Veterani delle guerre in corso: alcune prospettive

Johan Galtung

Amsterdam: TRANSCEND sta esplorando come reagiscono alle proprie esperienze i veterani delle guerre in corso. Seguono alcune ipotesi di prospettive teoriche per tale progetto di comparazione.

Come qualunque istituzione sociale, anche le guerre cambiano, dalla guerra tradizionale, condotta persino con regole cavalleresche, passando per la guerra moderna senza “esclusione di colpi”, a quella post-moderna dove i civili non sono solo bersagli, “collaterali”, ma principali. La seconda guerra mondiale fu interfaccia fra la guerra moderna e quella post-moderna. Dopo di che, le vittime civili hanno dominato le guerre di Corea, del Vietnam, al terrorismo, dell’Afghanistan, dell’Iraq, ecc. E i veterani?

Dipende dalla guerra. C’è quella che gli americani chiamano la buona guerra – vittoriosa, per buone cause, con gloria collettiva e individuale, eroi decorati, addirittura disordine-esuberanza post-gloria (DEPG): bello, rifacciamolo! E sull’altro versante la cattiva guerrapersa, o comunque non trionfante, con disordini da stress post-traumatici (DSPT) collettivi e individuali, con un mai più guerra, o un sentimento di rivalsa, facciamo soffrire anche loro.

Il DEPG è un disastro per gli stati, le nazioni, le classi; Il DSPT lo è per gli individui, quelli che hanno sofferto di più, spesso di ceto basso, soldati o civili, da una parte o entrambe. Perdere una guerra importante è brutto, vincere una guerra insignificante è pure brutto, perdere una guerra insignificante è catastrofico.

Ed è appunto quanto incombe sull’Occidente in generale in questi anni, e in particolare sugli USA. L’Occidente protegge imperialismi residui, e gli USA un impero morente ma ancora attivo, contro forze – denominate “comuniste”, “terroriste” dall’Occidente-USA- che hanno un considerevole sostegno mondiale. L’Occidente-USA manda truppe, usando anche quelle NATO offensivamente, “fuori area”, istruendole in sessioni propagandistiche strettamente protette, rendendo ancor più doloroso il loro shock con la realtà.

E queste non sono buone guerre, nel senso di belle-nette, di contrapposizione del Bene al Male. Gli obiettivi dell’ Occidente-USA, oltre la repressione dell’”insurrezione”, sembrano comprendere la vendetta, la pura paranoia, chiari interessi economici, l’ottenere basi per guerre future, magari anch’esse lungi dall’essere “buone”. Gli obiettivi del nemico, definito dall’Occidente-USA come Male, sono spesso compresi molto malamente se non del tutto ignorati.

Queste non sono guerre vincibili. Come sperimentarono gli inglesi il 19 aprile 1775, attaccati da un nemico americano invisibile che combatteva “come i selvaggi” sulla strada Boston-Concord: i selvaggi hanno tendenza a vincere, anche se gli ci vuole tempo. La “guerra asimmetrica” è a loro favore, lottando per valori sacri, la libertà, i diritti umani, disposti a sacrificarsi, con prospettive temporali illimitate.

Una guerra né buona né vincibile è una doppia frustrazione. Fosse stata “cattiva” ma vincibile, potrebbe aver prevalso l’idea “finiamo il lavoro e basta”. Fosse stata buona ma non vincibile, avrebbe forse prevalso l’idea di “proseguire ancora e ancora, sino alla vittoria finale” (dopo una Pearl Harbor o due). Ma balorda e invincibile, immoralità + stupidità = frustrazione +++.

Una situazione grave, con implicazioni al livello personale micro, sociale meso, e mondiale macro-mega.

Qualche micro-implicazione da DSPT: profondi traumi somatici, disordini mentali, suicidi (più che l’uccisione di nemici?), incapacità di riprendere ruoli famigliari e lavorativi, violenza profonda. Hanno ucciso e visto uccidere compagni. La guerra è così, una ragione semplice per DSPT. Ma ragioni più profonde per non saper gestire né la guerra né la vita civile sono che la guerra è una guerra sbagliata. Ma, essi sono contro la guerra in generale, o solo contro le guerre perse?

Quindi, alti tassi di diserzione, resistenza alla guerra, rimorso, bisogni di riconciliarsi. Non solo incapacità di far fronte, di praticare “l’essere addestrati a uccidere, ripetutamente”, ma profonda demoralizzazione.

Certificando “disordini pre-esistenti di personalitàin veterani “con problemi”, l’esercito USA si risparmia spese e corti marziali, costringendo i veterani e le loro famiglie a pagare i costi delle guerre sbagliate e della cattiva condotta della guerra, ad bellum e in bello.

Ed è escluso l’eroismo come creazione di senso. L’eroismo sta nell’interfaccia fra un rischio corso per se stessi e un danno arrecato all’Altro, qualcosa come:

Eroismo = Rischio per Sé x Danno per l’Altro.

Niente danno niente eroismo, ma piuttosto stupidità; niente rischio – uccidere con droni da un computer in ufficio o da oltre 13.000 metri di quota – significa anch’esso niente eroismo.

La guerra moderna alla Clausewitz ha creato i propri anticorpi. Terrorismo-guerriglia, combattendo verso l’alto contro lo stato qualora non siano disponibili i mezzi per la guerra “simmetrica”, da stato a stato, può generare rabbia e vendetta del terrorismo di stato ma non una “buona guerra”; e tanto meno l’attaccare una resistenza nonviolenta o l’azione diretta.

Una guerra basata sulle menzogne propagandistiche del giornalismo embedded contribuisce ancor più alla sensazione di essere stati ingannati. I soldati sono osservatori di prima linea, anche dei propri atti, sia commessi sia omessi. Può prevalere la sensazione di aver subito menzogne, di essere stati ingannati dai media manipolati e manipolanti.

Svilire socialmente o intellettualmente i soldati incanala la frustrazione nella aggressione contro di sé, la famiglia, il posto di lavoro, anziché in azione politica per cambiere la condotta governativa, rendendo la società meno democratica proprio lì dove ce n’è più bisogno.

Le conclusioni USA sulla guerra del VietNam furono controproducenti. Cancellare la leva obbligatoria, comprarsi un esercito di volontari con incentivi (carte verdi [di soggiorno incondizionato per residenti non (ancora) naturalizzati, ndt], istruzione universitaria, “impiego” durante la crisi) ha stimolato i soldati e la loro violenza. Il giornalismo embedded (incorporato nelle truppe, ndt) ha creato la sensazione di venire manipolati. E anche lo “shock and awe” (colpisci e terrorizza), non un incremento graduale, come se la direzione sbagliata si possa compensare guidando più veloci, non ha funzionato. Le guerre cattive restano cattive.

Gli USA e i membri ISAF (International Security Assistance Force, Forza Internazionale d’Assistenza alla Sicurezza), la coalizione dei sempre meno volonterosi, patiranno queste sofferenze per decenni, addirittura per generazioni. Quanto prima si pone fine a questa profonda irrazionalità risolvendo i conflitti, tanto meglio per tutte le parti coinvolte.


05.07.10 – TMS
Titolo originale: Veterans of Current Wars: Some Perspectives

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Sereno Regis


 

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