali delle attività manifatturiere appartengono a questo gruppo.
La certificazione può inoltre essere applicata al processo produttivo (in tal caso è detta “di sistema”), al prodotto (“di prodotto”) o alle persone fisiche (“di competenza ecc..”), ma il concetto di base in genere non cambia poiché si tratta quasi sempre di adottare una serie di procedure documentate seguendo le regole della norma di riferimento, tenere sotto controllo il processo in esame o le prestazioni del prodotto o servizio, fissare obiettivi di miglioramento da conseguire nel tempo, prevedere verifiche periodiche interne e/o esterne.
In alcune tipologie di certificazione, tra cui quella forestale, è poi possibile attuare due diversi approcci tra loro complementari: quello di sistema (finalizzato alla messa in atto di un processo di miglioramento continuo) e quello basato sull’applicazione di criteri di tipo prestazionale (ovvero orientato al rispetto di predeterminati obiettivi, con soglie minime da superare). Entrambi presentano vantaggi e svantaggi ma l’approccio di sistema evidenzia spesso il limite di non offrire obiettivi minimi comuni, rendendo così difficile il confronto tra le realtà certificate.
Alcune certificazioni (inclusa quella forestale) ammettono inoltre l’uso di un marchio che serve ad evidenziare il rispetto dei requisiti dettati dalla norma e a differenziare il prodotto sul mercato. La questione di fondo è che di certificazioni e marchi ne esistono varie decine e il consumatore medio spesso non è in grado di rilevarne le differenze o capire in dettaglio cosa ci sia dietro. I marchi presenti sul mercato del legno attestano ad esempio requisiti differenti in merito a vari aspetti, tra i quali la provenienza dei materiali, l’impiego di legno riciclato, i limiti di emissione della formaldeide, le modalità di verniciatura, l’imballaggio dei prodotti, il consumo energetico.
Implementare una certificazione è poi sinonimo di una maggiore cura gestionale che dalla scelta dei partner commerciali, passa per l’organizzazione dei singoli processi produttivi, fino a coinvolgere ogni addetto attraverso uno specifico iter formativo ed educativo. Di conseguenza, ciò può dar luogo a una serie di vantaggi che compensano le difficoltà da affrontare per conseguirla.

Origini della certificazione forestale
L’interesse per la certificazione forestale è legato al processo di globalizzazione che, se da un lato ha avuto effetti positivi sulla dinamica dei prezzi, ha comportato l’insorgere di situazioni di sfruttamento insostenibile e/o illegale per molte risorse naturali ed umane.
In molti casi infatti, l’uso sconsiderato delle foreste è dovuto ad esigenze di reale sopravvivenza, in alcune situazioni esse sono viste come spazio sprecato sottratto ad usi del suolo più remunerativi, in altri casi ancora i forti tagli e l’esportazione di legname rappresentano un introito immediato per i governi locali che rivendicano la loro autonomia decisionale e ritengono tali scelte come “prezzo da pagare” per il conseguimento di una generale crescita economica.
A livello mondiale negli ultimi dieci anni la media di superficie forestale persa per cause antropiche o naturali è “scesa” a 13 milioni di ettari all’anno rispetto al decennio precedente che era di 16 milioni: più del 90% di tale entità, seppur parzialmente compensata dalla realizzazione di nuove piantagioni, interessa le foreste tropicali, in particolare quelle del Brasile, bacino del Congo ed Indonesia. Per avere un termine di confronto, è come se ogni anno venisse distrutta una superficie boscata grande come la Grecia.
Il taglio illegale di legname è un problema di portata internazionale nonché la principale causa di deforestazione e dei cambiamenti climatici (in quanto un quarto delle emissioni di gas serra è dovuto alla degradazione di tale ecosistema); esso poi è spesso collegato ad attività che implicano corruzione, violenza e riciclaggio di denaro e, non di rado, i suoi proventi servono a finanziare guerre civili e l’acquisto di armi, soprattutto in Africa.
