Jamming culturale

La vergogna dell’America

Robert Fisk

Duro Intervento di Robert Fisk dopo le rivelazioni di WikiLeaks che mettono a nudo in dettaglio la brutalità della guerra in Iraq – e l’inganno sbalorditivo e scandaloso degli USA.

Come al solito, gli arabi sapevano. Sapevano tutto delle torture di massa, della fucilazione promiscua di civili, dell’uso scandaloso di forze aeree contro abitazioni familiari, dei mercenari carogna americani e britannici, dei cimiteri degli innocenti. Tutto l’Iraq sapeva. Perché erano loro le vittime.

Solo noi potevamo fingere di non sapere. Solo noi in Occidente potevamo opporci a ogni asserzione, ogni accusa contro gli americani o i britannici con qualche degno generale – vengono in mente lo spettrale portavoce militare USA Mark Kimmitt e l’abominevole presidente dei Capi di Stato Maggiore, Peter Pace – per recintarci di bugie. Trovavate un uomo che era stato torturato e vi veniva detto che era propaganda terrorista; o una casa gremita di bambini uccisi da un’incursione aerea americana e anche quella sarebbe stata propaganda terrorista, o “danno collaterale”, o una semplice espressione: “Non ci risulta.”

Ovviamente, noi tutti sapevamo che essi erano al corrente. E la marea di memorandum militari di ieri lo prova una volta di più. Al-Jazeera ha fatto di tutto per rintracciare le effettive famiglie irakene i cui membri risultano uccisi ai posti di controllo USA – io ne ho identificata una perché ne riferii nel 2004: l’auto crivellata dai colpi, i due giornalisti morti, addirittura il nome del capitano USA del posto – ed è stato l’Independent di domenica ad allertare per primo il mondo sulle orde di indisciplinati gorilla armati spediti a Baghdad per proteggere diplomatici e generali. Questi mercenari, che impazzavano uccidendo per le città dell’Iraq, mi malmenarono quando dissi loro che stavo scrivendo su di essi già nel 2003.

Si ha sempre la tentazione di evitare un articolo dicendo “nulla di nuovo”. L’idea della “solita storia” viene usata dai governi per smorzare l’interesse giornalistico, come può essere usata da noi a copertura della pigrizia giornalistica. Ed è vero che i reporter hanno già visto un po’ di questa roba. La “prova” del coinvolgimento iraniano nella fabbricazione di bombe nell’Iraq meridionale fu servita a Michael Gordon del The New York Times dal Pentagono nel febbraio 2007. Il materiale grezzo che possiamo adesso vedere è molto più dubbio che la versione mendicata dal Pentagono. In Iraq c’era in giro ancora parecchio materiale militare iraniano risalente alla guerra irako-iraniana del 1980-88 e la gran parte degli attacchi agli americani a quel punto era portata da insorti sunniti. A proposito, erano corrette le notizie che la Siria permetteva agli insorti di passare per il proprio territorio. Ho parlato con le famiglie di attentatori suicidi palestinesi i cui figli giunsero in Iraq dal Libano passando dal villaggio libanese di Majdal Aanjar e poi per la città siriana di Aleppo per aggredire gli americani.

Ma, pur scritta in squallido militarese, ecco la prova della vergogna dell’America, roba che può essere usata dagli avvocati in tribunale. Se 66,081 – quanto mi piace quell’ “81? – è la cifra USA più alta disponibile per i morti civili, la cifra reale è allora infinitamente superiore dato che quella registra solo i civili di cui sapevano gli americani. Alcuni di essi vennero portati all’obitorio di Baghdad in mia presenza, e fu l’ufficiale più alto in grado lì presente che mi disse che il ministero della sanità irakeno aveva vietato ai medici qualunque accertamento post-mortem sui cadaveri dei civili portati da soldati USA. E perché mai? Perché alcuni erano stati torturati a morte da irakeni che lavoravano per gli americani? Questo combinava con i 1.300 rapporti USA indipendenti sulla tortura nelle stazioni di polizia irakene?

