Turi a Vicenza – La canzone di Michea
“Siederanno ognuno tranquillo sotto la vite
e sotto il fico
e più nessuno li spaventerà”Michea 4,4
Dichiarazione lasciata ai piedi delle piantine Turi a Vicenza, nella base Dal Molin il 7 maggio 2010
Oggi Turi, membro del movimento Aratri, o Ploughshares, cercherà di entrare nella base con un fico e una vite per realizzare la profezia di Michea che riprende quella di Isaia «forgeranno le loro spade in aratri e le lance in falci».
Entra senza violenza sollevando e smagliando la rete della base, simbolo di tutti i muri di divisione. Dove arriva l’esercito cessa il governo del popolo e inizia la dittatura militare. Porta con sé una fotocopia della carta d’identità scaduta a dicembre per fare sorte comune con tutti gli sprovvisti di documenti considerati criminali e come tali rinchiusi per mesi o anni nei carceri della “fortezza Europa”.
La nonviolenza attiva che in questo momento sta mettendo in atto, sull’esempio di Gandhi, Martin Luther King, Thoreau, Tolstoj, per non parlare di Gesù e di Socrate, è l’unica arma che porta con sé ma «la più potente per sopprimere la miseria e l’ingiustizia» (Vinoba Bhave, discepolo di Gandhi), l’unica a fare la vera rivoluzione, del cuore e della società. Torniamo a coltivare la Madre Terra, non a violentarla.
«Ogni dollaro per le armi è rubato al povero»
Eisenhower, presidente degli USA
Shanti, pace, forza e gioia!
La canzone di Michea
(azione del 7/5/2010 a Vicenza)
Ora il Bacchiglione scorre calmo e placido al passaggio
Mentre la corrente mi travolge il sette maggio
Tre volte l’attraversai col cuore in pena
Cercando il fico e la vite e la corda per l’altalena
L’acacia forò il sacco dei miei panni
Per poco andavo a fondo subissato dagli affanni
E tutto all’improvviso sembrava congiurare
Le porte dell’inferno la pace a scongiurare
E più di un morto in sogno era risuscitato
Per salvare il mio bambino che temevano annegato.
Il tribunale aveva condannato già al mattino
A 300 euro il seminator di San Martino
Non sono solo io imputato, vostri onori,
Tutto il movimento incriminato attende fuori
Il costruttore della base è il vero criminale,
cioè lo stato
noi difendiamo il diritto naturale che possediamo
innato
sorella Madre Terra ama la tranquillità
173° brigata aviotrasportata, l’America è un po’ più in là.
E così meditando un po’ soprappensiero
Le gambe tremolanti, il cuor ancor tenace
Ritrovo il buco nella rete, il mio sentiero
Mi appare Gandhi il talismano della pace.
Quatto quatto, strisciando come un verme
Lesto come un gatto, mi ritrovo nella zona
Militare disarmista inerme
Svelto pianto il fico e poi la vite
Ognuno siederà senza paura all’ombra
Di guerre la marea finalmente sgombra
Come profetizzò Michea, mai più guerre
Infinite.
Un’archeologa col bimbo vestito di giallo
Mi fotografa che appendo i disegni di Romeo
Al parapetto
La festa è iniziata, si accomodi signora,
Lascio un invito, un bel biglietto
Tiro fuori il flauto, perplesso e quindi aspetto
Che arrivi, dopo mezz’ora dal mio ingresso, il maresciallo
La voce sofferente dell’acacia m’invita
A contemplar dall’alto l’anfiteatro romano all’aperto
Un salto, m’arrampico d’un fiato, con audacia
Sulla cima fiorita e al sicuro appollaiato
Ahi dolorosa spina, dò inizio al mio concerto.
Il sole m’asciuga i panni addosso e il venticello
Mi dondola meglio d’altalena
(la corda lasciata nella piena);
Di sbirri e di gendarmi si forma un bel drappello
Tutti col muso in su a rimirar il grande uccello
In fondo all’anima un po’ mi fanno pena
Anche la Digos, mettendosi in vista
M’implora d’atterrar sulla pista
Ma niente compromessi con il miltare
Siamo in volo e “bisogna volare”…
Dopo un’ora, trafelati, arrivano i pompieri
Il telone disteso là in basso
Mi offrono una carota senza ch’io abbocchi,
Ma poi i carabinieri mi mettono in ginocchi
Che quasi mi fracasso.
La solita trafila da Erode, Anna, Caifa e da Pilato
A notte all’albergo mi portano in catene
E a riveder a quadretti le mie idee
A mezzogiorno, incredulo, finite le mie pene
Riconoscendomi per strada un amico mi ha donato
Un passaggio al presidio, un kilo di arance e due orchidee.
I giornali, imbeccati, ignoran le piantine e dicon il falso
Tu continua speranza a seminar tra la gente
Dei frutti non ti curare, se almeno è valso
A smascherar l’idolo falso-onnipotente.
Al presidio m’aspetta la verdura
Dell’orticello, tra alberi da frutta
Coraggio, mettiamocela tutta!
La resistenza, sicura, si prevede “sarà dura”
La base USA m’inquina
La mia corrente non s’inchina
Alla pax romana dell’impero,
Gonfio di sangue porpora
Udite, udite, il Bacchiglione mormora:
“Non passa lo straniero”.
Colonnello (della caserma Ederle), (dalla faccia) di ghiaccio
Che sorseggi in pace il tuo caffè
Lascia la divisa al pagliaccio
Ascolta me, pianta la carabina nel fieno
Forse crescerà un ulivo
Tu soldato mercenario cattivo
Terrorizzi ogni vita che nasce
Lo spaventapasseri almeno
Protegge la vita ancora in fasce.
Ora il Baccagliane scorre calmo e placido al passaggio
Mentre la corrente mi travolge il sette maggio
Tre volte attraversai il fiume in piena
E piantai nel Dal Molin la vite e il fico
L’acacia mi cullò
E sui cannoni (a Vicenza), attaccheremo l’altalena.
Turi
Torino, 30 luglio 2010
Per il Centro Sereno Regis
Per chi ancora non lo conoscesse, Salvatore Vaccaro, detto Turi, ex operaio FIAT, impegnato da anni nel movimento Ploughsares, fondato negli USA dai fratelli Berrigan, compie azioni dirette nonviolente contro le basi militari, accumulando denunce, arresti e incarcerazioni.
Grazie Turi.
Alla prossima
Giovanni da Vicenza