I Rom: cittadini del mondo ante litteram

René Wadlow

Vagando ora di terra in terra
Chi c’è qui che senta il mio dolore?”

Yunus Emre, derviscio turco del 13° secolo

Inizio agosto [2010], il ministro degli interni francese Brice Hortefeux ha annunciato che oltre 40 accampamenti zingari erano stati smantellati in tutta la Francia da quando il presidente Nicolas Sarkozy aveva invocato nel corso dell’estate una repressione degli accampamenti chiamandoli “fonti di traffici illegali, con standard di vita profondamente degradati, sfruttamento minorile per la mendicità, prostituzione e crimine.” Circa 300 accampamenti Rom non su terreni municipali organizzati per zingari o “Viaggiatori” devono essere demoliti e alcuni loro occupanti — i criteri d’espulsione non sono chiari — espulsi principalmente verso la Romania e la Bulgaria. Le motivazioni politiche di Sarkozy sono chiare: compiacere la destra anti-immigrazione — essenzialmente gli elettori del Fronte Nazionale — che da tempo hanno una posizione programmatica ostile agli immigrati.

Tuttavia, ci sono state misure anti-Rom in Germania dove circa 12.000 Rom devono essere deportati in Kosovo, in Italia dov’era stato dichiarato uno “stato d’emergenza” per paura degli immigrati Rom, come pure in Belgio.

Queste misure arrivano nel bel mezzo di un Decennio Europeo d’Inclusione dei Rom (2005-2015) indetto dai funzionari dell’Unione Europea come “un impegno senza precedenti dei governi europei per migliorare lo status socio-economico e l’inclusione sociale dei Rom” benché probabilmente non ci sia un’alta consapevolezza pubblica del Decennio stesso.

Secondo alcune stime, ci sono da 10 a 12 milioni di Rom che vivono nell’Unione Europea con la massima concentrazione in Romania — circa 2 milioni stando a stime non ufficiali. Ci sono anche gruppi di Rom piuttosto numerosi nell’ex-URSS, in particolare nella Federazione Russa, in Ucraina, Bjelorussia, e così pure in Turchia. Originari dell’India, i Rom si sono diffusi per l’Europa probabilmente fra il nono e il quattordicesimo secolo. Perché se ne siano andati dall’India del Nord non è chiaro. Parevano essere stati da sempre una popolazione nomade che campa d’artigianato e fornendo intrattenimento di musica e danza alle popolazioni stanziali. E’ solo di recente che alcuni intellettuali Rom si sono interessati alle proprie ascendenze indiane e hanno stabilito contatti con gruppi viventi tuttora in India e che possono avere avuto antenati comuni.

I Rom sono stati chiamati con una varietà di nomi e solo negli ultimi anni hanno cominciato a usare “Rom” come termine comune allo scopo di ottenere qualche attenzione politica alle proprie condizioni. L’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), che ha creato un piccolo programma nel 1994 usa i termini “Roma e Sinti”. Nell’ex-Jugoslavia sono spesso chiamati “egiziani” per via di un mito secondo cui proverrebbero dall’Egitto anziché dall’India. Utili studi etnografici sui Rom sono pubblicati dal Project on Ethnic Relations, Princeton.(1)

I Rom hanno di fronte un’ampia gamma di problemi sovente interconnessi: cittadinanza, partecipazione politica, violenza con motivazioni razziali, povertà, disoccupazione, e un’immagine che agita paure ancestrali degli zingari. Bisogna che i governi e le ONG Rom lavorino insieme per fornire condizioni di vita decenti su basi non-discriminatorie e di diritti fondamentali.

Una delle principali difficoltà è che gli stati con grosse concentrazioni di Rom come la Romania e la Bulgaria hanno risorse finanziarie limitate, e i Rom hanno poca influenza politica per ottenere quel che gli spetta.

Nell’Europa Occidentale i Rom sono la “punta dell’iceberg” di facile identificazione delle maggiori tematiche dell’immigrazione e dell’integrazione in quanto la globalizzazione ha reso sempre più permeabili le barriere che separano i vari paesi.

Come ha scritto Hannah Arendt , “L’individuo che ha perso il proprio posto nella comunità politica rischia di cadere fuori dai confini dell’umanità.” L’affrontamento fra nomadi e sedentari è antico, sempre presente in diverse forme e in diversi luoghi. Occorrono compassione e immaginazione politica. La gestione delle migrazioni in un ambiente globale in mutamento è un tema cruciale. Gli accampamenti zingari sono una prova della capacità di una società di mediare fra la natura universale dei diritti umani e la protezione dei tratti culturali peculiari di un popolo.


Nota

(1) Si veda il suo sito web www.per-usa.org e la sezione PER e i Roma.


TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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