Russia e USA riavviano il trattato START

Timothy Bancroft-Hinchey

Il trattato di riduzione degli armamenti firmato l’8 aprile u.s. fra Federazione Russa e Stati Uniti d’America è non solo un inizio ma un possibile varco per il futuro. Non è però la panacea, poiché molto dipende dall’agenda nascosta di Washington. Gli atti risuonano più forte delle parole.

Non siamo così lontani dall’estate 2008, quando corse voce che il vice di G.W.Bush, Dick Cheney, stesse spingendo per far guerra alla Russia dopo il fallito sanguinoso attacco della Georgia a cittadini russi nell’Ossezia del Sud.

Con l’elezione di Barack Obama, le cose sono progredite. O no?

Qui la questione difficile è lo scudo difensivo missilistico programmato in territori nei quali la NATO si è mossa dopo aver promesso alla Russia di non farlo. Dopo la menzogna, oltre al danno, l’insulto. Impiantare, o programmare d’impiantare scudi difensivi missilistici, vuoi in Polonia o in Cechia o in Romania o in Bulgaria mentre si negozia un trattato di riduzione degli armamenti è come stringere la mano a qualcuno con la destra nascondendo un coltello dietro la schiena con la sinistra.

Un particolare significativo in questa storia curiosa è che Washington ha insistito che lo scudo difensivo missilistico restasse escluso dal trattato sulla riduzione delle armi nucleari. Sì, tecnicamente il trattato deve ridurre gli arsenali esistenti di testate nucleari, da 2.200 a 1.550 testate ciascuno.

L’accordo limita anche il numero dei vettori (missili, aerei e sottomarini) in grado di trasportare le testate ammesse.

Due diversi approcci

Mentre l’approccio di Mosca è di firmare il trattato dichiarando che costituisce l’inizio di un’agenda per nuove relazioni con gli USA, il comportamento di Washington è stato di trattare l’accordo quasi come una frivolezza mentre insiste che i suoi programmi sugli scudi difensivi ai confini russi restano al di fuori delle norme intese a limitare lo sviluppo e lo stanziamento di tali sistemi d’arma.

Ma le cose non stanno così. Come ha sottolineato il ministro degli Esteri russo Sergjei Lavrov, qualora un aumento di armamento strategico USA influisca notevolmente sullo status quo, la Russia avrà diritto di recedere dall’accordo. E ha precisato “che l’accordo esplicita chiaramente un nesso con la difesa missilistica ed è legalmente vincolante”.

Sicché la palla è nel campo di Washington. Mentre Mosca firma un trattato di pace senza manovre bellicose laterali, gli USA insinuano con arroganza di avere il diritto di impiantare sistemi bellici ostili ai confini con la Russia, niente meno contro la Corea del Nord.

La buona volontà è la chiave

Il nocciolo della faccenda è che la buona volontà è la parola d’ordine attuale. I cittadini della Federazione Russa, proprio come quelli degli USA, vogliono badare alla propria vita, occuparsi dei figli, avere l’opportunità di svilupparsi, o no, e vivere una vita serena con la famiglia. Nessuno vuole un confronto o una guerra.

Mentre è evidente che la Russia ha i mezzi per distruggere qualunque concentrazione di truppe NATO premendo un tasto, e di incenerire in pochi secondi qualunque scudo difensivo missilistico scavando un cratere di 100 kilometri su ambo i lati, l’ordine del giorno è la pace e piani comuni per un mondo migliore. E di nuovo la palla è nel campo di Washington.

Le autorità russe hanno chiarito la propria buona volontà, sottolineando sia che entrambi i paesi hanno più cose in comune che punti di differenza, sia la propria posizione amichevole verso gli USA e i suoi cittadini, e lasciando aperta la porta a ulteriori negoziati su vari temi di comune interesse.

La conclusione è che se Washington vuole giocare a palla, giochiamo. Se vuol fare il bullo, dovrà affrontarne le conseguenze. Mosca è pronta all’uno e all’altro percorso. Come sempre.


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Pravda TMS 12.04.10

RUSSIA AND USA GIVE START A NEW START

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