Cade un paravento politico? Verrà attuata la DCNANV dettata dalla legge ben 12 anni fa?

Antonino Drago

La Dcnanv passerà alla operatività? Verrà superata nei fatti l’interpretazione pretestuosa del SC come sola solidarietà su argomenti sociali non conflittuali?

La novità

A Pisa a metà giugno la prof.ssa Martina Pignatti Morano è intervenuta, alla presenza del sen. Giovanardi, sottosegretario con delega al tema, in un convegno, a inviti, sul SC organizzato dal Centro Interuniversitario di Studi sul Servizio Civile (CISSC) e promosso dal S. Anna, dall’Università di Pisa e dal Centro Interdipartimentale di Scienze per la pace (CISP) di cui è presidente il prof. Consorti dell’Università di Pisa e anche da cinque anni Presidente del Comitato Dcnanv.

Come al solito, il convegno si è tenuto al’Istituto S. Anna, che coopera con il Centro Militare Studi Strategici (Ce.Mi.SS) per il suo prestigioso corso sul Peacekeeping. Non è dato sapere perché questo convegno, come altri tre precedenti sullo stesso tema, non siano avvenuti nell’Università di Pisa, dove esiste lo specifico corso di Laurea di Scienze per la Pace, generato dal CISP; forse perché in tal caso essi non potevano essere programmati a inviti?

La prof.ssa Pignatti Morano, tra l’altro, ha rinnovato la richiesta di un bando speciale per il SC all’estero finalizzato a una sperimentazione collettiva e pubblica della Dcnanv. Si tratta di una maniera per concretare la conquista giuridica più avanzata del mondo; l’istituzione di una difesa statale nonviolenta. Questa, secondo le numerose sentenze della Corte Costituzionale (ad es. la 228 del 2004) è prevista dalla nostra Costituzione e le leggi 230/1998 e 64/2001 sono le prime risposte di un Paese al mondo alla Agenda per la Pace dell’ONU 1992, che ha istituito corpi civili di peacekeepng a peacebuiding, dove i civili hanno la stessa importanza dei militari (e con la parità tra uomini e donne; Ris. 1235 del Cons. Sicurezza).

Il sen. Giovanardi e l’on. Borea si sono mostrati sorpresi della richiesta.

Nella riunione successiva del Comitato Dcnanv, l’on. Borea, capo dell’Ufficio Nazionale per il servizio civile, ha comunicato la decisione di avviare la sperimentazione dei Corpi civili di pace. “Esistono i fondi per cominciare – ha detto Borea – ed è intenzione del Sottosegretario Giovanardi avviare al più presto una sperimentazione attesa da anni”. Il prof. Pierluigi Consorti dell’Università di Pisa, Presidente del Comitato, ha espresso la sua soddisfazione: “Finalmente arriva il primo risultato concreto atteso da tanti anni”.

Un po’ di storia della proposta

Il Comitato consultivo sul tema è nato per decreto del Cons. dei Ministri nel febbraio 2004 per attuare le suddette leggi. Ma dopo alcuni mesi una divisione interna portò alle dimissioni del presidente e di altri membri. Il centro dello scontro interno fu proprio il progetto dell’invio di SC.isti nei Balcani, per compiere una esperienza collettiva monitorata dal prof. L’Abate, allora docente di Metodologia delle scienze sociali all’Università di Firenze. L’iniziativa fu decisa nel luglio 2004, assieme ad altre cinque iniziative urgenti, su proposta del presidente di allora, Drago. Il quale nell’ottobre successivo si presentò alla riunione del Comitato con la avvenuta approvazione da parte del Direttore dell’Ufficio. Ma il dott. Paolo Bandiera (funzionario dell’Aism di Genova entrato per concorso su temi giuridici-amministrativi; sempre rinominato nel Comitato) contestò l’avvenuta verbalizzazione formale della decisione di luglio; alla reazione di sorpresa del Presidente, il vice Presidente Consorti minacciò le dimissioni, che poi diede.

A dicembre, rientrate le dimissioni, la maggioranza volle rinunciare al bilancio dei 400.mila euro in scadenza a fine anno per rinviare a gennaio la presentazione, al Direttore dell’Ufficio Nazionale del SC, di una serie di più di 30 proposte (in gran parte suggerite dal Presidente). Ma un’altra obiezione (mancato invio di una lettera formale al posto di un colloquio col Direttore) ha manifestato la volontà di bloccare le iniziative, con le dimissioni suddette. Dopo, è stato eletto il nuovo presidente, Consorti, e lanciato un comunicato stampa annunciante un prossimo bando speciale per lo scopo suddetto, mai effettuato. Piuttosto in maggio il Comitato ha organizzato a Roma un convegno nazionale a inviti con la presenza di Giovanardi, per sancire l’interpretazione giuridica del nuovo presidente: il SC è solo solidarietà sociale, cioè senza attinenza con i conflitti e la difesa dei confini (interpretazione già espressa nettamente nel libro Difesa della Patria senza armi, Plus, Pisa, 2003, 41-72).