Gli americani non avevano fatto di meglio la volta precedente. In Kuwait, militari USA sentivano dei palestinesi venir torturati dai kuwaitiani nelle stazioni di polizia dopo la liberazione della città dalle legioni di Saddam Hussein nel 1991. Un membro della famiglia reale del Kuwait era coinvolto nella tortura. Le forze USA non intervennero; si lagnarono semplicemente con la famiglia reale. Ai soldati viene sempre detto di non intervenire. Dopo tutto, che dissero al ten. Avi Grabovsky dell’esercito israeliano quando riferì al suo ufficiale nel settembre 1982 che i falangisti alleati d’Israele avevano appena ucciso alcune donne e bambini? “Lo sappiamo, non ci fa piacere, ma non interferire” gli disse il suo comandante di battaglione. Fu durante il massacro dei profughi di Sabra e Chatila.

La citazione è del rapporto del 1983 della commissione israeliana Kahan – sa il cielo che cosa leggeremmo se WikiLeaks mettesse le mani sugli innumerevoli archivi del ministero della difesa israeliano (o siriano, per quello). Ma ovviamente allora sapevamo come usare il computer, figuriamoci come scriverci su. Che è naturamente una delle lezioni importanti del fenomeno WikiLeaks.

Nella prima guerra mondiale, o nella seconda, o in quella del VietNam, si scrivevano i propri reportage su carta, magari in triplice copia, ma si poteva comunque numerarle, rintracciare qualunque spione e prevenirne uscite incontrollate. Le Carte del Pentagono erano effettivamente scritte su carta. Per ottenerli si doveva trovare una talpa. ma la carta poteva sempre essere distrutta – anche in tutte le copie, espurgata, cestinata,

Alla fine della guerra 1914-18, per esempio, un sottotenente britannico sparò a un cinese che l’aveva minacciato con un coltello dopo che operai cinesi avevano saccheggiato su un treno francese. Ma durante gli anni ’30 la pratica relativa fu “espurgata” tre volte sicché non rimane traccia dell’incidente, salvo un suo esile spettro in un diario di reggimento che registra un coinvolgimento cinese nel saccheggio di “treni di provviste francesi”. L’unico motivo perché io sappia dell’uccisione del cinese è che mio padre era quel tenente e me lo raccontò prima di morire. Niente WikiLeaks al tempo.

Ma sospetto, eccome, che questa massa imponente di materiale sulla guerra in Iraq abbia serie implicazioni per i giornalisti nonché per gli eserciti. Qual è il futuro dei Seymour Hersh e del giornalismo investigativo vecchio stile che The Sunday Times soleva praticare? Qual è lo scopo di mandare squadre di reporter a esaminare crimini di guerra e incontrare “gole profonde” militari, se quasi mezzo milione di documenti militari segreti vi galleggeranno su uno schermo davanti al naso?

Non siamo ancora arrivati al fondo di questa storia WikiLeaks, e sospetto piuttosto che ci sia più che soltanto qualche soldato USA implicato in quest’ultima rivelazione. Chissà se non ci si avvicina alle alte gerarchie? Per esempio, al-Jazeera nele sue indagini ha scoperto un estratto di una conferenza stampa di routine del Pentagono del novembre 2005. Peter Pace, l’antipatico presidente dei Capi di Stato Maggiore, vi riferisce ai giornalisti come dovrebbero reagire i soldati al trattamento crudele dei prigionieri proclamando con orgoglio che è dovere di un soldato USA intervenire allorché veda prove di tortura. Poi la telecamera si sposta sulla ben più sinistra figura del ministro della Difesa Donald Rumsfeld, che interrompe bruscamente quasi con un borbottio il costernato Pace: “Non credo che intenda che (i soldati americani) abbiano l’obbligo di fermarla fisicamente, ma di riferirne a chi di dovere.”

L’importanza di questo commento – cripticamente sadico a modo suo – è ovviamente andata persa per i giornalisti. Ma il memorandum segreto Frago 242 adesso conferisce ben più senso alla conferenza stampa. Presumibilmente inviato dal gen. Ricardo Sanchez, contiene la seguente istruzione ai soldati: “Purché il rapporto iniziale confermi che forze USA non fossero implicate nell’abuso di detenuti, non si condurranno ulteriori indagini se non dirette da HHQ [Higher Headquarters, Quartieri Gererali Superiori].” Abu Ghraib ebbe luogo durante il periodo di sorveglianza di Sanchez in Iraq. Fu sempre Sanchez, a proposito, che non seppe spiegarmi a una conferenza stampa perché le sue truppe avessero ucciso i figli di Saddam in uno scontro a fuoco a Mosul anziché catturarli.

