Le posizioni degli Stati alla conferenza del TNP: la prima settimana – Leo Hoffmann-Axthelm

Siamo già arrivati alla metà dei lavori della Review Conference del Trattato di Non-Proliferazione nucleare (TNP). Nella prima settimana, tutte le delegazioni ufficiali hanno comunicato all’Assemblea Generale le posizioni delle loro capitali. Molti stati si sono pronunciati a favore di una convenzione sulle armi nucleari, che avrebbe il vantaggio di poter coinvolgere anche gli stati che non sono nel TNP, e cioè Israele, Pakistan, India e Corea del Nord, e di fissare con precisione, e possibilmente con un termine temporale determinato, i passi da effettuare sulla buona via, quella del disarmo. Anche l’Italia si è pronunciata per il disarmo, come quasi tutte le nazioni.

Il disaccordo comincia con i pro e i contro alla convenzione. Mentre Stati non-occidentali sono a favore, come lo sono l’Austria e la Svizzera (che vuole dimostrare che le armi nucleari non possono esser sostenute da un punto di vista della legge pubblica internazionale, essendo esse di per sé comunque un crimine di guerra, nonché un crimine contro l’umanità). La principale differenza fra le posizioni dei vari Stati è piuttosto la questione su quale fra gli articoli del TNP mettono l’accento: la maggior parte ha lamentato pochi progressi nel disarmo (articolo VI), seppur il nuovo accordo fra la Russia e gli Stati Uniti, New START (Strategic Arms Reduction Treaty, successore allo START I, mentre lo START II non era mai stato ratificato) è stato accolto positivamente.

Con la seconda settimana hanno iniziato il loro lavoro anche i tre comitati principali, i colloqui hanno riguardato principalmente le questioni di non proliferazione e uso pacifico dell’energia nucleare. La discussione si è concentrata sulle salvaguardie dell’AIEA e il rispetto degli obblighi di non proliferazione. Molti stati occidentali hanno sostenuto che il protocollo aggiuntivo dovrebbe diventare il nuovo standard per il sistema di salvaguardia che gli Stati non dotati di armi nucleari hanno l’obbligo di accettare per controllare l’uso strettamente civile dei loro programmi nucleari. Gli altri Stati sono in maggior parte contrari, perché vedono in questo una restrizione del loro accesso all’energia nucleare e, prima di fare concessioni, vogliono vedere passi positivi da parte dei detentori di armi nucleari, che non hanno nemmeno presentato un termine temporale preciso entro il quale progettare eventualmente il disarmo. L’Iran ha sottolineato che, finché non ci saranno passi concreti per il rispetto dell’articolo VI (disarmo), non vi saranno ulteriori obblighi per gli Stati privi di armi nucleari.

Perlopiù sono state discusse possibili reazioni al ritiro da parte di Stati dal TNP. Secondo Giappone, UE, Canada e USA questo dovrebbe avere conseguenze, ed essere possibile solo per stati che secondo l’AIEA adempino in pieno il TNP. Soprattutto l’Egitto ha comunque segnalato che non sarebbe d’accordo con una tale interpretazione, dato che la pretesa di restrizione di sovranità proviene dagli stessi Stati che già cercano di restringere l’accesso all’energia nucleare.

Queste tensioni illustrano la preoccupazione più generale che molti Stati non dotati di armi nucleari hanno circa il TNP: che sia squilibrato e ingiusto. Molte delle sfide che attendono il TNP oggi derivano da doppi standard applicati in attuazione del trattato. Mentre garanzie di sicurezza negative (Negative Security Assurances) sarebbero un utile contributo alla prevenzione dell’ armamento nucleare da parte di nuovi Stati, la mancanza di concreti e misurabili obbiettivi di disarmo, lo scambio di tecnologia nucleare con Stati non aderenti al TNP (USA e India, anch’esso una provocazione per gli stati aderenti al TNP), il continuo affidamento alle armi nucleari per la sicurezza nazionale nelle varie dottrine militari, nonché la condivisione nucleare nel quadro della NATO e la “estesa deterrenza nucleare” creano la percezione di uno squilibrio di obblighi e di attuazione di tali obblighi: gli stati dotati di armi nucleari hanno molti meno obblighi, perlopiù fissati in un linguaggio molto impreciso, e anche questi obblighi vengono poco rispettati.

In reazione alla proposta della Francia, che ogni cooperazione nucleare con paesi che violano le salvaguardie AIEA debba essere sospesa, l’Iran ha sostenuto che il rispetto delle regole di salvaguardia sembra non calzare per coloro che non sono membri del TNP, come l’India (per l’India è stata fatta un’eccezione da parte del Nuclear Suppliers Group, NSG, che ha deciso di cooperare con l’India nell’uso civile a condizione che essa segua salvaguardie AIEA per i siti nucleari civili). La stessa critica è stata sostenuta dal presidente Ahmadinejad in vista della cooperazione nucleare fra USA e Israele. Tali doppi standard non riguardano solo la disponibilità degli Stati non dotati di armi nucleari a rafforzare impegni di non proliferazione nel contesto del TNP: l’eccezione NSG per l’India è attualmente utilizzata dal Pakistan alla Conferenza sul Disarmo (Ginevra) come argomento per impedire l’avvio delle negoziazioni su un Fissile Material Cut-off Treaty.

