Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle nuove generazioni

Nanni Salio

Giuseppe Moscati, a cura di, Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle nuove generazioni, Atti della I Giornata dei giovani studiosi capitiniani (Perugia, 14 marzo 2009), Levante editori, Bari 2010

Il pensiero e le opere di Aldo Capitini Si può avere talvolta l’impressione che su alcuni autori, come Aldo Capitini e Gandhi, si sia già detto tutto e ci sia poco da aggiungere. Per smentire questo errato preconcetto, basta scorrere l’indice di questo volume curato da Giuseppe Moscati, il quale nell’introduzione ne evidenzia la specificità: dare la parola a “giovani studiosi”.

I quali non solo si sono dimostrati all’altezza del compito, ma in alcuni casi hanno superato di gran lunga le aspettative.

Di particolare interesse, il contributo di Graziella Falcicchio, “Questo animale che portiamo con noi: il corpo e l’educazione alla corporeità tra finitudine e trasfigurazione”, che affronta con intelligenza e profondità un tema lasciato troppo in ombra nella letteratura sulla cultura della nonviolenza e più in generale della peace research. A conferma di questa lacuna, l’autrice osserva a pag. 90: “Non sorprende … che nella pedagogia di Capitini non compaia un’educazione alla corporeità, mentre esiste un’educazione a prendersi cura della sofferenza nel corpo e dei nuovi nati, una sublimazione nella cura.” Ancor più si può notare che manca o si percepisce come insufficiente una appropriata educazione alla sessualità nonviolenta.

Così come si teorizza un nesso tra teoria/valori/fatti al quale corrisponde la formuletta adottata nel campo della ricerca per la pace che mette in relazione ricerca/educazione/azione, si può sostenere che occorre una educazione a tutto campo su mente/spirito/corpo. E nel corpo è compresa la sessualità. Le risposte date sinora in ambito nonviolento, tanto da Capitini quanto da Gandhi, sembrano inadeguate per rivolgerci alla gran parte dell’umanità che non compie scelte, per quanto nobili, di rinuncia, castità, misticismo, ma che anzi considera la sessualità una possibile fonte di autorealizzazione e di armonia tra uomo e donna, secondo alcuni dei più significativi insegnamenti come quello del tantrismo.

Nel lavoro della Falcicchio ci sono utili riflessioni sul tema, a cominciare dal richiamo al contributo di Merlau-Ponty, che permette di mettere bene a fuoco il problema. E’ una questione comunque sulla quale occorre lavorare ancora intensamente, facendo tesoro oltre che delle riflessioni che i movimenti femminili hanno svolto in materia, anche dei molteplici contributi che culture altre hanno portato nel corso del tempo. Ma un ptrimo passo esplicito in tale direzione è stato compiuto, grazie al lavoro dell’autrice.

In un altro contributo particolarmente brillante e originale, Antonio Vigilante, già noto per alcuni suoi importanti studi sulla nonviolenza, si cimenta su Compresenza e vacuità. Una lettura buddhista di Aldo Capitini. L’autore prende spunto da una bella pagina di Capitini, nella quale si evocano al contempo la bellezza della natura, in primavera, e i rintocchi du una campana a morto che ci riconduce alla nostra fragilità e impermanenza. L’accostamento con il pensiero e la vita del Buddha è immediato: l’eterno conflitto tra dukkha (dolore) e sukkha (felicità). Un tema che anche un altro grande del nostro tempo, Johan Galtung, ama ricordare per porre a confronto l’idea di pace negativa a quella di pace positiva.

Le riflessioni svolte con grande perspicacia da Vigilante spaziano tra Oriente e Occidente, in un saggio densissimo di richiami ad autori diversi, da Michelstaedter e Panikkar a Thich Nhat Hanh e al filosofo giapponese Nishitani (e qui debbo confessare la mia ignoranza, che in questo caso si può dire in sintonia con l’insegnamento buddhista, per non averlo conosciuto prima di questa lettura).

Questo confronto permette di far emergere alcune delle questioni più importanti del pensiero capitiniano, come ad esempio il suo rifiuto di una concezione religiosa, quale quella cristiana, basata sul giudizio, la condanna e la “separazione eterna tra i beati e i salvati” (p.58). E’ questa una condizione di esclusione e separazione lontana dall’idea di apertura all’altro e di conpresenza che caratterizzano il pensiero capitiniano e che Vigilante ci fa ritrovare nella filosofia di Nishitani. Una lettura affascinante che apre a nuove prospettive di ricerca e di spiritualità non vincolate a limiti spaziali e temporali.

Se abbiamo oggi la possibilità di leggere questi preziosi contributi, oltre agli altri che completano il volume, dobbiamo ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questa iniziativa, a cominciare dall’Associazione Nazionale Amici di Aldo Capitini.

Ma un ringraziamento particolare va anche all’editore che ha ormai al suo attivo numerosi e importanti saggi che permettono di rendere via via più ricco il patrimonio culturale della nonviolenza, in una ricerca che non ha fine e ha bisogno di essere sostenuta per continuare ad alimentare l’intelligenza e la creatività di molti giovani entrati con entusiasmo in questo campo.

La scheda sul sito dell’editore: http://www.levantebari.com/fccapitinimis.htm


 

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