Purtroppo una parte del legname oggetto di commercio e importazione proviene da fonti non controllate. In questo contesto, l’Italia è tra i principali importatori, in Europa e nel mondo. Ciò potrebbe far riflettere anche sull’importanza di aumentare l’approvvigionamento locale, per le conseguenti ricadute positive sia economiche (come l’offerta di lavoro a ditte e maestranze o l’aumento della gestione e cura del territorio) sia ambientali (quali le ridotte emissioni del trasporto e il minore impatto sulle aree tropicali).
L’allarme per la distruzione delle foreste ha pertanto fortemente stimolato la richiesta di una certificazione forestale che si è concretizzata agli inizi degli anni ’90 grazie alla volontà di alcune organizzazioni ambientaliste (Amici della Terra, Greenpeace, WWF) di promuovere uno schema internazionale di controllo del legno tropicale per premiare la produzione (e il commercio) “responsabile” dello stesso. Solo in seguito essa si è affermata come strumento di mercato, ad adesione volontaria, soprattutto nelle zone temperate, in Europa e Nord America.
Fondamentalmente, la certificazione forestale ruota quindi intorno al concetto di “Gestione Forestale Sostenibile” che è stato espressamente sancito nel 1993 con la Dichiarazione di Rio, a seguito della Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo sviluppo. La definizione corrente è quella adottata ad Helsinki nel 1993 dalla II Conferenza Interministeriale per la Protezione delle Foreste in Europa. Essa sancisce che una gestione corretta deve saper conciliare la tutela ambientale con l’equità sociale e l’efficienza economica, per le generazioni presenti e future. Le foreste gestite in maniera sostenibile sono quelle in cui vengono adottati rigorosi standard quantificabili e verificabili, basati su requisiti e criteri internazionalmente riconosciuti, approvati con il consenso delle parti interessate e che rappresentano i principi fondamentali della sostenibilità.
Contestualmente a quanto sopra, è emersa una maggior sensibilità ambientale dell’opinione pubblica e dei decisori politici e la domanda dei Paesi più sviluppati per beni e servizi rispondenti a precisi criteri di etica e valenza ecologica.
Un numero crescente di consumatori desidera infatti che le attività economiche e produttive si svolgano con modalità rispettose dell’ambiente e, sebbene i prodotti a base di legno siano di per sé caratterizzati da un profilo ecologico complessivamente migliore di molti materiali concorrenti, le motivazioni che determinano le scelte di acquisto in alcune fasce di mercato richiedono alle industrie del legno di ricorrere a strumenti attendibili e credibili per dimostrare sia l’origine legale e sostenibile della materia prima usata sia la compatibilità ambientale della produzione.
In aggiunta ai vigenti obblighi di trasparenza e informazione al consumatore, in molti hanno quindi iniziato ad esigere etichette sempre più precise e a effettuare scelte attente non solo all’utilità e alle caratteristiche tecniche del prodotto ma anche ai comportamenti assunti dal produttore, alle sue strategie aziendali ed extra aziendali. L’acquisto di un manufatto è pertanto percepito come una manifestazione di consenso verso tutti questi aspetti e valori. Di conseguenza si è rafforzato il ruolo della “certificazione” che ha acquistato la valenza di strumento per comunicare ed evidenziare che un’azienda attua comportamenti coerenti con le aspettative del cliente e del mercato.

Principali schemi e modalità di certificazione forestale
Le varie certificazioni perseguono finalità diverse ma sono spesso basate su criteri comuni e integrabili tra loro, almeno per molti aspetti documentali. In genere, si tratta infatti di applicare un modello concettuale simile.
A questo riguardo la certificazione forestale può essere considerata un approfondimento specifico della certificazione ambientale.
Un’azienda italiana della filiera legno che si occupi di produzione forestale e/o di lavorazione e commercializzazione di prodotti a base di legno, per esempio una ditta boschiva, un consorzio o qualunque altro tipo di organizzazione, ha la possibilità di scegliere tra diverse tipologie di certificazione come quella del proprio sistema di qualità sulla base della norma ISO 9001, la certificazione ambientale secondo la ISO 14001 ecc.. Questa scelta non è però obbligatoria, come invece lo sono la marcatura CE, il rispetto delle norme CITES o la certificazione fitosanitaria.