La proliferazione delle armi nucleari è una grave minaccia per la pace e la sicurezza internazionale e un ostacolo al nostro obiettivo comune di un mondo libero dalle armi nucleari. Tuttavia, il rafforzamento delle ispezioni non può essere l’unico metodo per prevenire tali minacce. Senza affrontare il motivo per cui gli Stati cercano di acquisire armi nucleari, non possiamo garantire che non se ne sviluppino. Continuando a fare affidamento sulle armi nucleari per la propria sicurezza nazionale, gli Stati dotati di armi nucleari sottolineano infatti in modo efficace che tali armi sono strumenti utili nella politica internazionale. E continuando a fornire tecnologie nucleari a India e Israele, hanno implicitamente sottolineato che è più vantaggioso per loro rimanere al di fuori del TNP, evitando gli obblighi che questo contiene.

Il Brasile, rappresentativo della posizione di molti, ha osservato che l’asimmetria insita è pericolosa e insostenibile sul lungo periodo. Si tratta di questioni gravi e gli Stati membri devono affrontare adeguatamente tali norme per ripristinare la fiducia nel TNP, senza la quale i suoi effetti per la sicurezza nucleare non possono essere raggiunti.

Le discussioni della seconda settimana

Nel complesso, le posizioni assunte dai vari Stati non hanno riservato sorprese. Tuttavia, il modo in cui le posizioni sono state portate avanti pare aver avuto un impatto positivo. Anche fra ONG, nei corridoi, si parla molto dell’atmosfera estremamente positiva qui alla conferenza. La maggior parte degli Stati ha richiesto, e senza badare ad alcuna procedura né a riserve diplomatiche, un processo concreto di disarmo, e che, naturalmente, questo cominci subito. Pur lodando il nuovo trattato START (di ratificazione incerta soprattutto negli USA, a causa della mancante maggioranza democratica di 2/3 nel senato; per cui sono state incluse nel Nuclear Posture Review, la dottrina nucleare americana, clausole che sono intese a facilitare ai repubblicani la ratificazione START), hanno chiarito che ció che finora è stato fatto non basta ancora. Infatti, persino i ”piccoli” poteri nucleari (Cina, Francia) hanno dichiarato che il numero di testate russe e americane si deve avvicinare al loro (200 testate ciascuno, mentre questi ultimi ne hanno più di 5000, di cui 1500 sono pronti per l’uso, ogni momento, persino secondo il nuovo accordo START). Comunque anche questi paesi, e nemmeno USA o Russia, hanno messo in questione la meta finale, quella di un mondo privo di armi nucleari.

Ma cosa ci si può aspettare, per il momento, dalla conferenza? Sicuramente i 13 passi dichiarati come la via verso un mondo privo di armi nucleari saranno confermati. Questo fatto è di grandissima importanza, poiché nella Review Conference del 2005, l’amministrazione Bush aveva invece dichiarato chiaramente che a loro parere questi documenti non avevano più alcuna importanza, ignorandoli infatti completamente. Senza una attuale conferma, quindi, non esisterebbero più. Dieci anni dopo la loro prima dichiarazione, comunque, dovranno essere rivisti; magari delineando i tempi nei cui il CTBT dovrà esser ratificato, e chiarendo, almeno per il futuro, che prima o poi una convenzione sulle armi nucleari dovrà essere adottata.

Soprattutto l’Austria si è fatta avanti come paese dell’occidente fortemente in favore di una tale convenzione (come anche Svizzera, Irlanda, Svezia, Slovenia, Nuova Zelanda, Giappone). Comunque, secondo l’Ambasciatore austriaco, l’Austria non è potente abbastanza da poter radunare molti Stati, seppure questi fossero d’accordo, dietro a un suo “Draft”, come si chiama in inglese il tipo di documento di preparazione (la bruttacopia) attualmente discusso e che dovrebbe portare a un documento finale che, se accettato e se incontra consenso, costituisce la meta, il risultato finale di ogni conferenza. Più forte il linguaggio è e piú chiari gli scopi delineati nel documento, più difficile sarà trovare un consenso, tuttavia anche i risultati da aspettarsi per il disarmo sarebbero molto più alti, come anche la pressione su tutti gli Stati ad accettare il documento come legalmente vincolante.

L’Austria si appella quindi agli Stati che condividono la medesima intenzione perché lavorino insieme a un documento non ufficialmente distribuito come “Draft” e, nel frattempo, li invita a non elaborare propri draft, con il fine di arrivare a un documento proponibile per un consenso finale.