Nella primavera 2008, la seconda nomina del Comitato e il precedente presidente hanno portato a un nuovo comunicato nello stesso senso e alla elaborazione (per la seconda volta ) di un documento di un gruppo (“contributo di sistema”) che elencava tutte le potenzialità di una Dcnanv. Ma, ancora una volta, niente.

Quale motivazione al cambiamento?

Ora, alla terza istituzione del Comitato e alla conferma degli stessi Presidente e vice Presidente, dopo mesi dall’insediamento del Comitato, che cosa è avvenuto che ha cambiato la situazione?

  1. La conversione di Giovanardi e di Borea alla necessità della difesa alternativa. Occorre dire “conversione” perché Giovanardi nel suddetto convegno del maggio 2005 si espresse molto chiaramente contro ogni ipotesi di difesa alternativa; né poi ha mai dichiarato che il SC doveva coinvolgersi nella difesa nazionale. Evidentemente per lui il Comitato Dcnanv in questi sei anni non aveva alcun senso operativo: doveva essere la solita commissione che lo Stato istituisce per affogare un problema scottante, mediante l’attesa eterna di conclusioni comuni; o era solo un paravento formale di fronte alla pressione politica degli 800.000 obiettori che in Italia per trent’anni avevano chiesto una difesa alternativa. Comunque, se anche la sua fosse una conversione, essa è imprevedibile nel suo passaggio alla operatività.
  2. La pressione del Comitato Dcnanv. Questa spiegazione appare strana, perché la terza istituzione del Comitato (gennaio scorso) aveva escluso tutti i nonviolenti noti (vedi protesta su Mosaico di Pace dell’aprile 2010, p. 16-17; vedi anche la lettera di denuncia sul numero di giugno sullo snaturamento del SC e l’annullamento della Dcnanv). Nel marzo il Comitato ha sì rinnovato la richiesta di un bando speciale, ma il suo Presidente, alla dichiarazione suddetta dell’on. Borea, esprime solo la fine di una “attesa” (di chi? della base o del Comitato?); né lui né Borea accennano a una richiesta del Comitato; Borea presenta il bando speciale come una decisione di “là dove si puote quel che si vuole”; la sua motivazione (ora sono disponibili i finanziamenti), è in contrasto con il fatto che ora il SC è in grandi ristrettezze e l’intervento all’estero è una specie di lusso: ogni SC.ista costa il doppio di un SC.ista in Italia. Comunque, anche in questo caso c’è da chiedere: presa la decisione dall’alto, chi poi la gestirà? Forse il Comitato che non ha più nonviolenti? La prima sperimentazione nel mondo di una difesa statale nonviolenta verrebbe affidata a un gruppo di brave persone (nel migliore dei casi)?
  3. La pressione delle Regioni, che sono in conflitto con lo Stato su molti temi, in particolare vogliono ottenere loro la delega del SC attuale, quello che attua una semplice solidarietà, non quella difesa nazionale che compete solo allo Stato centrale (dietro un loro ricorso la Corte Costituzionale emanò la sentenza 228/2004, che stabiliva ancora una volta la parità tra difesa armata e non armata, la quale è il SC). Forse la loro pressione si è fatta insostenibile per Giovanardi? Per correre ai ripari, cioè sventare lo scorporo del SC dalle competenze statali, Giovanardi vorrebbe finalmente attuare un minimo di Dcnanv, in modo da rivendicare la sua effettiva competenza su tutto il SC?

Un bilancio: il SC è una istituzione pubblica per legge o è volontariato à la carte per gli Enti?

Il punto cruciale è una legge che da dodici anni non viene applicata dallo stesso Stato che l’ha approvata (prima la 230/98 e poi la 64/01).