A parte alcune differenze, in linea di massima tutte le certificazioni richiedono alle aziende:
1. di rispettare sempre le norme e le leggi vigenti (ciò è infatti un pre-requisito in quanto la certificazione non si sostituisce ad esse ma è uno strumento volontario con il quale l’azienda fissa obiettivi più restrittivi)
2. di impegnarsi pubblicamente di fronte alla collettività per la tutela dell’ambiente
3. di operare secondo un piano di gestione e programmazione di lungo periodo
4. di investire in infrastrutture e risorse umane.
Se si entra nel merito della garanzia di origine legale e sostenibile dei prodotti forestali, i due strumenti specifici per il settore, al momento disponibili in Europa e in Italia, sono le certificazioni riferibili agli schemi FSC e PEFC.
L’FSC è un’organizzazione non governativa, indipendente e senza fini di lucro, fondata nel 1993, promossa e gestita da gruppi ambientalisti. Lo schema dell’FSC si basa su dieci principi e criteri che prendono in considerazione i benefici sociali, gli aspetti economici e gli impatti ambientali legati a una gestione sostenibile. L’attività istituzionale del FSC si esplica attraverso lo sviluppo di iniziative nazionali e standard locali riferibili ai suddetti criteri, l’accreditamento e la sorveglianza degli enti di certificazione e la gestione commerciale del marchio.
Il PEFC è anch’esso un’associazione indipendente nata in Europa nel 1998 da un’iniziativa volontaria dei proprietari e gestori forestali e delle industrie del legno, per avere uno strumento più adatto sia alle loro esigenze che alle peculiari situazioni del contesto europeo. Il PEFC è un’organizzazione “ombrello” che implica il mutuo riconoscimento di schemi di certificazione forestale nazionali sviluppati a livello locale. Per essi il riferimento principale sono i 6 Criteri pan-europei, completati da una serie di linee guida operative per la pianificazione e la pratica della gestione sostenibile, con oltre 90 indicatori quantitativi e qualitativi.
In particolare, la certificazione forestale prevede due diverse modalità: la prima consiste nella certificazione della gestione (FM o Forest Management), ovvero nel fatto che una proprietà forestale venga organizzata secondo criteri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
Il legname proveniente da foreste o piantagioni così certificate è etichettabile con un apposito logo e risulta riconoscibile sul piano commerciale dopo l’abbattimento. Esso però deve rimanere rintracciabile in tutte le fasi delle successive lavorazioni sino al prodotto finito, e per tale motivo si applica la seconda modalità, denominata certificazione della catena di custodia (dall’inglese Chain of Custody – CoC).
Se il prodotto finito rispetta le condizioni della chain of custody, sarà anch’esso individuabile dal consumatore tramite un marchio specifico.
Operativamente, i proprietari di boschi o piantagioni, a prescindere dalla loro grandezza, possono conseguire la certificazione della gestione dimostrando l’aderenza ai rigorosi requisiti degli standard nazionali approvati dal FSC o PEFC. La certificazione FM può essere ottenuta individualmente (da una singola azienda o da un unico proprietario forestale) oppure conseguita come regione o gruppo, permettendo ai proprietari di partecipare in maniera associata, con facilitazioni burocratiche ed economie di scala.
In Italia, per la grande importanza del comparto di trasformazione del legno rispetto alla gestione produttiva del patrimonio forestale esistente, la modalità di certificazione più diffusa e in rapida espansione è quella della catena di custodia.
In tal caso l’obiettivo è attivare un collegamento di informazioni tra la materia prima contenuta in un prodotto forestale e l’origine della stessa, attraverso un’identificazione basata su un sistema di contabilità e monitoraggio dei suoi flussi, dal bosco alla distribuzione. Grazie alla catena di custodia è possibile provare che ciascuna impresa coinvolta nel processo produttivo ha messo a punto un sistema per “tracciare” tutti i passaggi dall’approvvigionamento del legname proveniente da una foresta certificata fino alla vendita del prodotto, semilavorato o finito, ottenuto con quello stesso legname.