Queste le aspettative positive; come anche la certezza, che un documento finale conterrà un appello agli USA e alla Russia di continuare il disarmo bilaterale a velocità più elevata, e sicuramente l’appello a una Convenzione sulle Armi Nucleari, anche se senza una data chiara. Inoltre vi sará un appello all’universalità (e cioè che anche Corea del Nord, Israele, India e Pakistan aderiscano al TNP, mentre un’aspettativa realistica non può che essere quella che partecipino a una Convenzione sulle Armi Nucleari). Mentre un appello a tutti gli Stati con programmi nucleari civili di accettare i protocolli addizionali del ’93 (una misura del tutto facoltativa, al fine di ispirare fiducia alla comunità internazionale) non verrà incluso, per via dell’opposizione più che aggressiva da parte dell’Iran. Quest’ultimo ha dichiarato che un tale passo potrà esser fatto solo dopo “considerevoli sviluppi” nel disarmo da parte di tutti gli Stati dotati di armi nucleari (e quindi non solamente Russia e USA), mentre nel 2000 quest’appello era ancora stato incluso e anche sostenuto dall’Iran (che sottoscrisse questi protocolli nel 2003, ma li sospese dopo che il Consiglio di Sicurezza aveva reso pubbliche le prime sanzioni contro l’Iran nel 2006). Aldilà di questo, l’occidente vorrebbe fare dei protocolli addizionali lo standard minimo per i controlli dell’AIEA, che così avrebbe accesso molto più facilmente a tutti i siti nucleari.

L’ambasciatore tedesco ha, infatti, definito una tale misura come una specie di anticipo, di cauzione, dicendo che un’assicurazione di non-proliferazione così forte, pagata dagli Stati non dotati di armi nucleari, ispirerebbe fiducia a quelli che ne hanno, cosí che questi potrebbero continuare il disarmo molto più in fretta e, perlopiù, anche gli Stati nucleari “non ufficiali” (cioè quelli non definiti come Stati nucleari dal TNP, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord) avrebbero una ragione più forte per cessare di pensare a difendersi con questo metodo estremo.

Queste armi infatti sono così estreme che appare facile condividere l’argomentazione svizzera: che ogni loro uso, in qualunque circostanza, costituirebbe in sé un gravissimo crimine contro l’umanità, mentre già l’esplosione di una cinquantina di bombe (per esempio in una guerra regionale fra Pakistan e India, che vivono un forte conflitto non risolto e causa di numerose guerre nella regione del Kashmir) solleverebbe talmente tanta cenere e polvere in strati dell’atmosfera cosí alti, dove la pioggia non potrebbe “sciacquarli” via, facendo sì che (secondo ricerche confermate in modo unanime da scienziati dell’ambiente) più del 70% dei raggi del sole sarebbero riflessi verso l’esterno, la temperatura crollerebbe, entro poche settimane, in tutto il globo, nelle regioni che ora producono notevoli riserve di cereali la pioggia diminuirebbe del 50%, nei primi tre anni non ci sarebbe un singolo giorno senza gelo, il che bloccherebbe ogni tipo di agricoltura in ogni angolo del pianeta, per cui ben pochi esseri umani e pochi animali potrebbero sopravvivere a questo inverno nucleare.

Chiunque sa che le armi nucleari sono orribili, ma in pochi, anche fra politici in posizioni tali da prendere simili decisioni, sono capaci di immaginare il tipo di catastrofe che costituirebbe un loro qualsiasi vero e proprio uso. Anche il terrorismo nucleare e la possibilità stessa di un loro lancio accidentale, costituiscono pericoli immensi; Al-Qaeda e altri hanno già tentato di comprare o rubare uranio arricchito, specialmente negli Stati dell’ex-Unione Sovietica ce n’è in quantità e in condizioni di sicurezza assai pericolose. Il film “Countdown to Zero”, che avrà la sua prima in questi giorni a Cannes ed è già stato mostrato qui alle Nazioni Unite, dimostra questi ultimi due pericoli in modo spettacolare, messo in scena dagli stessi produttori di Una Scomoda Verità.

Tutti questi pericoli possono essere eliminati esclusivamente con il disarmo completo e definitivo. Ció deve accadere prima dell’eliminazione completa e definitiva dell’umanità stessa, per opera di questi artefatti mostruosi (l’onda d’urto causata dalla bomba più potente fatta esplodere dall’Unione Sovietica era ancora misurabile al terzo passaggio attorno al globo; la detonazione in sé era quattro volte più forte di tutte le esplosioni causate in precedenza in tutta la storia dell’umanità messe insieme, e 32 volte più forte di tutte le detonazioni e pallottole sparate ed esplose durante la Seconda Guerra Mondiale messe insieme).

Il sostegno per una seria convenzione sulle armi nucleari è dunque forte, ma non è chiaro se e quando sarà possibile arrivare a un consenso. Il problema è che un mondo privo di armi nucleari deve esser raggiunto passo per passo, e l’idea migliore è quella di cominciare a fare questi passi adesso, subito, attraverso un’apposita convenzione.

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