Come è potuto avvenire ciò? Tutto è stato ridotto a una privatizzazione. Invece di attuare il dettato di legge della difesa alternativa attraverso il SC, lo Stato ha affidato il SC a Enti non statali, lasciandosi solo un compito di controllo lontano. Invece di comunque dare agli Enti di SC delle finalità pubbliche, lo Stato ha concesso gratuitamente il lavoro di SC.isti ai vari desideri privati dei progetti degli Enti, cioè ha rimesso le finalità del SC agli Enti stessi, sapendo bene che nessun Ente privato può oggi farsi carico della finalità pubblica della difesa nazionale (ma al massimo di qualche iniziativa esemplare). G. Bastianini (responsabile SC. per la Protezione Civile) ha definito questo SC à la carte per gli Enti di SC. Anche la costituzione del Comitato Dcnanv è stata attuata dopo consultazioni private con alcuni enti. Inoltre oggi per il bando speciale si programmano riunioni private di alcuni interessati.

E’ ovvio che questa politica 1) ha mancato ai doveri pubblici dello Stato nell’attuare direttamente quella difesa che è prevista dalla legge; 2) ha volutamente ignorato la richiesta politica degli 800.000 obiettori di coscienza del passato; 3) ha sollecitato e lasciato ampio spazio agli interessi privati degli Enti; 4) ha posto questi Enti in competizione tra loro, perché le risorse per la assistenza e per il terzo settore sono sempre scarse; 5) ha regolato i rapporti con gli organismi nonviolenti e per la pace sollecitando dei semplici suggerimenti da alcuni, scelti dall’alto; 6) col paravento della buona volontà giovanile, ha regolamentato il SC con una forma di contratto tra Stato e giovani che è ancora più anomala dei Co.Co.Pro., dando così un pessimo esempio ai privati che fanno contratti e un pessimo insegnamento ai giovani del SC; una finalità pubblica del SC (ad es. la difesa) invece richiede un contratto pubblico regolare (chiaramente la scelta della solidarietà sociale ha permesso di spalmare le risorse su molte Enti, che così sono diventati corresponsabili dell’abbandono della difesa alternativa, che avrebbe dovuto concentrare le risorse su meno SC.isti).

Debolezza dei movimenti nonviolenti e per la pace

In questi sei anni questi movimenti non hanno saputo dare una chiara risposta collettiva a tutta la vicenda del SC e del Comitato Dcnanv. Anche la loro stampa (escluso in parte Mosaico di Pace) non ha denunciato le gravi deviazioni del SC e non ha seguito le vicende del Comitato. Dopo il periodo della politica sacrificale dell’obiezione di coscienza, si sono manifestate tendenze al leaderismo e alla ricerca soprattutto di posizioni politiche personali. Anzi nel frattempo hanno prevalso le proposte politiche “minimaliste”, di comunque riuscire a ricevere (dagli altri) qualcosa di utile, senza guardare al prezzo politico da pagare.

In più la capacità di collaborazione tra questi movimenti oggi è oscura. Il recente finanziamento Min. AA.EE. Info-eas poteva avere una grande importanza politica. Ma si è accettato che il Ministero AA.EE. chiamasse questi movimenti “volontariato” proprio nel volantino di pubblicità dell’Info-Eas, quasi che essi siano ridotti a enti privati molto deboli nelle loro finalità politiche, di scarsa rilevanza pubblica; poi la formazione è stata inspiegabilmente rivolta quasi tutta ai liceali, inadatti all’invio immediato all’estero; e infine la sua gestione amministrativa ha lasciato contenziosi irrisolti.

Quale politica di attuazione?

Se la novità ha avuto le motivazioni suddette in Giovanardi e ancor più se egli ha il secondo fine di solamente trovare un motivo qualsiasi per stoppare le Regioni, allora le prospettive della Dcnanv e anche della sperimentazione all’estero sono poco favorevoli ai deboli movimenti nonviolenti e per la pace.

Nella situazione giuridica attuale, l’organo che ufficialmente dovrebbe dare le indicazioni per l’intervento all’estero è il Comitato Dcnanv; che sappiamo avere escluso i nonviolenti. Se anche aprisse un tavolo di trattative con i nonviolenti, di fatto proporrebbe tre cime da scalare: l’accordo nel tavolo delle trattative, l’accordo nel Comitato consultivo Dcnanv (una cima quasi inaccessibile ai nonviolenti) e poi l’accettazione da parte del Direttore dell’UNSC e di Giovanardi; di fatto, decide solo Giovanardi, irraggiungibile.

Il quale oggi non potrà creare un controaltare alla politica delle FF.AA. che, agendo da super-partito, monopolizzano, contro la legge, il concetto di difesa come difesa armata; anzi stanno facendo passare (al Parlamento!) la legge-balilla.