La catena di custodia, con la relativa documentazione, evidenzia infatti ai successivi clienti quanto legno proveniente da fonti certificate è presente nei prodotti considerati. Per far sì che il sistema funzioni efficacemente, ciascuna impresa che interviene nelle diverse fasi di trasformazione o nei passaggi di proprietà del legno deve avere una catena di custodia certificata.
In quest’ambito la gestione del materiale legnoso certificato avviene generalmente:
– attraverso la separazione fisica
– con il sistema “a trasferimento”
– utilizzando un approccio percentuale (basato sulla rendicontazione dei flussi di legname/materie prime legnose).
Con la separazione fisica ogni partita di legname proveniente da fonti certificate deve essere mantenuta segregata da altra materia prima non certificata in ciascun passaggio intermedio, ovvero dal taglio e trasporto all’immagazzinamento, lavorazione e vendita.
Con il sistema a trasferimento (tipico dello schema FSC) si trasferisce al prodotto finale (lavorato o commercializzato) la categoria della materia prima in ingresso.
Tramite il sistema percentuale, l’impresa può etichettare come proveniente da fonti certificate la parte di produzione che corrisponde alla quantità (in volume o peso) di materia prima certificata utilizzata. Ciò deve essere dimostrato con opportune registrazioni eseguite in ciascuna fase del processo.
Dal momento in cui la catena di custodia è certificata, si può fare richiesta di licenza d’uso del logo da applicare sia direttamente sul prodotto o al di fuori del prodotto (ad es. su fatture, carta intestata, documenti di trasporto ecc ….). Nella comunicazione di marketing, l’etichettatura serve anche a incoraggiare i clienti e il pubblico in genere verso una scelta a favore della gestione sostenibile delle foreste che si attua acquistando i prodotti contrassegnati dal logo.
Il cliente/consumatore di un prodotto etichettato può comunque controllare la validità della catena di custodia. Nei siti Internet di FSC e PEFC sono infatti disponibili banche dati la cui consultazione consente di reperire informazioni su ciascun numero di certificato o licenza d’uso del logo, in riferimento ad entrambi gli schemi.
La certificazione forestale trova applicazione per svariate tipologie di prodotti legnosi, anche per quelli ad uso combustibile. Oltre alle aziende del legno interessa il settore della carta, l’editoria e alcuni marchi della grande distribuzione del mobile, del fai da te e dei beni di consumo alimentare (relativamente agli imballaggi) nonché vari prodotti forestali non legnosi (funghi, frutti di bosco, tartufi, castagne, sughero, oli balsamici ecc..).

Diffusione della certificazione forestale e prospettive
Ad oggi la superficie di foreste certificate ha raggiunto 359 milioni di ettari (ha), intorno al 10% della loro estensione a livello mondiale (le foreste coprono circa 4 miliardi di ha).
Lo schema di certificazione forestale più diffuso è il PEFC con 223 milioni di ha di foreste certificate (il 62% del totale), seguito dal FSC con 136 milioni di ettari (38%).
La certificazione forestale ha trovato più facile applicazione in contesti socio-geografici quali l’Europa e il Nord America dove la gestione selvicolturale può vantare una lunga tradizione (e quindi è più facile soddisfare i requisiti previsti dallo schema di riferimento) e la superficie dei boschi è in espansione.
In Italia sono certificati 811.056 ettari di foresta, corrispondenti al 9,26% sulla superficie totale a bosco (8.759.200 ettari), di cui 744.538 ettari con lo schema PEFC e 66.518 ettari con quello FSC.
