Servizio civile di Pace

Johan Galtung

Jondal, Hardanger, Norvegia: Un seminario sul servizio civile di pace dopo un convegno dove si sono evocati dei Ministeri per la Pace pone questa piccola comunità di 10.000 anime sul fronte della politica di pace. Nordisk fredsakademi, l’Accademia Nordica per la Pace, è l’organizzatrice, con la valida regia di Laila Bergsagel, Alexander Harang e Synöve Faldalen, che è anche il coordinatore di TRANSCEND-Nordic, e la persona di punta in SABONA: TRANSCEND in famiglia, a scuola e sul posto di lavoro. Una squadra robusta. Convegno-seminario, ogni agosto.

Il seminario ha riferito di un bel progresso nell’attuazione dell’idea generale di un servizio di pace, in quanto Nonviolent Peaceforce – NP, in Sri Lanka e nelle Filippine; e in quanto Civilian Peace Service (Servizio Civile di Pace – CPS), con il davvero impressionante CPS tedesco attivo dappertutto, compreso l’Afghanistan. Si sono scambiate le esperienze. Ispirazione reciproca.

C’è un ampio spettro d’idee che spingono verso approcci nonviolenti in situazioni violente. Senza dubbio molte di esse traggono origine da Gandhi, il genio della nonviolenza che mise in pratica il termine e la corrispondente visione. La sua brigata del satyagraha, ossia shanti sena, fu un esempio concreto, organizzando le persone a resistere, ad afferrare (grahein) il satya, stando dalla parte di Dio, della Verità, dell’Amore. Che cosa intendeva Gandhi?

Dio è quella luce di guida “là fuori” che dà senso alla vita “in noi”. “L’ateismo dell’ateo” era il famoso esempio di Gandhi. La Verità è ciò che guida alla sua realizzazione, non solo corrispondenza a una qualunque realtà empirica, o qualcosa di dedotto correttamente da assiomi. E l’Amore unisce tutti gli umani aldilà dei generi e delle generazioni, razze e nazioni, classi e caste, geografia e storia.

Le brigate del satyagraha erano sforzi per praticarlo, mediante:

[1] difesa nonviolenta contro un aggressore violento con la non-cooperazione, la disobbedienza civile, ecc.;

[2] ruoli di interposizione fra due aggressori, che impediscano fisicamente la violenza, aiutino le vittime, siano testimoni di quanto accaduto, che facciano opera di mediazione, accostino i contendenti fra loro, riconcilino;

[3] azione positiva, ricostruzione, riabilitazione, costruzione; oggi spesso nota come assistenza per disastri e/o allo sviluppo.

Molto di ciò fu adottato dalle International Peace Brigades lanciate dalla War Resisters’ International nei primi anni 1960, fra gli altri compiti quello della interposizione in relazione all’imminente indipendenza del Tanganyika, poi Tanzania.

L’idea norvegese dei corpi di pace lanciata nell’agosto 1960 coglieva tutt’e tre le idee gandhiane aggiungendone una: la reciprocità, non solo norvegesi in paesi in via di sviluppo ma anche viceversa.  Quanto infine il governo realizzò anni dopo era solo un corpo per lo sviluppo a senso unico, come i Peace Corps USA di Kennedy.

Foto di Abbie Rowe. From the U.S. National Archives, Pubblico dominio, Collegamento


Nell’ONU la triplice articolazione – peace-making, -keeping, -building è una variante della stessa idea generale: intervento-assistenza (quasi) nonviolenti in conflitti violenti. Il peace-making è affine al secondo punto di Gandhi succitato, e il peace-building al terzo. Ma il peace-keeping è ben distante dal primo punto gandhiano: è armato.

Comunque, il capitolo 6 della Carta ONU minimizza la violenza all’uso difensivo, armi manuali (leggere), mentre il capitolo 7 dà spazio all’ossimoro peace-enforcement (imposizione della pace), “con ogni mezzo necessario” (motivo del ritiro svizzero dall’Afghanistan: siamo stati invitati al peace-keeping ma in realtà si trattava di peace-enforcement).

Così la Nonviolent Peaceforce, e il Servizio Civile di Pace, si muovono verso il futuro su queste onde. Che cosa potrebbero apprendere dal passato e dal presente? C’è un problema di base: provenendo ora dall’Occidente, c’è sempre il pericolo che possano diventare la continuazione delle aggressive politiche governative occidentali con mezzi non-governativi. Come lo si può evitare?

Anzitutto, smilitarizzando la terminologia: anziché “forza”, si usi “servizio”, o semplicemente “lavoro”. Gandhi stesso fu criticato per il termine “brigata”, ma era molto attaccato all’idea dell’ “eroico guerriero nonviolento” (kshatria). Si evitino anche termini come “dispiegamento” e “intervento”; si usi piuttosto “operativo” e “assistenza”. Si ascolti con le orecchie di coloro che sono stati uccisi da e sofferto per dispiegamenti e interventi.

Termini propagandistici occidentali come “processo di pace” e “road map”, anche quando non ce ne siano, sarebbero da evitare. Come pure “vincere cuori e menti”, tanto sovente usati da persone che non hanno né cuore né mente. Come suonano tali termini a quelli che sono stati esposti a tali processi, mappe e a questo tipo di tipi di vittoria?

Secondo, mediante la reciprocità. Servizio che si svolge nei due sensi. Molta della violenza del mondo ha origine nell’espansione occidentale in vari modi in ogni parte del mondo, cercando anche di clonare se stesso con i geni del modello liberale di sviluppo occidentale basato su crescita economica, diritti umani e democrazia. Idee buone fino a un certo punto, ma ci sono molte altre buone idee al mondo. Allora, s’invitino musulmani nei paesi occidentali a spiegare l’Islam come convivenza e condivisione; c’è un’enorme ignoranza occidentale. S’invitino cinesi a esplorare come potrebbe applicarsi il modello cinese centrato sulla comunità. Propaganda? Ma come appare l’ insistere solo su un modello, quello liberale occidentale? Si mettano in gioco i vari modelli!

Terzo, dove c’è violenza c’è un conflitto da qualche parte. Alla radice di un conflitto c’è qualche tipo di incompatibilità di fini. Che cosa ci sarebbe di meglio che organizzare un centinaio di dialoghi locali riguardo a su che cosa verte il conflitto, facendo affiorare proposte per districare quella incompatibilità facendola arrivare un po’ casualmente ai livelli superiori della società locale e globale? Se non si hanno idee, si può essere sicuri che qualcun altro imporrà i propri fini. Si mettano dunque in gioco cento proposte!


16.08.10 – TRANSCEND Media Service
Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
Titolo originale:
Civilian Peace Service

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