Ciò sembra indicato dalla somma messa a disposizione: meno di 50.000 euro; poco più del costo di un SC.sta all’estero per un anno; facendo salti mortali si può pensare di coprire quattro-cinque SC.sti all’estero: quindi una sperimentazione non collettiva, né monitorata dall’Università, ma puramente testimoniale.

Infatti è facile subordinare questo intervento ai militari; da dieci anni la Nato ha fatto istituire la cellula CIMIC per gestire i rapporti militari-civili e ogni esercito ora è fiancheggiato da una folto gruppo di civili (a parte le spie e simili, i tecnici della “ricostruzione”). Inoltre le leggine degli anni ’90 (guadagnate dagli odc della Operazione Colomba) sull’intervento di SC.isti in Jugoslavia hanno insegnato che l’invio è permesso solo in zone controllate dalle FF.AA. italiane.

Tutto il problema sarà allora il grado di autonomia con cui i SC.isti (dai 18 ai 28 anni|) potranno operare nel territorio occupato. Ricordiamo che per la guerra in Afghanistan sono state create ONG apposite per fiancheggiare i militari, mentre le tradizionali ONG si sono rifiutate di seguire l’esercito. Infatti la incompatibilità tra militari e nonviolenti non è solo nell’uso delle armi, ma anche e soprattutto sulla gestione del loro intervento, se autonomo o subordinato alla logica bellica. Ma è chiaro che l’UNSC, essendo in posizione di forza totale, proporrà l’iniziativa del bando ai movimenti nonviolenti con un: “O prendere o lasciare”. Una proposta del genere spaccherebbe sicuramente il fronte dei nonviolenti, per la presenza dei “minimalisti”. Questo fatto assicurerebbe all’UNSC il suo obiettivo di porre la sperimentazione a suo gradimento.

Inoltre già si stanno muovendo per progetti per il bando speciale degli Enti di SC che mai prima avevano inviato SC.isti all’estero. Ricordiamo infine che buon ultimo sarà l’approvazione dei progetti, cioè Giovanardi, a scegliere tra i vari Enti quello che più si confà alla sua politica.

Due proposte alternative

Per cambiare questa prospettiva occorre ribadire che siamo in uno Stato Costituzionale, il quale è obbligato ad attuare le sue stesse leggi e a realizzarle, in tutti i casi, secondo fini pubblici. Quindi anche il SC deve tornare a essere realizzato per una finalità pubblica (quella della difesa alternativa, come dice la Corte Costituzionale).

E d’altra parte anche la nostra politica nei confronti dello Stato, su un tema così delicato come l’inizio di una prima difesa alternativa nel mondo, deve essere pubblica.

In questo quadro ci sono due obiettivi politici pubblici che possono evitare l’asservimento della Dcnanv a politiche privatistiche e addirittura sfiguranti:

  1. Proporre che gli invii di SC.isti all’estero avvengano non al solito modo, cioè su progetti delle ONG private, quasi che solo sparuti gruppi minoritari facciano attenzione alla Dcnanv; ma sotto l’ONU venendo incontro al capitolo della Carta dell’ONU che chiede agli Stati di devolvergli parte delle sue forze difensive. In proposito si possono intavolare trattative con l’ufficio PK dell’ONU a New York. In maniera più semplice, basta offrire la somma destinata a questo scopo all’Ufficio italiano ONU, che può bandire altrettanti posti di UN Volunteer grado Junior minimo, posti che costano altrettanto di un SC.sta all’estero. Questo è un nostro sacrificio ma a fin di bene politico; i movimenti nonviolenti non avrebbero un coinvolgimento diretto (né un finanziamento), ma sulla distanza questa maniera sarebbe la migliore per costruire la Dcnanv in termini politici e giuridici internazionali al massimo grado; infatti questo tipo di iniziativa è ripetibile da ogni altro Stato; e all’interno del nostro Paese avrebbe la massima autorevolezza, senza dover dimostrare nulla a nessuno.
  2. A livello nazionale, superare l’esperienza avuta con il Ministero AA.EE. che ci ha qualificato come “volontariato” senza valore politico: creare una rappresentanza pubblica, da porre come controparte agli organismi pubblici. Per ogni discussione con lo Stato, indicare un gruppo preciso di persone (Garanti) dal quale lo Stato non deve prescindere per attribuire la parola nonviolenta a una sua qualsiasi iniziativa. I nomi più autorevoli in questo senso sono: Altieri, Bettazzi, Drago, Fabbrini, L’Abate, Nervo, Pinna, Salio, Venditti (è chiaro che molti altri potrebbero essere aggiunti, sia italiani che non; ma l’importante è indicarne il nucleo).
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