Il maggior interesse per la certificazione forestale lo hanno manifestato i Paesi importatori di legname con gruppi ambientalisti molto attivi (in grado di esercitare pressioni a livello politico e sull’opinione pubblica), come ad esempio Francia, Gran Bretagna, Germania e Olanda. Il mercato dei prodotti certificati è infatti ritenuto da più parti interessante per le imprese orientate all’esportazione e per la nuova politica degli “acquisti verdi”, cioè il Green Public Procurement (GPP), da parte delle Pubbliche Amministrazioni,. Con la certificazione forestale queste ultime hanno la garanzia che i prodotti legnosi acquistati sono di origine certa e realizzati rispettando l’ambiente e i diritti civili nei Paesi d’origine. Poiché inoltre le Linee guida prodotte dal Ministero dell’Ambiente riconoscono alla certificazione forestale un valore di natura etica e ambientale, in molte gare di appalto essa è considerata tra i criteri ecologici premianti ai sensi del punteggio finale.
Sebbene in una risoluzione approvata nel 2006 il Parlamento Europeo abbia formalizzato la dichiarazione che gli schemi PEFC e FSC sono considerati equivalenti, in realtà essi restano su posizioni conflittuali e ideologicamente diverse che, soprattutto per quanto riguarda la CoC, costringono spesso gli operatori italiani del settore a una scelta basata sulle richieste del loro mercato o ad implementarla con entrambi gli schemi.

Conclusioni
La gestione forestale sostenibile e le varie iniziative di certificazione che ne rappresentano lo strumento attuativo, traggono origine dalla necessità di soddisfare l’aumento dei prelievi e del consumo di legno preservando le risorse.
Affinché un prodotto a base di legno sia realmente rispettoso dell’ambiente deve essere composto da materia prima proveniente da foreste gestite in modo corretto e responsabile. Attualmente la certificazione secondo gli schemi FSC o PFC è l’unico strumento che fornisce indicazioni a tal riguardo e sulla rintracciabilità dal bosco al mercato.
La certificazione forestale serve quindi a promuovere una gestione sostenibile dei boschi mentre per le imprese che la conseguono è un utile strumento di marketing e un’opportunità di ufficializzare il loro impegno verso l’ambiente.
E’ importante peraltro evidenziare che, se il prodotto legnoso è realizzato con legname e da imprese locali, la sua certificazione contribuisce a valorizzare le risorse e l’economia del territorio.
La recente promulgazione da parte delle Pubbliche Amministrazioni di molti Paesi di politiche di acquisto attente ai prodotti dall’elevato profilo ecologico fornisce un’ulteriore spinta alla diffusione di questo strumento.
Infine, l’attivazione da parte del settore privato di un meccanismo volontario di garanzia può completare le azioni adottate dai governi per combattere il taglio e commercio illegale di legname. In questo senso, la certificazione forestale, nei suoi due aspetti di sostenibilità della gestione e di rintracciabilità dei prodotti certificati, rappresenta anche un modo di porre attenzione alla qualità della vita di chi verrà dopo di noi.

Riferimenti bibliografici
FAO-FRA 2010 Statistiche forestali FAO – Roma (www.fao.org/forestry/fra/fra2010/en/)
www.fsc-italia.it
www.fsc.org
www.pefc.it
www.pefc.org
www.tesaf.unipd.it/pettenella/
Brunori A. (2010). La sostenibilità nel settore forestale e del legno per un’edilizia certificata. In: BOISLAB Il legno per un’architettura sostenibile. Alinea Editrice: 21-24. (consultabile on-line all’url: http://issuu.com/workshopboislab/docs/libroboislab).

Il seminario con Roberto Zanuttini, La certificazione forestale, svoltosi il 18 novembre 2010, rientra nel ciclo di incontri e proiezioni video dal titolo “La sostenibilità delle risorse forestali”, che il Centro Studi Sereno Regis e il Settore Politiche Forestali della Regione Piemonte, in collaborazione con CinemAmbiente, hanno organizzato sul tema della gestione delle risorse forestali, al fine di pubblicizzare la presenza, presso il Centro Studi Sereno Regis, della Biblioteca Forestale e di Ingegneria Naturalistica “Liria Pettineo” e diffonderne la conoscenza tra gli specialisti del settore, gli studenti universitari e la popolazione in generale.

Roberto Zanuttini, Dipartimento Agroselviter, Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Torino. Via L. da Vinci 44 – 10095 Grugliasco (TO); tel: 0116705541; e-mail: [email protected]

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