Sicché il messaggio di Sanchez, pare, deve aver avuto l’imprimatur di Rumsfeld. E così il gen. David Petraeus – benamato dagli organi di stampa USA – fu presumibilmente responsabile del netto aumento d’incursioni aeree USA nel giro di due anni; 229 bombardamenti in Iraq nel 2006, ma 1.447 nel 2007. Abbastanza interessante è che i raid aerei USA in Afghanistan siano aumentati del 172% dacché Petraeus vi ha assunto il comando.

Il che rende tanto più sbalorditivo che il Pentagono stia ora frignando che WikiLeaks può aver le mani sporche di sangue; proprio il Pentagono, coperto di sangue dallo sgancio della bomba atomica su Hiroshima nel 1945, e come istituzione che ordinò l’invasione illegale dell’Iraq nel 2003 – con quel corollario di oltre 66.000 morti civili secondo i propri conti, rispetto al totale di 109.000 registrati? Asserire che WikiLeaks sia colpevole d’omicidio è grottesco.

La verità, naturalmente, è che se tutto quello scrigno di rapporti segreti avesse provato che il numero dei morti era molto minore di quello strombazzato sulla stampa, che i soldati USA non tollerarono mai la tortura della polizia irakena, hanno sparato di rado ai civili ai posti di controllo e hanno sempre chiamato a render conto i killer mercenari, i generali USA distribuirebbero questi rapporti gratis ai giornalisti sui gradini del Pentagono. Sono furiosi non perché è stato infranto il segreto, o perché può conseguirne un versamento di sangue, ma perché sono stati colti a dire bugie che peraltro abbiamo sempre saputo che dicevano.

I documenti ufficiali USA precisano una scala straordinaria di azioni sbagliate

WikiLeaks ha rilasciato ieri sul suo sito ben 391.832 messaggi militari USA che documentano azioni e rapporti in Iraq nel periodo 2004-2009. Ecco i punti principali:

Prigionieri abusati, stuprati e assassinati

Centinaia di casi di abuso e tortura di prigionieri da parte dei servizi di sicurezza irakeni, ivi inclusi stupro e assassinio. Poiché essi sono individuati nei rapporti USA, le autorità USA ora fronteggiano accuse di mancata indagine. Leader ONU e attivisti in campagna richiedono un’indagine ufficiale.

Copertura del numero di morti civili

I leader della coalizione hanno sempre detto “non riscuotiamo pedaggi di morte”, ma i documenti rivelano la registrazione di molte morti. L’autorevole associazione britannica Iraq Body Count dice che dopo esame preliminare di un campione dei documenti si possono stimare altri 15.000 morti civili, per un totale che sale a 122.000.

Abbattimento di uomini che cercano di arrendersi

Nel febbraio 2007, un elicottero Apache uccise due irakeni sospettati di azionare mortai, mentre cercavano di arrendersi. Un avvocato militare è citato per aver detto: “Non possono arrendersi a un velivolo e sono quindi bersagli validi.”

Abusi di aziende di sicurezza private

L’Ufficio britannico di Giornalismo Investigativo dice di aver trovato documenti che precisano nuovi casi di presunte uccisioni improprie di civili che coinvolgono Blackwater, frattanto rinominata Xe Services. Ciononostante, Xe mantiene ampi contratti USA in Afghanistan.

Uso di bambini e “handicappati mentali”da parte di Al-Qa’ida per attacchi con bombe

Un adolescente con sindrome di Down che ha causato 6 morti e 34 feriti in un attacco suicida a Diyala sarebbe un esempio di prassi regolare di reclutamento da parte di al-Qa’ida verso chi ha difficoltà di apprendimento. Un medico è accusato di aver venduto un elenco di tali pazienti femminili agli insorti.

Centinaia di civili uccisi ai posti di blocco

Delle 832 morti registrate ai posti di blocco in Iraq fra il 2004 e il 2009, secondo l’analisi dell’Ufficio britannico di Giornalismo Investigativo, 681 erano civili. Fra le vittime, 50 famiglie e 30 bambini uccisi. Per incidenti ai posti di blocco sono stati uccisi solo 120 insorti.

Influenza iraniana

I rapporti precisano le preoccupazioni USA che agenti iraniani abbiano addestrato, armato e diretto militanti in Iraq. In un tale documento, i militari USA ammoniscono che un comandante della milizia che si pensa sia responsabile della morte di soldati USA e del rapimento di ufficiali irakeni fosse addestrato dalla Guardia Rivoluzionaria Islamica iraniana.


Titolo originale: The Shaming of America

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Sereno Regis

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